"E' incredibile! Non dovrebbe essere così facile mettere di traverso e controllare un'auto da 960 cavalli!"
Così recitava una recensione della neo-uscita Ferrari LaFerrari nel non lontano 2015...
Se segui FR Tecnica già da un po', avrai potuto capire che io sono sempre stato un appassionato di meccanica e guida sportiva.
Mi emozionano le auto progettate per essere veloci, non solo per andare veloci, e mi emoziona vederle guidate al limite di ciò che le performance dinamiche dell'auto consentono. Sino ad'ora, qui in FR Tecnica, si è parlato spesso di dinamica del veicolo e di come le performance e il carattere dell'auto possano essere definite e costruite in fase di progetto. Abbiamo parlato di schemi sospensivi, telaio, stabilità, aerodinamica, assetto, guida sportiva...
Sarebbe un errore madornale però, per un blog che fa della divulgazione tecnica Automotive la sua missione, ignorare quello che è attualmente il campo maggiormente oggetto di ricerca quando si parla di dinamica del veicolo.
I SISTEMI DI CONTROLLO:
Più generalmente definiti Controlli o aiuti alla guida.
ABS, TCS, ESP, Cruise Control adattivi e non, Torque Vectoring e chi più ne ha più ne metta!
Tutti sistemi appartenenti a quest'unica grande famiglia.
"E va bene, ma che c'entra la LaFerrari che sbandiera?"
Anche qui entrano in gioco i controlli, ma abbi fiducia, ci arriveremo. 😉
Tutti i sistemi di controllo (sopracitati e non) hanno in comune una logica di base. L'obiettivo di questo articolo (il primo di una serie dedicata all'argomento) è cercare di spiegartela nel modo più semplice possibile (anche se, in realtà, tanto semplice non è 😅), così da poter parlare nei prossimi articoli dei controlli più disparati con una certa cognizione di causa.
Punto I - Definire un obiettivo:
Ogni sistema di controllo serve a qualcosa. La prima cosa da fare, perciò, è definire una manovra di riferimento e quale sia il comportamento che vogliamo dall'oggetto controllato (che nel nostro caso è l'auto, ma potrebbe essere anche un braccio robotico o un forno elettrico) in quella manovra. Ad'esempio l'obiettivo dell'ABS, in condizioni di frenata intensa, è far si che le ruote rimangano in condizioni di grip, così da mantenere la massima efficienza frenante, ma non basta!
Un certo Kelvin diceva: "Non puoi migliorare ciò che non puoi misurare!"
A questo punto, perciò, è necessario definire un indicatore o, per usare i termini corretti, uno STATO che sia misurabile e che ci permetta di verificare, in ogni istante, qual'è il comportamento dell'oggetto controllato. Per riprendere l'esempio dell'ABS, lo stato di interesse potrebbe essere la velocità di una singola ruota, di conseguenza si potrà dire che " l'obiettivo dell'ABS è quello di far si che la velocità di ogni singola ruota (stato di interesse) non si allontani da quella del veicolo (comportamento voluto) in modo da non bloccare e mantenere le condizioni di massimo grip."
La differenza tra il comportamento reale e quello voluto (sempre in termine di stato di interesse) è generalmente definita ERRORE.
Punto II - Trovare un attuatore efficace:
Una volta definito cosa si vuole controllare, bisogna definire come.
Trovare un attuatore efficace significa trovare uno stato che possiamo controllare in modo diretto che abbia un'influenza, più o meno diretta, sullo stato di interesse che vogliamo controllare.
Un esempio pratico per capirci:
Immagina di trovarti davanti a una bella tazza di caffè e di volerlo bere. In termini controllistici si potrebbe dire che l'oggetto controllato è la tazza, lo stato di interesse è la sua posizione e l'errore è la distanza tra la tazzina e la tua bocca. Scegliere l'attuatore giusto per cambiare la posizione della tazzina è cruciale, poichè non sempre c'è un'unica possibilità e, molte volte, non è solo una questione di efficacia, ma di efficienza.
Che l'attuatore scelto sia la mano oppure un piede, il nostro stato controllato sarà la posizione di quest'ultimo.
Punto III - Scegliere una filosofia di controllo:
Identificato cosa si vuole fare e su cosa agire per farlo, non resta che valutare come farlo. Attualmente, quando si implementa un controllo, i possibili approcci sono sostanzialmente due:
Feed-Forward (che potremmo chiamare anche controllo di Azione) o Feed-Back (che invece è un controllo di Reazione). Per capire le differenze tra i 2, farò ancora una volta un esempio pratico:
Consideriamo la situazione in foto: Lewis Hamilton in procinto di affrontare una curva. Il buon Lewis, prima di entrare in curva, ha un'idea precisa di quale sia la traiettoria che l'auto deve seguire e la velocità da tenere in ogni fase della curva per far si che sia la curva perfetta. Questo, come ormai avrai capito, è il comportamento voluto, mentre gli stati di interesse sono, in questo caso, la posizione dell'auto e la velocità.
Ora, se hai un'idea anche solo basilare di cosa significhi guida sportiva, saprai che in pista, per essere veloci, è necessario avere dei riferimenti (ad esempio il punto di staccata, il punto di corda o quello in cui bisogna cominciare a riaprire il gas). Il pilota vede la pista, visualizza la traiettoria da seguire e trova dei riferimenti per capire quando è il momento di agire.
Questo è in sostanza il feed-forward:
- Acquisire i dati dall'esterno e identificare la situazione in cui ci si trova;
- Visualizzare il comportamento target nella suddetta situazione;
- Farsi 2 calcoli (esempio: quanto dovrò premere il freno e per quanto tempo se arrivo a 300 all'ora e devo affrontare la curva ai 150);
- Agire di conseguenza al momento e con l'intensità giusta (quella calcolata in precedenza).
Quest'approccio ha due vantaggi fondamentali:
-> Velocità
-> Precisione
E' stato dimostrato che un pilota esperto ha un tempo di reazione tra 1 e 2 decimi di secondo, mentre un guidatore normale può andare dai 3 decimi sino a 1 secondo; in più, a causa del tempo di deformazione degli pneumatici e dei trasferimenti di carico, il tempo di risposta dell'auto da quando il pilota, ad esempio, gira il volante a quando l'auto inizia effettivamente a curvare può andare dai 2 decimi di secondo di un'auto da corsa fino anche ad 1 secondo per auto più "morbide".
Mettiamo quindi che da quando il pilota ritiene che sia il momento giusto di agire a quando l'auto effettivamente agisce passi circa un mezzo secondo.
In pista, però, il pilota definisce i suoi riferimenti affrontando la curva più volte avvicinandosi sempre più al limite e, a volte, anche superandolo. Quando trova il suo punto di staccata, il nostro Lewis sa che, se frena quando vede quel cartello, quel cordolo o quell'albero e tiene premuto il freno con una certa intensità per un certo tempo, l'auto entrerà in curva alla velocità giusta.
Quando, provando, il pilota impara a prevedere tutte queste cose, inconsciamente lui sta definendo nella sua mente un modello fisico di un sistema composto dall'auto e da se stesso che tiene conto di tutte le possibili variabili che determinano la correlazione tra ciò che lui vuole che l'auto faccia e ciò che l'auto effettivamente fa, compreso anche quel tempo di reazione complessivo di cui parlavamo prima. (Che macchina straordinaria il cervello umano! 😃) Tutto questo permette al pilota di compensare quel tempo di reazione e agire in anticipo affinchè l'auto faccia la cosa giusta al momento giusto.
La mente umana, però, ha dei limiti... e per quanto un pilota possa essere esperto o aver provato, se è al limite, prima o poi quasi sicuramente farà un errore di valutazione: frenerà leggermente troppo tardi, chiuderà troppo il volante o accelererà troppo presto destabilizzando l'auto.
Per fortuna il nostro cervello è in grado di implementare anche un controllo in Feed-Back!
Dando un'occhiata all'on-board della pole di Kimi Raikkonen al GP di Monaco del 2017, ma se segui un qualsiasi sport motoristico a 4 ruote non ti starò dicendo nulla di nuovo, noterai che i movimenti sul volante sono tutt'altro che netti e precisi. Il pilota, qui, è costretto continuamente ad effettuare micro-correzioni, a causa di irregolarità dell'asfalto o leggere sbavature di guida, per stabilizzare l'auto e far si che segua in ogni momento la traiettoria voluta alla velocità voluta.
Un controllo in feed-back in sostanza fa questo:
- Monitora direttamente lo stato di interesse, confrontandolo istante per istante con il comportamento voluto e definisce l'errore.
- Reagisce effettuando un'azione che influenzi lo stato di interesse in senso opposto tanto maggiore quanto più grave è l'errore.
Nota che, in questo caso, non si parla più di modelli matematici e azioni calcolate partendo da un modello fisico dell'oggetto controllato, ma solo di un'azione opposta all'errore la cui intensità dipende solo ed esclusivamente dall'errore stesso.
Per farti capire di che parlo, considera che il controllo in feed-back più basilare che si possa implementare è un controllo proporzionale, dove l'azione del controllo (A) è direttamente proporzionale all'errore (E) secondo una semplice formula del tipo:
A=k*E
Ora k è un termine costante che in genere viene tarato in modo sperimentale è che rappresenta in qualche modo l'aggressività del controllo. Mettiamo che, ad esempio, l'errore sia l'angolo tra dove punta l'auto e la traiettoria voluta, mentre A sia l'angolo di sterzo. Se k raddoppia significa che il pilota, nella stessa situazione, girerà lo sterzo il doppio.
I parametri di valutazione di un controllo in feed-back sono perciò l'aggressività e il tempo di reazione e, se il primo dipende da come è tarato il controllo, il secondo, come dicevamo prima, dipende principalmente dall'attuatore e, contrariamente a quanto visto per il feed-forward, non c'è modo di compensarlo con un controllo in feed-back.
Ok, direi che è decisamente arrivato il momento di provare a ricapitolare cercando di separare dagli esempi pratici quella che è la...
Teoria dei Controlli:
In sintesi, si è detto che la prima cosa da fare quando si implementa un controllo è definire QUANDO [manovra di riferimento] agisce e COSA [comportamento voluto] deve fare.
Abbiamo visto che è necessario definire uno STATO DI INTERESSE che ci consenta di confrontare il comportamento dell'oggetto controllato con quello voluto, definendo l'ERRORE.
A questo punto bisogna trovare un ATTUATORE che sia in grado di influenzare in modo più o meno diretto lo stato di interesse in modo efficace ed efficiente.
Abbiamo parlato, poi, di Filosofie di Controllo:
-> FEED-FORWARD:
1) Acquisire i dati necessari a riconoscere in quale manovra ci troviamo e identificare così il comportamento voluto.
2) Effettuare un'azione calcolata, basandosi su un modello matematico preciso del sistema dinamico completo e di come l'attuatore influenzi il comportamento del corpo controllato in termini di stato di interesse, per far si che il comportamento reale dell'oggetto controllato corrisponda a quello voluto.
-> FEED-BACK:
1) Monitorare costantemente lo stato di interesse definendo l'errore istante per istante.
2) Reagire, in ogni istante, con un'azione opposta all'errore dell'istante precedente la cui intensità dipende dalla "gravità" dell'errore stesso e da una serie di parametri, definiti in fase di progetto del controllo, che ne definiscono l'aggressività.
La distanza tra un'istante e quello successivo è, in sostanza, il tempo di reazione del controllo.
Qualche riflessione per concludere:
Il controllo universale e perfetto per tutto non esiste.
A volte si ha un modello matematico talmente robusto da essere sicuri che l'azione di un feed-forward sia sufficiente, altre volte il modello è debole è un sistema in feed-back è necessario. Altre ancora il tempo di reazione è tale da rendere inutile o addirittura dannoso l'utilizzo di un sistema in feed-back, mentre in alcuni casi il tempo di reazione è praticamente trascurabile.
Insomma, come ho detto, la logica di controllo universale non esiste e bisogna sempre trovare l'approccio più corretto nella casistica che ci interessa. Tuttavia, da ciò che ci siamo detti oggi, si possono trarre alcune linee guida:
1) In genere un controllo in feed-forward è potenzialmente più efficiente. Se ripensi al giro di Kimi, è intuitivo pensare che una guida piena di sbavature e correzioni è più stancante per il pilota di una pulita e precisa.
2) Tuttavia, quando l'auto alla Santa Devota perdeva il posteriore, se il buon Kimi non avesse corretto sarebbe finito dritto a muro e addio pole-position. Un controllo in feed-back permette di aumentare l'efficacia del controllo.
3) Un controllo in feed-back è, in genere, più lento di uno in feed-forward.
Va da se che, nella ricerca di un compromesso tra efficacia ed efficienza, così come nel giro di qualifica perfetto le correzioni sono poche e il pilota sa bene cosa aspettarsi dall'auto, l'ideale sarebbe avere un feed-forward efficace e un feed-back che vada a correggere il meno possibile. Quanto questo sia realizzabile dipende, all'atto pratico, dalla risposta a 2 domande fondamentali:
Quanto bene sono in grado di prevedere come il sistema reagirà all'azione del mio controllo?
[Robustezza del modello matematico]
Qual'è il mio tempo di reazione?
Bene! Direi che a questo punto abbiamo tutto ciò che ci serve per iniziare a parlare nello specifico dei sistemi di controllo.
Come sempre, se l'articolo ti è piaciuto non esitare a farmelo sapere con un like! 👍
Non perderti il prossimo capitolo!
Ciao! 😜
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