lunedì 29 maggio 2017

AERODINAMICA: Breve guida pratica per interpretare i flussi


Suggestivo vero?   
L'aerodinamica è sempre stato uno degli aspetti dell'automobile che più mi ha affascinato. Approfondirlo dal punto di vista matematico, però, va molto al di là della missione di FR Tecnica e probabilmente ammazzerebbe tutto il fascino di cui sto parlando... 
 

Saper interpretare il modo in cui i flussi d'aria si snodano intorno all'auto ad alta velocità, in ogni caso, è a mio parere il metodo più intuitivo ed efficace per capire "a occhio" come funziona la sua aerodinamica.  
Per farlo è necessario avere chiari in mente 3 concetti fisici fondamentali:

1) L'equazione di Bernoulli: 
 
Delegando felicemente la trattazione matematica a Wikipedia, ciò che ci interessa sapere è che, se una certa quantità di fluido attraversa un tubo, nel momento in cui la sezione del tubo si restringe la pressione a cui si trova il fluido diminuirà e la velocità del fluido aumenterà (come ci insegna il Vale nazionale in foto 😜 ).
Viceversa se la sezione si allarga aumenterà la pressione e si ridurrà la velocità.


Ora questo tubo non deve necessariamente essere una parete fisica. Se consideriamo la foto in copertina, due o più linee di flusso formano un tubo di flusso vero e proprio (hai notato che le linee non si incrociano mai? Non possono farlo! Una linea di flusso fa quindi da "parete del tubo" alle altre).

A cosa ci porta saperlo?   Ad esempio a dire che in corrispondenza del tetto l'aria accelera creando una zona di bassa pressione (e che quindi la forza verticale agente sulla cappotta sarà minore rispetto a quella agente sul cofano anteriore per dirne una).  Il principio di Bernoulli è alla base del funzionamento dei diffusori.  

2) Il Principio di Conservazione della Quantità di Moto:  

Che altro non è che il Principio di Azione e Reazione applicato agli impatti. Anche qui non mi soffermo sulla trattazione matematica, ciò che in pratica ci dice è che se una pallina da biliardo colpisce un'altra rimbalzando verso sinistra, sull'altra agirà una forza che la spingerà verso destra.  Applicando il Principio all'aria che colpisce la nostra auto, ci dice che, se il flusso d'aria viene deviato, ad esempio, verso l'alto, in quel punto l'aria eserciterà una forza che spinge l'auto verso il basso (deportanza), viceversa se viene deviato verso il basso ci sarà una forza che tira l'auto verso l'alto (lift).

Se il primo caso è quello su cui si basa l'aerodinamica delle auto da corsa... 


... il secondo è invece, soprattutto al posteriore, il caso tipico delle auto stradali che, infatti, ad alta velocità tendono ad "alleggerirsi".



Per la cronaca, l'effetto per cui l'aria viene "tirata" verso il basso è il tanto chiacchierato Effetto Coanda e ha principalmente a che fare con l'attrito viscoso dell'aria sulla carrozzeria.  Magari approfondiremo in futuro  😉

3) I Vortici e la Scia:

Non sempre l'aria è in grado di seguire le forme dell'auto; se l'angolo formato dalla carrozzeria è minore di 62° rispetto alla verticale infatti, il flusso si stacca dalla carrozzeria e si crea una zona di "vuoto" all'interno della quale l'aria accelera ruotando su se stessa. Si formano dei vortici.



In generale i vortici formano delle "bolle" di bassa pressione in zone ad alta pressione. Una bolla di bassa pressione di dimensioni importanti si forma dietro l'auto creando, appunto, la scia. 
E' chiaro che, se la pressione dietro l'auto è minore della pressione davanti all'auto, esisterà una forza che spinge l'auto verso il retrotreno. Più grande è la scia, più grande sarà la resistenza all'avanzamento. (Drag)

In effetti è stato dimostrato che la forma del posteriore dell'auto influenza la resistenza all'avanzamento molto più dell'anteriore.


Un profilo posteriore di tipo fastback (tipo Porsche 911) è mirato proprio alla riduzione della zona di scia. Negli anni 70 andava molto di moda (basta ricordare la Mustang, la Camaro, l'Alfetta GT, la Lancia Beta, la Citroen CX e tante altre...), di recente però è stato verificato sperimentalmente che, sebbene questo profilo vada effettivamente a ridurre la scia, non impedisce del tutto la formazione di vortici nel retro della vettura. I vantaggi in termini di resistenza all'avanzamento in realtà sono minimi, in più vi sono i problemi di lift al posteriore che vedevamo prima.


Per questo e per motivi di spazio, più recentemente ha preso piede il profilo di carrozzeria di tipo hatchback. Il principio di base è l'esatto opposto: creare un distacco netto del flusso cercando di minimizzare la formazione di vortici. Ovviamente la zona di scia dietro l'auto sarà più grande, ma i flussi circostanti saranno più puliti e questo consente di ottenere quasi gli stessi risultati di una fastback in meno spazio, con un bagagliaio più grande e con meno problemi di lift. (Se osservi la prossima foto vedrai che i flussi d'aria complessivamente sono stati deviati verso l'alto)




E' chiaro che, sebbene sia una soluzione valida, il profilo hatchback non è il migliore.  Le auto più sportive, infatti, continuano ad avere un profilo fastback, risolvendo i problemi di lift con un bell'alettone!   😁 

Bene!  

Ora che hai tutti i concetti di base che ci servono per parlare di aerodinamica, possiamo iniziare a vedere come lavorano il fondo, le ali, i deviatori di flusso..    E lo faremo...  nei prossimi articoli però perchè questo è già fin troppo lungo.
 
Per oggi è tutto, ciao!  😜

mercoledì 24 maggio 2017

NON CI CREDO, MA CI CREDO: Il Quadrifoglio


Quando da piccolo guardavo le gare di Formula 1 con mio padre, vedevo piloti con il motore in fumo a pochi giri dalla fine e gridavo: "Ma che sfiga!" (o "Che culo!" a seconda di quale auto fumava bianco, lo ammetto 😁)
Mio padre mi ha sempre risposto (e lo fa tutt'ora): "Nel Motorsport non esiste la sfortuna. Dietro ad un pezzo che si rompe, un'auto che sbatte o una strategia sbagliata c'è sempre qualcuno che ha fatto male il suo lavoro; che sia un meccanico, un pilota o uno stratega."  


Ora che studio Ingegneria, non posso certo dargli torto! 

Crescendo, però, ho maturato delle strane convinzioni contraddittorie..   Una di queste riguarda sicuramente il Quadrifoglio.   



Tutti sanno che il quadrifoglio è un simbolo portafortuna, l'appassionato medio sà che il Quadrifoglio è il simbolo che contraddistingue le Alfa Romeo più sportive.  
In pochi però conoscono la storia di questo simbolo; una storia che, credimi, vale davvero la pena di essere raccontata.

E' il 1923, all'epoca non esistevano ancora competizioni automobilistiche internazionali come il Mondiale di Formula 1 e il Motorsport consisteva in una serie di gare organizzate singolarmente, tra cui spiccavano per prestigio la Targa Florio e la Mille Miglia.
Le competizioni automobilistiche sportive, per inesperienza o sfortuna, fino a quel punto erano state avare di soddisfazioni per una Squadra Corse giovane come quella Alfa Romeo che, malgrado una grande competitività, ancora non era riuscita a concretizzare il risultato in una competizione importante.
Alfa Romeo si presenta sulla griglia di partenza della Targa Florio con 4 vetture; i piloti sono Antonio Ascari, Giulio Masetti, un certo Enzo Ferrari e Ugo Sivocci.
Quest'ultimo, grande amico e scopritore di Ferrari, era un pilota di grande esperienza e competenza tecnica, ma per un motivo o per l'altro non aveva mai raggiunto grandi risultati ed era considerato un "eterno secondo". 
In quella gara Sivocci decise di dipingere un quadrifoglio inscritto in un rombo bianco sulla propria Alfa. All'epoca era un'usanza piuttosto diffusa tra i piloti, sia di aerei che di auto da corsa (non erano figure molto diverse tra loro per quanto riguardasse i rischi, si pensi alla storia di Francesco Baracca), quella di dipingere sulla calandra un simbolo portafortuna.  

Quadrifoglio o no, Sivocci vinse quella gara in circostanze davvero fortunate. A 200 metri dal traguardo la RL di Ascari si spegne, ma il suo vantaggio su Sivocci secondo era tale da permettere ai suoi meccanici di raggiungerlo, sistemare il guasto e tagliare il traguardo, con i meccanici saliti a bordo dell'auto, ancora in testa. L'aver tagliato il traguardo con i meccanici a bordo non fu però considerato valido ai fini della classifica, così Ascari dovette tornare nell'esatto punto in cui l'auto si era spenta, ripartire e tagliare nuovamente il traguardo arrivando secondo dietro a Sivocci.  


Dalla gara successiva, tutte le Alfa della Squadra Corse corsero con il Quadrifoglio sulla carrozzeria ottenendo finalmente ottimi risultati sino a quando, l'8 Settembre dello stesso anno, Sivocci perse la vita in un tragico incidente
a Monza nelle prove libere del primo Gran Premio d'Europa della storia.  In quell'occasione il pilota di Aversa partecipava alla gara con il numero 17 e, per un problema tecnico, non ci fu il tempo di verniciare il quadrifoglio sull'auto prima di farla scendere in pista.

Da allora il Quadrifoglio fu apposto su quasi tutte le Alfa da corsa inscritto però in un triangolo, a significare che la Squadra aveva perso una delle sue punte.

Così il Quadrifoglio è arrivato fino a noi.. 
Lo so', siamo in un blog di tecnica e questa è una storia di scaramanzia più che di tecnica, ma è pur sempre la Storia di uno dei marchi che ha portato la bandiera italiana a sventolare in alto nel mondo dell'automobilismo. 


Io sono uno studente di Ingegneria e da aspirante ingegnere non posso credere al potere di un portafortuna per determinare il risultato di una gara...  Quando scendo in pista però, chiamami scaramantico, ho deciso di portarlo con me.  😜





sabato 20 maggio 2017

STABILITA' e MANEGGEVOLEZZA: Scelte di carattere



Passo lungo o passo corto?  Pinna posteriore?  Differenziale autobloccante?  Barra antirollio?  Geometria dello sterzo?  Cinematica delle sospensioni?

Se tra tutte queste cose non riesci a trovare nulla in comune non preoccuparti, in effetti hanno ben poco da spartirsi!  Per poter parlare anche solo di una di queste cose però, è importantissimo chiarire un concetto che molti danno per scontato, ma pochi hanno veramente chiaro in mente cosa significhi e cosa comporti.  

Il concetto di STABILITA':

  
Sebbene tutti abbiamo una mezza idea di come riconoscere un qualcosa di stabile...


... in pochi sanno che alla base del termine stabilità c'è un concetto matematico non banale.
Senza entrare troppo nel tecnico, si definisce STABILE un sistema che, se perturbato (uno spintone al lottatore di Sumo), tende naturalmente a tornare allo stato in cui si trovava prima della perturbazione. Il sistema sarà tanto più stabile quanto più grande dovrà essere la perturbazione necessaria a far si che il sistema abbandoni il suo stato di equilibrio.
E' chiaro che INSTABILE a questo punto sarà un sistema che, se perturbato, tenderà naturalmente ad abbandonare il suo precedente stato di equilibrio. 

Tra i sistemi stabili poi è utile distinguere tra quelli che tornano al proprio stato di equilibrio oscillando (SOTTOSMORZATI) e quelli che vi ritornano con un unico movimento, senza oscillazioni. (SOVRASMORZATI)
Questo concetto lo riprenderemo quando parleremo di sottosterzo e sovrasterzo. 


Se sei su questo blog però probabilmente ti sarai già ampiamente stancato di leggere di sistemi e lottatori senza aver visto da nessuna parte la parola Automobile...   e hai ragione! 
Quindi torniamo a parlare di automobili!  😁

Quando si parla di auto lo stato di equilibrio di cui parlavamo prima si identifica con due parametri: 
- L'ANGOLO DI ASSETTO del veicolo
- La VELOCITA' DI IMBARDATA


L'angolo di assetto è l'angolo tra l'orientamento del veicolo e la direzione in cui si sta muovendo (in parole povere la differenza tra dove guardiamo e dove stiamo andando), la velocità di imbardata è invece la velocità con cui l'auto ruota su se stessa.  

Provando quindi ad applicare ciò che abbiamo detto sui sistemi stabili alle auto, possiamo immaginare la perturbazione come un colpo di sterzo dato per evitare un ostacolo e vedere come questi 2 parametri si evolvono durante la manovra e in quanto tempo e in che modo questi tornano a essere nulli.  Quello che ho appena descritto non è altro che il TEST DELL'ALCE ed è il metodo più semplice e utilizzato per valutare la stabilità (oltre che la tenuta di strada) di un'auto.
Ti invito ora ad osservare in modo critico, provando a visualizzare deriva e imbardata, i test dell'alce di due auto, riesci ad identificare quale delle due sia la più stabile? 
 
  
A questo punto all'apparenza si direbbe che più stabile sia sempre meglio..    
E per la guida su strada solitamente è così. Un'auto stabile è più facile da guidare, più prevedibile e meno nervosa, più lenta nell'imbardata.  Non sempre però questa lentezza nell'imbardata è un vantaggio: un'auto che imbarda lentamente, infatti, è fondamentalmente lenta nei cambi di direzione (facci caso, la più stabile delle due, aumentando la velocità, tende ad abbattere i coni interni alla curva, a non curvare cioè abbastanza velocemente) e, alle volte, avere un'auto più reattiva, anche se più difficile da controllare, diventa un vantaggio in termini di velocità e divertimento alla guida.  

La scelta del compromesso giusto nel comportamento dell'auto tra stabilità e maneggevolezza determina il carattere della macchina e molte volte viene guidata dall'immagine che si vuole dare al marchio.  Le BMW ad esempio storicamente sono molto reattive, Alfa Romeo invece punta da sempre sulla stabilità.  Come ho detto, scelte di carattere.

Ma come fanno, a questo punto, gli ingegneri a trasmettere a chi guida questo carattere?

Seguimi ancora se vuoi scoprirlo...  Ci vediamo al prossimo articolo!   😜

martedì 16 maggio 2017

I SEGRETI DEL BOTTONE MAGICO: Capitolo 1 - La carburazione


Da quando nel 2014 è cominciato il dominio motoristico Mercedes, sino al sorpasso di Hamilton su Vettel la scorsa domenica nel GP di Spagna 2017, il "Bottone Magico" sembra essere diventato il nuovo tormentone tecnico della Formula 1. Tutti ne hanno sentito parlare, molti ne parlano, ma non tutti sanno di cosa si tratta quando si parla di mappature.
In effetti le moderne Power Units (PU) in F1 sono sistemi estremamente complessi: motore termico, turbocompressore, 2 motori elettrici. Una grande orchestra che, per suonare insieme quel tanto criticato suono che sentiamo quando questi mostri sfrecciano a 330 km/h sul rettilineo del traguardo, ha bisogno di un bravo direttore.  La centralina elettronica (ECU). 

Una mappatura in pratica è un insieme di istruzioni che indicano alla centralina che tipo di comportamento deve avere la PU.  Quali strumenti devono suonare e come.

Come ho detto il sistema di propulsione di una moderna F1 è davvero troppo complesso per parlarne in un unico articolo.  Questo perciò sarà il primo di una serie di articoli in cui esploreremo uno per uno tutti i parametri che cambiano il comportamento della PU e tutti i componenti su cui agiscono.


Oggi parleremo di CARBURAZIONE:


Con lo spaccato di quello che da molti è stato definito il miglior motore 6 cilindri aspirato della storia dell'automobile, cominciamo a parlare del parametro che definisce il carattere di un motore termico. 
Senza entrare nel merito di come funziona un motore termico, per parlare di carburazione ci basta sapere che all'interno del cuore pulsante dell'auto ad ogni "scoppio" avviene una reazione chimica di combustione: il carburante (che in ogni caso è una combinazione di atomi di Carbonio e Idrogeno), con una scintilla o a causa dell'alta pressione, reagisce con l'aria (che principalmente è composta da Azoto e Ossigeno) per formare vapore d'acqua (Ossigeno e Idrogeno) e anidride carbonica (carbonio e ossigeno). L'azoto è inerte ed esce dallo scarico così come è entrato nel condotto di aspirazione, se non per il fatto che, ad alte temperature, tende a combinarsi con l'ossigeno formando i tanto dannosi NOx, oggi però non parliamo di inquinamento.   Se vuoi approfondire l'argomento combustione, passa su Wiki!  😉


Ciò che della combustione è importante tenere a mente per noi è che:

  1. Gli atomi in questione si combinano tra loro in quantità definite e sempre uguali (Legge di Proust).   Quindi per bruciare una certa quantità di carburante sarà necessaria una certa quantità di ossigeno. Il carburante in eccesso non brucerà.  L'aria in eccesso non brucerà carburante.
  2.  Per completare una reazione di combustione è necessario un certo tempo.  Un tizzone di legno per bruciare ci mette un po'.  
Esisterà perciò un unico rapporto tra la quantità di aria e quella di carburante che ci darà la combustione perfetta.  Questo rapporto è detto RAPPORTO STECHIOMETRICO ed ha un valore di 14,7 per la benzina, 14 per il gasolio. Questo significa che per bruciare un kg di benzina saranno in generale necessari 14,7 kg di aria. 

Nei motori a scoppio però entra in gioco anche il fattore tempo.  La durata della fase di combustione, infatti, dipende dal regime di rotazione del motore.  Ciò che accade è che, in generale, se si inserisce nella camera di scoppio l'esatto rapporto aria/carburante stechiometrico, un certo quantitativo di carburante e aria non farà in tempo a bruciare e finirà nello scarico diventando fondamentalmente inutile ai fini dell'erogazione di potenza.  Per raggiungere perciò la massima efficienza (ovvero fare in modo che tutto il carburante venga bruciato nella camera di scoppio) sarà necessario far girare il motore con un rapporto aria/carburante un po' al di sopra dello stechiometrico, ovvero con un po' meno carburante per ogni scoppio. Meno carburante bruciato significa meno consumi, ma anche meno potenza.   Allo stechiometrico in realtà, sempre per questioni di tempo, non si ha neppure il massimo di potenza ottenibile.  Con una miscela leggermente più ricca (sotto lo stechiometrico) è possibile infatti far si che, sebbene una maggiore quantità di miscela finisca incombusta nello scarico, all'interno della camera di scoppio bruci più carburante rispetto a quanto accadrebbe allo stechiometrico.  Tutto questo può essere riassunto in un grafico di questo tipo:



Ricapitolando: 

- Con una carburazione leggermente più ricca rispetto allo stechiometrico è possibile ottenere più potenza a discapito dei consumi.
- Con una carburazione lievemente più magra è possibile raggiungere la massima efficienza del motore a discapito della potenza erogata.  


Se una volta la carburazione veniva fatta regolando una vite nel carburatore, oggi è la centralina a controllare tutto.  E' facile immaginare che per una F1 la centralina vada a lavorare intorno allo stechiometrico in gara, al di sopra se è necessario risparmiare carburante, al di sotto quando invece servirà piena potenza in condizioni di qualifica o per effettuare un sorpasso.  

Questo era il primo (se vogliamo il più scontato) effetto del tanto vituperato Magic Button.  
Continua a seguirmi se vuoi conoscere gli altri..  Alla prossima!  😃

domenica 14 maggio 2017

FISCHI ED ELLISSI: Come lavora uno pneumatico


Che si parli di accelerazione, frenata o tenuta di strada; gli pneumatici sono fondamentali.
Come serve a poco essere una persona sveglia e geniale se non riesci a comunicarlo a chi ti è di fronte, allo stesso modo se gli pneumatici non sono in grado di trasmettere alla strada ciò che l'auto può fare, ciò che l'auto può fare è del tutto irrilevante.

Oggi perciò cercheremo di capire meglio come lavora uno pneumatico. In particolare parleremo di aderenza (grip) lasciando per altri articoli approfondimenti su composizione, consumo e resistenza al rotolamento.

Per cominciare è importante sapere che uno pneumatico genera grip in due modi:
- Attraverso FORZE di ATTRITO
- In modo chimico tramite quelle che possiamo definire "FORZE ADESIVE".

Parlando di Attrito, con qualche conoscenza di fisica di base, sappiamo che ad una forza applicata che favorisca lo slittamento di un corpo rigido a contatto con una superficie piana, si contrappone una forza uguale e contraria a quella applicata fino ad un certo limite (definito dal coefficiente di attrito statico) oltre il quale la forza di attrito sarà costante e inferiore al limite raggiunto e alla forza applicata (sarà definita dal coefficiente di attrito dinamico). I due corpi a questo punto incominceranno a muoversi l'uno rispetto all'altro, appunto slittando.  
Ovviamente i due coefficienti di attrito vanno moltiplicati per il peso del corpo rigido o comunque per la forza che tiene a contatto il corpo con la superficie.  Qualcosa del genere...



Sembra chiaro che questo modello sarebbe perfetto per descrivere qualsiasi tipo di forza esercitata da uno pneumatico; se non fosse che una gomma è tutto fuorchè un corpo rigido! 
La sua deformazione però è in qualche modo proporzionale alla forza che su di esso viene applicata, in più è difficile in realtà capire quando la gomma sta effettivamente cominciando a slittare o quanto si stia deformando.
Viene definito perciò uno scorrimento dello pneumatico (scorrimento longitudinale o angolo di deriva a seconda che si stia parlando di forze longitudinali o laterali. La definizione di questi parametri è complessa e va oltre la comprensione di base obiettivo di questo articolo) che contiene in se sia la deformazione che lo slittamento.

L'ingegnere e fisico olandese Hans B. Pacejka, sulla base di osservazioni sperimentali, ha descritto l'evoluzione della forza esercitata da uno pneumatico in funzione dello scorrimento con una curva di questo tipo:



Come si vede, la forza esercitata dalla gomma aumenta fino a raggiungere un picco per poi decrescere e attestarsi su un valore più o meno costante..   Nulla di diverso da quello che abbiamo visto per l'attrito insomma, solo tutto più graduale. 

Dicevamo che lo pneumatico però genera grip anche attraverso forze adesive:  Legami chimici, ovvero, che la gomma forma con il manto stradale rimanendo letteralmente incollata ad esso anche dopo il passaggio della ruota. 

Gli pneumatici da corsa, rispetto a quelli stradali, puntano molto di più su questo genere di aderenza; a questo è dovuta quella riga nera che si forma sulla "traiettoria gommata" in pista.
Questo genere di forze si sviluppa però solo in condizioni di grip mentre è molto meno importante in fase di scivolamento.  Le gomme da gara avranno perciò un picco di prestazione molto più alto, ma un comportamento molto meno controllabile in caso di perdite di grip. 


Resta da capire cosa succede quando si chiede allo pneumatico di esercitare allo stesso tempo una forza longitudinale e una laterale.  Tutto quello che abbiamo visto sin'ora infatti considera forze in una sola direzione. 

Il modo più semplice per descrivere ciò che succede è il modello ellittico:



Questo grafico rappresenta il massimo picco di forza esercitabile dallo pneumatico in funzione della direzione verso cui viene esercitato.  In pratica ci dice che il modo migliore di accelerare e frenare è a ruote dritte e il modo migliore di curvare è a velocità costante.  Ci dice anche che in teoria è meglio tenere separate le ruote motrici dalle ruote sterzanti. (è il motivo per cui in genere le auto da corsa non sono a trazione anteriore)  

In realtà non è proprio tutto così semplice perchè tra le ruote e l'auto ci sono le sospensioni, rollio e beccheggio, spostamento dei pesi...  
Ma ne parleremo un'altra volta!  


Anche per oggi è tutto.  Alla prossima!   😃