domenica 30 dicembre 2018

SISTEMI DI CONTROLLO: Capitolo 1 - ABS e Traction Control

Con l'ultimo articolo abbiamo posto le basi per parlare di controlli e aiuti alla guida. 
Se non l'hai letto, ti suggerisco di farlo perchè oggi entreremo nel vivo!




Se normalmente guidi un'auto che ha meno di 20 anni, sono piuttosto sicuro che tra il tuo piede destro e il punto di contatto tra l'asfalto e gli pneumatici della tua auto ci sia almeno uno, ma più probabilmente entrambi, di questi controlli:  ABS e Traction Control. 

Il motivo per cui li tratto nello stesso articolo è piuttosto semplice: hanno lo stesso obiettivo!
Massimizzare la capacità degli pneumatici di scambiare forze lungo la direzione di marcia in qualunque situazione. 
Il primo lo fa in frenata, il secondo in trazione.

Prima di cominciare ad entrare nello specifico di questi aiuti alla guida, però, ho bisogno di riesumare qualche informazione da uno dei miei primi articoli e magari approfondire qualcosa proprio a proposito di ciò che accade nel punto di contatto tra pneumatici e asfalto. 

Se ricordi, ci eravamo detti che:

1) La forza di attrito generata dagli pneumatici viene definita in funzione di un parametro che possiamo definire scorrimento e tiene conto sia dello slittamento, sia della deformazione.

2) La relazione tra la forza longitudinale che lo pneumatico sta esercitando e quella laterale che può esercitare può essere descritta dal modello ellittico. 



Per poter capire la logica di controllo alla base di ABS e TCS, però, è necessario approfondire leggermente il concetto di scorrimento e la sua relazione con il modello ellittico. 

Quando si parla di dinamica longitudinale, lo scorrimento dello pneumatico viene definito in funzione del rapporto tra la velocità a cui lo pneumatico sta rotolando e quella dell'asfalto rispetto allo pneumatico stesso (o se vogliamo il rapporto tra la velocità di rotazione della gomma e quella dell'auto). Ti risparmio le formule, ciò che è importante sapere è che questo parametro è uguale a:

-> [0] quando il battistrada, rispetto all'auto, si muove alla stessa velocità dell'asfalto.

-> [-1] quando l'auto si muove, ma la ruota è bloccata.

-> [ infinito ] quando la ruota gira, ma l'auto è ferma. 

Possiamo perciò fare riferimento a un grafico del genere...
 


Ma cosa rappresenta questo grafico all'atto pratico? 

Prendiamo in considerazione una forte frenata, di quelle che si fanno quando ci troviamo improvvisamente davanti un pedone e non c'è tempo o spazio per evitarlo. Se ci concentriamo sulla prima parte della frenata, sapendo che, in assenza di controlli, la coppia esercitata dall'impianto frenante è direttamente proporzionale alla pressione che esercitiamo sul freno, possiamo immaginare, semplificando, che la coppia frenante salga rapidamente per poi rimanere più o meno costante (quando il freno arriva a fondo corsa). 

Tra il disco freno e l'asfalto, però, c'è la gomma. Se volessimo confrontare l'andamento nel tempo della coppia frenante trasmessa alla gomma dall'impianto frenante con quello della coppia frenante trasmessa a terra per attrito dalla gomma, potremmo rappresentarlo in questo modo:




Nota che, nel grafico, per il Secondo Principio della Dinamica, la coppia frenante trasmessa a terra può essere considerata un indicatore di quanto rallenta l'auto, mentre quella trasmessa dall'impianto frenante alla ruota indica quanto rallenta la ruota. Quella richiesta da pedale infine, se vogliamo, indica quanto il pilota vorrebbe che l'auto rallentasse.. Ovvero il più possibile.

Cosa succede quindi?

Fase 1: 
Il pilota comincia a frenare. La pressione sul pedale sale e, con essa, sale la coppia frenante esercitata dalle pinze freno. A causa del tempo necessario a deformarsi, lo pneumatico comincia a scaricare questa coppia a terra in leggero ritardo. La differenza generata da questo leggero ritardo è sufficiente a far si che si generi lo scorrimento necessario allo pneumatico per aumentare la forza frenante trasmessa a terra.  In questa fase lo scorrimento è basso e possiamo dire che lo pneumatico è ancora in condizioni di grip.  

Fase 2: 
La forza frenante trasmessa dallo pneumatico (vedi grafico forza-scorrimento) comincia ad avvicinarsi al picco massimo possibile. L'andamento si incurva sempre più e la differenza tra la coppia esercitata dai freni e quella trasmessa a terra dalla gomma comincia ad aumentare sensibilmente. Questo significa che la ruota sta rallentando più rapidamente di quanto stia facento l'auto, lo scorrimento perciò sta aumentando. 

Fase 3: 
Il picco di forza di attrito esercitabile dalla gomma è stato raggiunto, mentre la coppia frenante data dai freni continua ad aumentare. E' una zona instabile del grafico; la ruota rallenta molto più rapidamente dell'auto, lo scorrimento aumenta velocemente, la forza trasmessa dalla gomma crolla sino a quando la ruota si blocca. A questo punto la condizione di attrito tra pinza e disco freno diventa statica e, di conseguenza, la coppia frenante trasmessa dalle pinze (linea verde) si attesta sul valore necessario per mantenere la gomma bloccata.

Osservazioni:

1) Ciò che il pilota sta chiedendo alle gomme, in questa situazione, è impossibile: non c'è controllo che possa aumentare le prestazioni chimico-fisiche delle gomme. Tutto ciò che accade, perciò, è frutto di un errore di valutazione di chi preme il pedale del freno.

2) Una volta bloccata, la forza frenante esercitata dalla gomma è inferiore a ciò che potrebbe. 
Del resto, non credo di starti dicendo niente di nuovo: a ruote bloccate l'auto rallenta di meno. 

Se quella che abbiamo appena visto può essere considerata la manovra di riferimento per l'ABS (a cui da ora farò riferimento come "manovra di Lock"), un grafico molto simile si potrebbe fare nel caso in cui l'auto parte da ferma e il pilota accelera a piena farfalla in assenza di controlli ("manovra di Spin"); l'andamento della coppia trasmessa dal motore sarebbe un po' diverso, ma quello della coppia trasmessa a terra sarebbe decisamente simile, con la Fase 3 che coinciderebbe con la ruota che pattina molto velocemente mentre l'auto avanza lentamente. Anche le 2 osservazioni qui sopra potrebbero essere tranquillamente estese al caso della manovra di Spin. 

A queste informazioni di base se ne possono aggiungere un paio riguardo alla correlazione tra dinamica longitudinale e dinamica trasversale della gomma in queste 2 manovre di riferimento. Considera il grafico del modello ellittico che ti ho mostrato prima:

La prima, abbastanza scontata, è che, se superiamo il massimo picco di forza longitudinale esercitabile dalla gomma, uscendo dall'ellisse la gomma sarà incapace di esercitare forze laterali. Insomma, a ruote posteriori fumanti l'auto tende a girarsi, così come a ruote anteriori bloccate l'auto perde di direzionalità. Perciò evitare che questi due fenomeni si verifichino non solo migliorerà gli spazi di frenata, ma anche la dinamica laterale del veicolo.


La seconda, decisamente meno banale dal punto di vista controllistico, è che, se l'auto è in curva, il picco di forza longitudinale esercitabile dalla gomma cambierà, così come cambierà in funzione delle diverse condizioni dell'asfalto o dei trasferimenti di carico. 

Facciamo il punto: 

Sin'ora abbiamo definito le manovre di riferimento di ABS e Traction e abbiamo detto che le forze longitudinali che la gomma può esercitare sono definite in funzione del rapporto tra la velocità di rotazione della gomma e quella del veicolo. La velocità delle ruote sarà quindi il nostro stato di interesse. Ma quale sarà l'obiettivo di questi aiuti alla guida? 

Se, come abbiamo visto, la gomma entra in una zona instabile quando tocca il suo picco prestazionale, l'obiettivo del nostro controllo, quando la richiesta del guidatore supererà le possibilità fisiche della gomma, sarà quello di mantenere la velocità di rotazione della ruota in un intervallo di valori tale da rimanere quanto più vicino possibile, in termini di scorrimento longitudinale, al picco prestazionale della gomma, ma senza raggiungerlo; così da preservare anche la capacità della gomma di esercitare forze laterali. Un qualcosa del genere... 



Bene, ora che abbiamo un'idea chiara di quale sia l'obiettivo dei due controlli in questione, restano da definire i...

Sistemi di Attuazione:

Lo stato di interesse che vogliamo controllare è la velocità della ruota e, sempre il Secondo Principio della Dinamica, ci dice che l'unico modo per influenzarla è esercitare una coppia su di essa.

In un auto convenzionale ci sono 2 modi per esercitare una coppia sulle ruote: agire sulla coppia motrice (tagliando la potenza o ripartendo la coppia se si ha a disposizione un differenziale elettronico) o agire sull'impianto frenante.
Se si ha a disposizione motori elettrici, poi, la coppia può essere controllata elettronicamente in entrambi i sensi, ma non approfondirò quest'argomento oggi. 

Ciò che invece credo valga la pena di approfondire è come si può controllare la coppia esercitata dall'impianto frenante in frenata, che è esattamente il caso dell'ABS, o in coppia  (come viene implementato in alcuni Traction Control).
In entrambi i casi, infatti, il sistema di attuazione viene applicato alle singole ruote e questo, rispetto ad esempio ad un'azione come il taglio di potenza, ha il vantaggio di poter agire in modo indipendente tra i diversi pneumatici, che molto spesso si trovano in condizioni di aderenza differenti. 

Partiamo dall'ABS:

In questo caso, il sistema di attuazione dev'essere in grado di ridurre la coppia esercitata dalla pinza freno quando la ruota si sta bloccando. Viene realizzato in genere con una pompa idraulica che mantiene un tratto del circuito, una sorta di "by-pass", costantemente a bassa pressione e 2 valvole elettro-attuate. 
Per farla semplice, l'azione del sistema si potrebbe schematizzare in questo modo:


Nel caso del Traction Control, si può ridurre la coppia motrice trasmessa alla ruota azionando i freni sulla gomma che sta perdendo aderenza. Il sistema di attuazione necessario per farlo è piuttosto simile a questo. Ciò che cambia è semplicemente il senso in cui lavora la pompa e il fatto che il "by-pass" viene mantenuto costantemente ad alta pressione.




Attenzione però! 
La parte di circuito a cui è collegata la pinza, nel momento in cui uno dei 2 controlli si attiva, non passa da pressione alta a pressione bassa (o viceversa) istantaneamente, ma c'è un transitorio che è più lento del tempo di attuazione delle valvole. Non vado ad approfondire lo studio idraulico del sistema, ma questo significa che, da controllo, è possibile cambiare la pressione sulla pinza, e quindi la coppia frenante trasmessa alla ruota, di un certo valore in dipendenza di quanto tempo rimangono aperte o chiuse le valvole (parliamo di pochi millisecondi, un tempo comunque trascurabile se paragonato all'intera manovra). La variazione di pressione che ne risulta, perciò, sarà una specie di scalinata, ma lo vedremo meglio tra poco. 

Una volta definito come questi 2 controlli possono influenzare la velocità di rotazione delle gomme, arriva il momento di capire la...

Logica di Controllo:

Nel tempo, sono state sviluppate diverse logiche di controllo per questi tipi di aiuto alla guida. In questo articolo ne vedremo 3, di efficacia, efficienza e costo crescente.

"Costo? Cosa c'entrano i costi con un argomento astratto come la Logica?"

Il costo di una logica di controllo risiede principalmente nei sensori necessari a monitorare in tempo reale gli input necessari al controllo per decidere cosa fare.

Abbiamo detto che il nostro stato di interesse è la velocità della gomma, quindi il punto di partenza per qualunque logica sarà misurare la velocità di ogni singola ruota su cui agirà il controllo; per farlo, in genere si usa una ruota fonica.


Abbiamo anche detto che, per definire lo scorrimento longitudinale, è necessario mettere in relazione la velocità della ruota con quella del veicolo, o meglio con la velocità che la ruota avrebbe se rotolasse liberamente trainata dal veicolo; un parametro già più difficile da stimare



Nel caso di un Traction Control, si potrebbe ottenere misurando la velocità di rotazione delle ruote effettivamente trascinate, ma in caso di trazione integrale o di frenata, se c'è una coppia applicata su tutte e quattro le ruote, le velocità delle ruote non bastano. E' possibile, però, definire un algoritmo in grado di calcolare la velocità del veicolo con sufficiente precisione utilizzando insieme velocità di rotazione delle ruote, accelerazioni e velocità di imbardata; ma questo richiede un'IMU (un sensore che unisce accelerometri e giroscopi) e una centralina di controllo con una capacità di calcolo già più importante. Insomma, i costi salgono.  

Per questo motivo, i sistemi di ABS e Traction Control più semplici, quelli che ad esempio troviamo sulle utilitarie, fanno a meno di questo parametro e implementano un controllo in feed-back basato sull'accelerazione della singola ruota.  

Quando la ruota si blocca o comincia a "spinnare", dato che la coppia trasmessa a terra come dicevo prima crolla rapidamente, la sua accelerazione supera nettamente quella massima raggiungibile dal veicolo in condizioni di grip. I limiti dinamici dell'auto, perciò, possono essere usati come soglia per capire quando il controllo deve agire.  

Il limite di questo tipo di approccio, però, è che, quando l'accelerazione (o la decelerazione) angolare della ruota comincia a superare i limiti dell'auto, la ruota è già entrata nella zona instabile del grafico che abbiamo visto prima e la coppia trasmessa a terra è già diminuita in modo importante. In più, a causa dell'inerzia, l'azione del controllo non ha un effetto istantaneo sulla velocità della ruota, che continuerà ad allontanarsi dalla condizione di stabilità ancora un po' prima che il richiamo del controllo abbia un effetto. 
L'andamento delle coppie trasmesse in una manovra di lock diventerà, perciò, un qualcosa del genere:


Questa continua oscillazione della coppia trasmessa è la ragione per cui, quando premi il freno ed entra l'ABS senti una vibrazione sul pedale, o quando entra il Traction ad una partenza da semaforo l'auto sembra muoversi a scatti. 


Se invece è possibile avere una stima sufficientemente precisa della velocità del veicolo, si potrà implementare un feed-back basato sulla velocità di rotazione della ruota che utilizza come soglie di intervento i confini della zona di lavoro che ti ho mostrato prima. Se la velocità del veicolo è nota, infatti, ad un certo scorrimento longitudinale si può associare un unico valore di velocità di rotazione per la ruota che può essere usato come soglia. 


Questo approccio consente di avere un'azione più precisa ed efficace del controllo, con le coppie trasmesse che oscilleranno meno:




Ad oggi, molte auto di fascia medio-alta e quasi tutte le moto montano un'unità inerziale (IMU sta per Inertial Measurement Unit) e implementano un controllo di questo tipo almeno per il Traction Control.


A un pilota esperto, però, non serve sentire la ruota che sta per bloccarsi per sapere quanto deve premere il freno per mantenere la gomma al suo picco di prestazione. Con un controllo in feed-forward in grado di stimare in anticipo la massima coppia che la gomma può trasmettere all'asfalto, in linea teorica si potrebbe ottenere un andamento di questo tipo:




Ma esiste un controllo in grado di fare questo?

Qui bisogna fare una distinzione. Se parliamo di ABS, la risposta è no e il motivo è piuttosto semplice: 
L'unico modo di realizzare un controllo di questo tipo è quello di controllare direttamente la coppia frenante in modo continuo; una cosa che si può ottenere solo rinunciando alla connessione meccanica tra pedale del freno e pinza freno (Brake-by-Wire), connessione che attualmente deve esserci per legge in quanto l'impianto frenante deve essere operativo sempre, anche in caso di problemi elettrici. 

Se si parla di Traction Control, invece, la situazione è diversa. 
Il Drive-by-Wire è una realtà ormai ben consolidata e ampiamente sfruttata per influenzare il feeling di guida dato dal pedale dell'acceleratore. E' possibile perciò modificare l'erogazione in funzione della massima coppia che gli pneumatici possono scaricare a terra; ma la vera domanda è... 

E' possibile stimare con precisione la massima coppia scaricabile a terra da ogni pneumatico?  

In questo caso la risposta è "più o meno". 
Con un'IMU è possibile stimare i trasferimenti di carico e le forze laterali esercitate dalle gomme con sufficiente precisione. Ciò che è più difficile da stimare sono le condizioni dell'asfalto e fattori come l'influenza dello stato di usura degli pneumatici sulla prestazione della gomma. 
E' possibile, perciò, implementare un feed-forward, più nelle competizioni (dove l'asfalto è liscio e "più prevedibile") che su strada. Attualmente, per quanto ne so, sistemi in feed-forward per il controllo dell'erogazione in funzione della coppia scaricabile a terra sono sicuramente implementati in F1 (dove hanno trovato largo spazio con l'era Turbo-Ibrida, dopo che il Traction Control propriamente detto, quindi in feed-back, era stato vietato nel 2008) e in MotoGP, dove la ruota da controllare è una e il Ride-by-Wire è una realtà già dal 2004, ma il comportamento del grafico è ancora un traguardo a cui puntare..   
Nel mezzo c'è la ricerca, lo stato dell'arte, la competizione.  


Noi per oggi abbiamo finito. 
Spero che tu abbia trovato utile questo articolo; se è così, o semplicemente ti è piaciuto leggerlo, fammelo sapere con un LIKE!  😉

Appuntamento al prossimo capitolo! 
Ciao! 😃

lunedì 17 dicembre 2018

SISTEMI DI CONTROLLO: Capitolo ZERO - Una base di partenza



"E' incredibile! Non dovrebbe essere così facile mettere di traverso e controllare un'auto da 960 cavalli!"

Così recitava una recensione della neo-uscita Ferrari LaFerrari nel non lontano 2015...  





Se segui FR Tecnica già da un po', avrai potuto capire che io sono sempre stato un appassionato di meccanica e guida sportiva. 

Mi emozionano le auto progettate per essere veloci, non solo per andare veloci, e mi emoziona vederle guidate al limite di ciò che le performance dinamiche dell'auto consentono. Sino ad'ora, qui in FR Tecnica, si è parlato spesso di dinamica del veicolo e di come le performance e il carattere dell'auto possano essere definite e costruite in fase di progetto. Abbiamo parlato di schemi sospensivi, telaio, stabilità, aerodinamica, assetto, guida sportiva... 

Sarebbe un errore madornale però, per un blog che fa della divulgazione tecnica Automotive la sua missione, ignorare quello che è attualmente il campo maggiormente oggetto di ricerca quando si parla di dinamica del veicolo. 

I SISTEMI DI CONTROLLO:
Più generalmente definiti Controlli o aiuti alla guida.

ABS, TCS, ESP, Cruise Control adattivi e non, Torque Vectoring e chi più ne ha più ne metta! 
Tutti sistemi appartenenti a quest'unica grande famiglia.

"E va bene, ma che c'entra la LaFerrari che sbandiera?" 
Anche qui entrano in gioco i controlli, ma abbi fiducia, ci arriveremo.  😉

Tutti i sistemi di controllo (sopracitati e non) hanno in comune una logica di base. L'obiettivo di questo articolo (il primo di una serie dedicata all'argomento) è cercare di spiegartela nel modo più semplice possibile (anche se, in realtà, tanto semplice non è 😅), così da poter parlare nei prossimi articoli dei controlli più disparati con una certa cognizione di causa. 

Punto I - Definire un obiettivo:

Ogni sistema di controllo serve a qualcosa. La prima cosa da fare, perciò, è definire una manovra di riferimento e quale sia il comportamento che vogliamo dall'oggetto controllato (che nel nostro caso è l'auto, ma potrebbe essere anche un braccio robotico o un forno elettrico) in quella manovra.  Ad'esempio l'obiettivo dell'ABS, in condizioni di frenata intensa, è far si che le ruote rimangano in condizioni di grip, così da mantenere la massima efficienza frenante, ma non basta! 



Un certo Kelvin diceva: "Non puoi migliorare ciò che non puoi misurare!"
A questo punto, perciò, è necessario definire un indicatore o, per usare i termini corretti, uno STATO che sia misurabile e che ci permetta di verificare, in ogni istante, qual'è il comportamento dell'oggetto controllato. Per riprendere l'esempio dell'ABS, lo stato di interesse potrebbe essere la velocità di una singola ruota, di conseguenza si potrà dire che " l'obiettivo dell'ABS è quello di far si che la velocità di ogni singola ruota (stato di interesse) non si allontani da quella del veicolo (comportamento voluto) in modo da non bloccare e mantenere le condizioni di massimo grip." 

La differenza tra il comportamento reale e quello voluto (sempre in termine di stato di interesse) è generalmente definita ERRORE.



Punto II - Trovare un attuatore efficace:

Una volta definito cosa si vuole controllare, bisogna definire come. 
Trovare un attuatore efficace significa trovare uno stato che possiamo controllare in modo diretto che abbia un'influenza, più o meno diretta, sullo stato di interesse che vogliamo controllare.


Un esempio pratico per capirci:

Immagina di trovarti davanti a una bella tazza di caffè e di volerlo bere. In termini controllistici si potrebbe dire che l'oggetto controllato è la tazza, lo stato di interesse è la sua posizione e l'errore è la distanza tra la tazzina e la tua bocca. Scegliere l'attuatore giusto per cambiare la posizione della tazzina è cruciale, poichè non sempre c'è un'unica possibilità e, molte volte, non è solo una questione di efficacia, ma di efficienza.

Che l'attuatore scelto sia la mano oppure un piede, il nostro stato controllato sarà la posizione di quest'ultimo.


Punto III - Scegliere una filosofia di controllo:

Identificato cosa si vuole fare e su cosa agire per farlo, non resta che valutare come farlo. Attualmente, quando si implementa un controllo, i possibili approcci sono sostanzialmente due:

Feed-Forward (che potremmo chiamare anche controllo di Azione) o Feed-Back (che invece è un controllo di Reazione). Per capire le differenze tra i 2, farò ancora una volta un esempio pratico:



Consideriamo la situazione in foto: Lewis Hamilton in procinto di affrontare una curva. Il buon Lewis, prima di entrare in curva, ha un'idea precisa di quale sia la traiettoria che l'auto deve seguire e la velocità da tenere in ogni fase della curva per far si che sia la curva perfetta. Questo, come ormai avrai capito, è il comportamento voluto, mentre gli stati di interesse sono, in questo caso, la posizione dell'auto e la velocità.

Ora, se hai un'idea anche solo basilare di cosa significhi guida sportiva, saprai che in pista, per essere veloci, è necessario avere dei riferimenti (ad esempio il punto di staccata, il punto di corda o quello in cui bisogna cominciare a riaprire il gas). Il pilota vede la pista, visualizza la traiettoria da seguire e trova dei riferimenti per capire quando è il momento di agire.  

Questo è in sostanza il feed-forward:
- Acquisire i dati dall'esterno e identificare la situazione in cui ci si trova;
- Visualizzare il comportamento target nella suddetta situazione;
- Farsi 2 calcoli (esempio: quanto dovrò premere il freno e per quanto tempo se arrivo a 300 all'ora e devo affrontare la curva ai 150);
- Agire di conseguenza al momento e con l'intensità giusta (quella calcolata in precedenza).

Quest'approccio ha due vantaggi fondamentali: 

-> Velocità 
-> Precisione

E' stato dimostrato che un pilota esperto ha un tempo di reazione tra 1 e 2 decimi di secondo, mentre un guidatore normale può andare dai 3 decimi sino a 1 secondo; in più, a causa del tempo di deformazione degli pneumatici e dei trasferimenti di carico, il tempo di risposta dell'auto da quando il pilota, ad esempio, gira il volante a quando l'auto inizia effettivamente a curvare può andare dai 2 decimi di secondo di un'auto da corsa fino anche ad 1 secondo per auto più "morbide". 

Mettiamo quindi che da quando il pilota ritiene che sia il momento giusto di agire a quando l'auto effettivamente agisce passi circa un mezzo secondo.

In pista, però, il pilota definisce i suoi riferimenti affrontando la curva più volte avvicinandosi sempre più al limite e, a volte, anche superandolo. Quando trova il suo punto di staccata, il nostro Lewis sa che, se frena quando vede quel cartello, quel cordolo o quell'albero e tiene premuto il freno con una certa intensità per un certo tempo, l'auto entrerà in curva alla velocità giusta. 

Quando, provando, il pilota impara a prevedere tutte queste cose, inconsciamente lui sta definendo nella sua mente un modello fisico di un sistema composto dall'auto e da se stesso che tiene conto di tutte le possibili variabili che determinano la correlazione tra ciò che lui vuole che l'auto faccia e ciò che l'auto effettivamente fa, compreso anche quel tempo di reazione complessivo di cui parlavamo prima. (Che macchina straordinaria il cervello umano! 😃) Tutto questo permette al pilota di compensare quel tempo di reazione e agire in anticipo affinchè l'auto faccia la cosa giusta al momento giusto.   

La mente umana, però, ha dei limiti... e per quanto un pilota possa essere esperto o aver provato, se è al limite, prima o poi quasi sicuramente farà un errore di valutazione: frenerà leggermente troppo tardi, chiuderà troppo il volante o accelererà troppo presto destabilizzando l'auto. 

Per fortuna il nostro cervello è in grado di implementare anche un controllo in Feed-Back



Dando un'occhiata all'on-board della pole di Kimi Raikkonen al GP di Monaco del 2017, ma se segui un qualsiasi sport motoristico a 4 ruote non ti starò dicendo nulla di nuovo, noterai che i movimenti sul volante sono tutt'altro che netti e precisi. Il pilota, qui, è costretto continuamente ad effettuare micro-correzioni, a causa di irregolarità dell'asfalto o leggere sbavature di guida, per stabilizzare l'auto e far si che segua in ogni momento la traiettoria voluta alla velocità voluta.

Un controllo in feed-back in sostanza fa questo:

- Monitora direttamente lo stato di interesse, confrontandolo istante per istante con il comportamento voluto e definisce l'errore.
- Reagisce effettuando un'azione che influenzi lo stato di interesse in senso opposto tanto maggiore quanto più grave è l'errore.

Nota che, in questo caso, non si parla più di modelli matematici e azioni calcolate partendo da un modello fisico dell'oggetto controllato, ma solo di un'azione opposta all'errore la cui intensità dipende solo ed esclusivamente dall'errore stesso. 

Per farti capire di che parlo, considera che il controllo in feed-back più basilare che si possa implementare è un controllo proporzionale, dove l'azione del controllo (A) è direttamente proporzionale all'errore (E) secondo una semplice formula del tipo:

A=k*E

Ora k è un termine costante che in genere viene tarato in modo sperimentale è che rappresenta in qualche modo l'aggressività del controllo. Mettiamo che, ad esempio, l'errore sia l'angolo tra dove punta l'auto e la traiettoria voluta, mentre A sia l'angolo di sterzo. Se k raddoppia significa che il pilota, nella stessa situazione, girerà lo sterzo il doppio.

I parametri di valutazione di un controllo in feed-back sono perciò l'aggressività e il tempo di reazione e, se il primo dipende da come è tarato il controllo, il secondo, come dicevamo prima, dipende principalmente dall'attuatore e, contrariamente a quanto visto per il feed-forward, non c'è modo di compensarlo con un controllo in feed-back.

Ok, direi che è decisamente arrivato il momento di provare a ricapitolare cercando di separare dagli esempi pratici quella che è la... 

Teoria dei Controlli: 

In sintesi, si è detto che la prima cosa da fare quando si implementa un controllo è definire QUANDO [manovra di riferimento] agisce e COSA [comportamento voluto] deve fare.  
 
Abbiamo visto che è necessario definire uno STATO DI INTERESSE che ci consenta di confrontare il comportamento dell'oggetto controllato con quello voluto, definendo l'ERRORE. 

A questo punto bisogna trovare un ATTUATORE che sia in grado di influenzare in modo più o meno diretto lo stato di interesse in modo efficace ed efficiente. 

Abbiamo parlato, poi, di Filosofie di Controllo: 

-> FEED-FORWARD: 

1) Acquisire i dati necessari a riconoscere in quale manovra ci troviamo e identificare così il comportamento voluto. 

2) Effettuare un'azione calcolata, basandosi su un modello matematico preciso del sistema dinamico completo e di come l'attuatore influenzi il comportamento del corpo controllato in termini di stato di interesse, per far si che il comportamento reale dell'oggetto controllato corrisponda a quello voluto. 

-> FEED-BACK:

1) Monitorare costantemente lo stato di interesse definendo l'errore istante per istante. 

2) Reagire, in ogni istante, con un'azione opposta all'errore dell'istante precedente la cui intensità dipende dalla "gravità" dell'errore stesso e da una serie di parametri, definiti in fase di progetto del controllo, che ne definiscono l'aggressività. 

La distanza tra un'istante e quello successivo è, in sostanza, il tempo di reazione del controllo.  

Qualche riflessione per concludere:

Il controllo universale e perfetto per tutto non esiste. 
A volte si ha un modello matematico talmente robusto da essere sicuri che l'azione di un feed-forward sia sufficiente, altre volte il modello è debole è un sistema in feed-back è necessario. Altre ancora il tempo di reazione è tale da rendere inutile o addirittura dannoso l'utilizzo di un sistema in feed-back, mentre in alcuni casi il tempo di reazione è praticamente trascurabile. 

Insomma, come ho detto, la logica di controllo universale non esiste e bisogna sempre trovare l'approccio più corretto nella casistica che ci interessa. Tuttavia, da ciò che ci siamo detti oggi, si possono trarre alcune linee guida:

1) In genere un controllo in feed-forward è potenzialmente più efficiente. Se ripensi al giro di Kimi, è intuitivo pensare che una guida piena di sbavature e correzioni è più stancante per il pilota di una pulita e precisa. 

2) Tuttavia, quando l'auto alla Santa Devota perdeva il posteriore, se il buon Kimi non avesse corretto sarebbe finito dritto a muro e addio pole-position. Un controllo in feed-back permette di aumentare l'efficacia del controllo. 

3) Un controllo in feed-back è, in genere, più lento di uno in feed-forward. 


Va da se che, nella ricerca di un compromesso tra efficacia ed efficienza, così come nel giro di qualifica perfetto le correzioni sono poche e il pilota sa bene cosa aspettarsi dall'auto, l'ideale sarebbe avere un feed-forward efficace e un feed-back che vada a correggere il meno possibile. Quanto questo sia realizzabile dipende, all'atto pratico, dalla risposta a 2 domande fondamentali: 

Quanto bene sono in grado di prevedere come il sistema reagirà all'azione del mio controllo? 
[Robustezza del modello matematico]

Qual'è il mio tempo di reazione? 

Bene! Direi che a questo punto abbiamo tutto ciò che ci serve per iniziare a parlare nello specifico dei sistemi di controllo. 
Come sempre, se l'articolo ti è piaciuto non esitare a farmelo sapere con un like! 👍
Non perderti il prossimo capitolo!

Ciao!   😜

giovedì 8 novembre 2018

TELAIO E SCOCCA: L'ossatura dell'auto, su strada e in pista




Spesso si sente dire, parlando di un'auto, che sia una F1 o anche solo una sportiva come un'Alfa 4C: "Quell'auto ha un ottimo telaio!"
Un espressione che, di solito, viene utilizzata per esprimere qualità dal punto di vista dell'Handling e della dinamica laterale e che si contrappone al concetto di "Gran motore!" per definire la prestazione in termini di accelerazione e velocità di punta. 
Il significato di questa frase, però, è tutt'altro che univoco.

Se in un go-kart si possono chiaramente distinguere motore, telaio e carene, identificando il telaio come principale responsabile delle performance laterali del kart; in un'auto odierna il concetto di telaio, o chassis, ha confini decisamente più sfocati e non si riferisce a nulla di fisicamente separabile dal resto dell'auto.

Come ti dicevo in questo articolo, attualmente con il termine Telaio si fa riferimento all'insieme di Scocca e Chassis; dove la prima rappresenta il corpo vettura, mentre il secondo fa riferimento all'insieme di componenti che collegano il corpo vettura all'asfalto e quindi ruote, sospensioni, sterzo e sistema frenante, ma anche ai sistemi di controllo attivi come ABS, ESP, Torque Vectoring e via discorrendo.   

Dire che un'auto ha un gran telaio per dire che sostanzialmente va forte in curva, perciò, a livello tecnico vuol dire tutto e non vuol dire niente. 😅

In FR Tecnica, come puoi personalmente verificare dando un'occhiata alla sezione dedicata, di Chassis si parla spesso, in questo articolo però ci concentreremo sull'altra faccia del telaio: la Scocca. 

Agli albori dell'automobile, più che di scocca, si parlava di due elementi fisici distinti: il telaio (che in questo caso non è quello di cui parlavamo prima, ma un elemento fisico ben distinguibile) e la carrozzeria. La differenza sostanziale sta nella funzione, il telaio infatti è l'insieme di tutti gli elementi sospesi che hanno la funzione strutturale di trasmettere le forze che l'auto scambia con l'asfalto interconnettendo fra loro le forze trasmesse dalle sospensioni; fanno parte della carrozzeria, invece, tutti gli elementi che ricoprono funzioni estetiche o aerodinamiche. 

Questa struttura di base era ereditata dalle carrozze e fino a 50, 60 anni fa, infatti, non era insolito sentire che un carrozziere acquistasse un telaio e lo ricarrozzasse producendo in casa una carrozzeria.  

Nota importante: In questo caso nella carrozzeria è incluso anche l'abitacolo, mentre il telaio può essere considerato a tutti gli effetti parte dello chassis. Questa soluzione non è più utilizzata per le auto stradali, ma trova ancora applicazione in molti veicoli commerciali e nei fuoristrada purosangue. 




Le ragioni che hanno reso la soluzione BODY-on-FRAME desueta per le auto destinate al mercato di massa sono le stesse che la rendono tutt'ora conveniente per fuoristrada e mezzi pesanti: 

1) Il corpo vettura risulta meno rigido e più deformabile; il che da un lato si traduce in un migliore isolamento dalle vibrazioni trasmesse dalla strada (ideale per il comfort che in un veicolo industriale assume non poca importanza), dall'altro può rappresentare un vantaggio in condizioni di pesante off-road.
La scarsa rigidezza torsionale si rivela però essere tutt'altro che un vantaggio per la dinamica laterale di un'auto stradale.

2) Il telaio è composto da travi estruse che vengono prodotte separatamente  e saldate successivamente. Il che rende questo tipo di telai da un lato molto modulabili e poco costosi per un piccolo volume di produzione, dall'altro molto più costosi per la produzione di massa rispetto alla soluzione che ha praticamente monopolizzato il mercato di massa dell'auto, ovvero...  

La SCOCCA STRUTTURALE (Uni-Body):

Il concetto base di questo tipo di soluzione sta nella soppressione del telaio in favore di un'unica struttura portante che è sia corpo vettura, abitacolo e base per la carrozzeria, sia componente strutturale attraverso cui le sospensioni scambiano tra loro le forze trasmesse dall'asfalto. 

Il primo a mettere su strada questo concetto innovativo fu Vincenzo Lancia nel 1922 con la Lancia Lambda. 


L'adozione di questa soluzione permise alla Lambda, malgrado le performance motoristiche non fossero tra le migliori, di distinguersi nettamente dalle auto della stessa categoria. 
L'eliminazione del telaio, infatti, consentì di ridurre la massa complessiva in modo importante e di abbassare notevolmente il centro di gravità dell'auto; in più, dato che l'intero corpo vettura lavorava in modo strutturale, anche la rigidezza torsionale era superiore, un aspetto di fondamentale importanza per la dinamica laterale del veicolo.
L'applicazione poi di sospensioni indipendenti a montante telescopico all'anteriore (se vogliamo le antenate dell'attuale schema McPherson), unita alla telaistica innovativa, portarono la tenuta di strada della Lambda ad un livello nettamente superiore a quello delle sue concorrenti. Per questo motivo quest'auto trovò utilizzo in diverse competizioni e fu particolarmente longeva. 

Questa parentesi storica, oltre ad essere doverosa, ci introduce a quelli che sono i motivi che hanno reso questa soluzione un must per la maggior parte delle auto che percorrono oggi le nostre strade: 

1) Meno peso. 

2) Centro di gravità più basso. 

3) Maggiore rigidezza torsionale. 

Come ti accennavo prima, a questi aspetti prestazionali va poi aggiunta un'ulteriore caratteristica: 

4) Costi più bassi per la produzione di massa. 

La struttura dell'auto è infatti composta da meno componenti, principalmente lamierati stampati e saldati tra loro. Questo consente come detto, non solo di ridurre il peso complessivo dell'auto, ma anche, in generale, di ridurre i costi di produzione.


Andiamo però nel dettaglio di quella che è la struttura di base della scocca. In quasi tutte le auto che presentano una soluzione uni-body è possibile identificare alcuni elementi portanti fondamentali:



Nell'immagine sopra ho cercato di identificare gli elementi principali della struttura di una scocca: 

1) I longheroni:  Percorrono l'auto per la sua intera lunghezza, la loro integrità strutturale è di fondamentale importanza quando si parla di sicurezza passiva.

2) Le barre trasversali (cross-beams): Assieme ai longheroni formano l'ossatura dell'auto determinandone gran parte della rigidezza torsionale. Ricoprono anche una fondamentale importanza in caso di impatto laterale.  Tra queste si possono identificare quelle associate ai paraurti, le quali alla funzione torsionale aggiungono quella di chiudere la struttura autoveicolo facendo da ossatura ai paraurti, e il firewall: un lamierato che ricopre anche la funzione di separare l'abitacolo dal comparto motore.

3) Gli anelli porta, infine, sono l'intelaiatura delle portiere e la base della struttura del tetto; anch'essi ricoprono un ruolo fondamentale in caso di impatto laterale, in particolare per quanto riguarda l'integrità strutturale dell'abitacolo. 

A questi elementi base, poi si aggiungono altri elementi che potremmo definire di "rinforzo locale" :



Partendo dall'anteriore, si possono osservare 2 piccole barre longitudinali aggiuntive la cui funzione principale è quella di trasmettere alla scocca i carichi derivanti dalla sospensione. Saldate a queste ultime infatti, troviamo in genere un lamierato denominato torre sospensiva in cima al quale troviamo il duomo della sospensione anteriore. Le due barre longitudinali frontali-superiori ricoprono anche un ruolo importante nella modulazione delle accelerazioni longitudinali in caso di impatto frontale. 
[La sicurezza passiva è un argomento piuttosto vasto, probabilmente ne parleremo meglio in un articolo dedicato 😉]
Parallela al firewall, poi, troviamo un'ulteriore barra trasversale che, realizzata normalmente con una sezione aperta nella parte superiore, ospita solitamente le prese aria abitacolo e i motorini dei tergicristalli. 

Nella parte posteriore si può osservare un'ulteriore cross-beam a collegare gli anelli porta che è tipica di berline e coupè, ma che non troviamo (per questioni di ingombri) nelle auto con carrozzeria a 2 volumi. Questa constatazione ci porta ad una considerazione importante:
Berline e coupè hanno in genere una rigidezza torsionale maggiore di Hatchback e Station Wagon; se l'ossatura della carrozzeria assume un ruolo strutturale, infatti, la forma della carrozzeria ha ripercussioni dirette sulla qualità dinamica del veicolo. 
Un discorso simile si potrebbe fare anche per le auto in versione a 2 o 3 porte, più rigide a livello torsionale rispetto alle stesse in versione 4 o 5 porte grazie alla mancanza di 2 dei 4 anelli porta. 

Un discorso a parte si può poi fare per le decappottabili: 
Se prima ti dicevo che longheroni e cross-beams contribuiscono per la maggior parte alla rigidezza torsionale dell'auto, è vero che tutta la struttura dell'auto partecipa all'aumento di quest'ultima. E' stato ampiamente verificato che in una moderna scocca un ruolo fondamentale è dato dalla struttura del tetto; persino i vetri (che sono fragili, ma più rigidi dell'acciaio) contribuiscono in modo importante alla rigidezza torsionale della scocca. In una decappottabile questo discorso viene meno. 
L'assenza del tetto e, di conseguenza, la non partecipazione del parabrezza alla rigidezza torsionale della scocca rendono necessario un rinforzo strutturale di quest'ultima.


Nell'immagine, infatti, puoi facilmente identificare i longheroni e il tunnel centrale, di dimensioni importanti se confrontati con scocche con il tetto, e delle cross-beams di dimensioni molto importanti sia davanti al parabrezza, dove sono presenti diverse barre di rinforzo, sia, soprattutto, dietro i sedili. 

Va da se che elementi strutturali di dimensioni maggiori significano più materiale e di conseguenza più peso. Raramente, infatti, la versione Cabrio di un'auto pesa meno della stessa auto in versione Coupè. Inoltre, malgrado questi interventi di rinforzo, generalmente le performance in termini di rigidezza torsionale della scocca di una decappottabile sono comunque inferiori a quelle che si potrebbero ottenere con una scocca chiusa. 

Ma a proposito di coupè e decappottabili...    

Se un costruttore sceglie di produrre una sportiva in piccoli volumi di produzione e il prezzo dell'auto comincia a salire, Body-on-frame e Scocca Portante non sono le uniche opzioni per realizzare la struttura portante dell'auto. 

Una soluzione che unisce la versatilità e i bassi costi per piccoli volumi di produzione della soluzione body-on-frame ai vantaggi dinamici della scocca portante è...

Il TELAIO TUBOLARE:


In foto il telaio tubolare di una Factory Five Racing GTM.
Questa soluzione si dimostra estremamente versatile dal punto di vista del packaging e del collocamento degli attacchi sospensione. Solitamente realizzato con tubi in acciaio saldati ha anche l'importante vantaggio di facilitare l'impiego di materiali leggeri (alluminio, vetroresina o fibra di carbonio) per la carrozzeria, che in questo caso ha il solo scopo, estetico e al limite aerodinamico, di carenare il veicolo senza assolvere ad alcuna funzione strutturale. 
Se questa soluzione ha in comune con la soluzione body-on-frame il basso costo per i piccoli volumi di produzione, condivide con essa anche i costi non vantaggiosi per la produzione di massa.  
Tutto questo rende il telaio tubolare la soluzione perfetta per le sportive di fascia medio-alta e per le auto da corsa che vogliono richiamare l'aspetto di modelli di serie senza condividere con essi il telaio.  (Nascar e DTM, ad esempio, utilizzano questa soluzione)

Per questo tipo di applicazioni, però, il telaio tubolare non è l'unica possibilità...

MONOSCOCCA:


Spesso confusa con la Scocca Portante, la Monoscocca si differenzia da quest'ultima in quanto assolve integralmente alla funzione strutturale.  
Abbiamo visto, infatti, che nella soluzione Uni-Body ci sono alcuni elementi strutturali (longheroni, cross-beams ecc.) che costituiscono la maggior parte della rigidezza torsionale della scocca; una monoscocca, al contrario, partecipa per intero alla rigidezza della struttura del veicolo lavorando, se vogliamo, come un'unica trave che flette e torce a seconda della sollecitazione a cui è sottoposta. 

Questa soluzione si sposa particolarmente bene con l'utilizzo di materiali leggeri come l'allumino o la fibra di carbonio e consente, in genere, di ottenere performance superiori con pesi più contenuti; si presta perciò all'utilizzo in auto sportive di alta fascia e in auto da competizione più spinte come prototipi e monoposto. 

Ora che la questione comincia a farsi interessante, proviamo a scendere un po' più nel dettaglio vedendo qualche applicazione pratica di questo concetto: 







Nelle 2 immagini sopra puoi vedere le soluzioni di monoscocca adottate da 2 auto che potremmo definire dirette concorrenti: la prima è la monoscocca in lega di alluminio utilizzata dalla Lotus Exige, la seconda è quella in fibra di carbonio utilizzata nell'Alfa Romeo 4C. 

Come puoi vedere la monoscocca vera e propria è la "vasca" che costituisce l'abitacolo a cui viene poi connessa un'intelaiatura, fatta principalmente per ospitare le parti meccaniche e gli attacchi sospensione, realizzata con dei profili estrusi in tutto simili alla struttura che abbiamo visto parlando di scocca portante. Si possono infatti identificare longheroni e cross-beams. 

Se l'utilizzo della fibra di carbonio permette di raggiungere le stesse prestazioni a livello strutturale con un peso notevolmente minore, la struttura dell'intelaiatura di contorno è difficilmente realizzabile con lo stesso materiale e, come nel caso della 4C, viene spesso realizzata con materiali metallici come le leghe di alluminio. Questo pone una complicazione progettuale dovuta all'integrazione di materiali differenti: metalli e compositi reagiscono in modo diverso alle sollecitazioni meccaniche e termiche e questo fenomeno va considerato quando si progettano i punti di giunzione tra componenti di materiali diversi.  

E per monoposto e prototipi?  




Nell'immagine qui sopra puoi vedere la prima monoscocca in fibra di carbonio della storia dell'auto: quella della McLaren MP4/1. 

Anche qui puoi osservare che la struttura in carbonio si sviluppa attorno all'abitacolo e comprende le strutture di assorbimento d'impatto laterali (che fungono anche da alloggiamento per i radiatori), il serbatoio dietro il sedile e gli attacchi scocca e le parti sospese delle sospensioni anteriori. 

La grossa differenza rispetto alle soluzioni che abbiamo visto per le auto stradali, però, non è tanto nella scocca in se, ma nelle strutture di contorno, come abbiamo visto nella 4C ad esempio, che nei prototipi sono del tutto assenti.  Gli attacchi sospensione anteriori abbiamo già visto che sono direttamente fissati sulla scocca, ma quelli posteriori? 


Come ho cercato di renderti visibile in questo schizzo, nelle monoposto, ma anche nei prototipi più recenti, la presenza di una struttura di supporto atta ad ospitare motore, trasmissione e attacchi sospensioni posteriori viene meno del tutto e sono le stesse parti meccaniche ad assumere una funzione strutturale: in dettaglio il blocco motore è fissato alla monoscocca e la scatola del cambio, generalmente realizzata in fibra di carbonio, ospita anche gli attacchi scocca della sospensione posteriore (è questo il motivo, se ci fai caso, per cui in F1 generalmente se si danneggia una sospensione posteriore in un incidente, diventa necessario sostituire anche il cambio) e gli attacchi di ala posteriore e diffusore. Tutto il resto è fissato su questi 3 componenti strutturali. 

Qui sotto, ti propongo qualche foto che magari potrebbe esserti utile a visualizzare meglio la cosa:






Visualizzato tutto? 


Molto bene! 
Anche per oggi direi che abbiamo messo un bel po' di carne sul fuoco. 
Come sempre, se l'articolo ti è piaciuto, scrivilo nei commenti o fammelo sapere con un LIKE 👍
Noi ci vediamo al prossimo approfondimento. Ciao  😜