venerdì 10 novembre 2017

CONTROSTERZO: Quando la sterzata diventa un comando a basso livello



Sottosterzo e sovrasterzo.

Due parole che chiunque abbia un minimo di infarinatura in ambito automobilistico non può non aver sentito.  Due comportamenti dell'auto che chiunque abbia provato ad affrontare almeno una curva al limite (che sia con un kart o con il Pandino del nonno) non può non aver provato. 
 


Una piccola premessa:
 
Se segui questo blog da un po' di tempo e magari hai già avuto modo di esplorarlo un po' (parlo in particolar modo della visualizzazione da computer, la versione mobile è decisamente più minimal), avrai notato che cerco di suddividere i miei articoli in aree tematiche alternando articoli prettamente tecnici ad altri più incentrati sulla guida sportiva
Per trattare l'argomento a tutto tondo, però, l'articolo di oggi sarà un po' più "multidisciplinare": in particolare partiremo dal tecnico della teoria, ci immergeremo nel pratico della guida fino a sfociare nel tecnico degli accorgimenti di assetto che possono aiutarci ad arginare o sfruttare l'uno o l'altro fenomeno per migliorare il comportamento dell'auto. 

Cominciamo dall'inizio, cercando di definire in modo chiaro... 

Di cosa stiamo parlando:

Immagina di percorrere una curva a raggio costante (un anello), dapprima molto lentamente, per poi accelerare gradualmente aumentando a poco a poco la velocità. Aumentando la velocità, aumenterà la forza centrifuga e con lei la forza laterale esercitata dalle gomme sino a quando l'auto raggiungerà il suo limite di tenuta laterale; superato il limite la forza centrifuga l'avrà vinta e l'auto tenderà inevitabilmente ad allargare la curva.  
Questa triste storia americana può finire in 3 modi:


  

... e come disse un saggio pilota, sottosterzo è quando il muro lo vedi arrivare, sovrasterzo è quando senti solo la botta. 

Per superare questa definizione intuitiva che penso avessi già, è necessario considerare l'auto come un sistema dinamico che, dato in input un certo angolo di sterzo, restituisce in output un certo angolo di imbardata. 
Quando si parla di sistemi dinamici non si può non ricordare il concetto di stabilità; ti consiglio perciò di dare un'occhiata a questo articolo.  😉
In particolare ti richiamo 2 concetti fondamentali:

1) La definizione di stabilità come tendenza di un sistema a tornare al suo stato di equilibrio una volta perturbato.  

2) Il concetto di angolo di imbardata come orientamento del veicolo rispetto alla strada.  Da non confondere con l'angolo di assetto che invece identifica l'orientamento dell'auto rispetto alla direzione verso cui si sta muovendo.

Nel nostro caso la "perturbazione" al sistema è la sterzata in input; perciò, dato che, quando l'auto assume un comportamento sottosterzante, di fatto imbarda meno di quanto richiesto dall'angolo di sterzo, si tratta di un fenomeno strettamente legato al concetto di stabilità in quanto l'auto dimostra una tendenza a restare dritta (a mantenere quindi il suo stato di equilibrio!). 
Allo stesso modo, considerando il sovrasterzo come una tendenza dell'auto ad imbardare più di quanto richiesto dall'angolo di sterzo, si capisce che si tratta di un comportamento fondamentalmente instabile e legato al concetto di maneggevolezza. A questo punto entra in gioco un terzo concetto:

3) Il concetto di velocità di imbardata come velocità di rotazione del veicolo intorno alla verticale. Questo parametro viene preso come riferimento per valutare come l'auto risponde al comando di sterzo. Per capirci, a velocità costante, con un angolo di sterzo costante (ovviamente diverso da zero), l'angolo di imbardata di un'auto continua a cambiare, ma la velocità di imbardata, in condizioni di equilibrio, resta costante. 

Questo legame tra stabilità e risposta di sterzo si può facilmente trovare in esempi reali e può essere reso evidente per mezzo di alcuni semplici grafici. 
Tornando all'anello percorso a velocità lievemente crescente, ad esempio, il comportamento dell'auto all'aumentare della velocità può essere riassunto in questo grafico.


Se a basse velocità qualunque auto è in grado di tenere senza problemi qualunque angolo di sterzo richiesto, all'aumentare della velocità e con essa dell'angolo di deriva e delle forze laterali esercitate dagli pneumatici la stabilità dell'auto comincia a fare la differenza:  
Un'auto sottosterzante tenderà a imbardare sempre meno fino ad andare quasi completamente dritta (l'angolo di imbardata tende a 0 ma non si annulla mai del tutto), una sovrasterzante invece tenderà a chiudere la curva sempre di più fino a girarsi; la velocità a cui l'angolo di imbardata diverge ad infinito è detta velocità critica.
ATTENZIONE!
Il fatto che un'auto neutra mantenga l'angolo di sterzo richiesto non significa che mantenga la curva!  Ricorda che angolo di imbardata e angolo di deriva non sono la stessa cosa; un auto neutra tenderà a scivolare verso l'esterno sulle 4 ruote.  Stiamo parlando dell'orientamento dell'auto, non della sua traiettoria.   😉

In sintesi abbiamo visto che un'auto sottosterzante tende ad accostarsi su un certo angolo di imbardata, esattamente come un sistema stabile, mentre un auto sovrasterzante vede l'angolo di imbardata "schizzare" all'infinito, comportamento tipico dei sistemi instabili. 

Sin'ora abbiamo parlato di regime stazionario, ovvero a velocità e angolo di sterzo costanti, ma cosa accade se, a velocità costante, sterziamo bruscamente applicando di colpo un certo angolo di sterzo?   

Anche qui la stabilità dell'auto fa la differenza... 


Quando si parla di risposta dinamica (qui entra in gioco l'evoluzione del sistema nel tempo), è inevitabile che ci sia un transitorio; ovvero un certo lasso di tempo che separa l'input della brusca sterzata dalla risposta dell'auto in termini di imbardata.  Questo è dovuto principalmente ai trasferimenti di carico che passano attraverso le sospensioni e in particolare dalle molle e gli stessi pneumatici: sino a quando il trasferimento di carico non è completato, infatti, gli pneumatici non riescono ad esercitare forze laterali.   

Nel grafico ho tracciato in blu un comportamento tipicamente sottosterzante: l'auto non riesce mai a raggiungere l'angolo di sterzo richiesto costringendo il guidatore a sterzare di più per effettuare la stessa curva. 
In rosso invece è evidenziato un comportamento estremamente sovrasterzante con l'auto che si gira repentinamente non appena concluso il transitorio. 
In fucsia infine il compromesso ideale: un comportamento lievemente oscillante ma che si stabilizza, finito il transitorio, sull'angolo di sterzo desiderato. 

In realtà, a velocità costante, praticamente tutte le auto si comportano più o meno nel modo evidenziato in giallo o al limite in blu se la velocità è piuttosto alta...  e per la sicurezza stradale è giusto così, dato che su strada la maggior parte delle curve affrontate a più di 40 km/h viene percorsa a velocità più o meno costante. 
Solo i veicoli industriali, come tir o autoarticolati, possono presentare comportamenti lievemente instabili che oscillano attorno all'angolo di sterzo desiderato con un'ampiezza di oscillazione sempre maggiore sino a quando l'angolo di imbardata non diventa più recuperabile, ma non è un grosso problema in quanto il guidatore, in genere, corregge sul nascere queste oscillazioni stabilizzando il veicolo in modo istintivo. 

"Quindi, dopo tutto sto papiello, mi stai dicendo che le macchine in curva sono tutte buone!?"

A velocità basse e costanti diciamo di si.
Quando le velocità iniziano a salire (per chi più, per chi meno) la tendenza collettiva delle auto stradali è il sottosterzo.  
Tutto questo a velocità costante..  

Quando si spinge al limite o si è in una situazione di emergenza, però, difficilmente la velocità resta costante.  



Ed è in questi momenti che le buone auto e i buoni piloti fanno la differenza! 

Ma andiamo con ordine...  

Quando si guida al limite,(ricordi l'articolo in cui ti parlavo di traiettorie?) le curve si possono generalmente suddividere in 3 fasi: 

1) Frenata e inserimento
2) Percorrenza
3) Uscita e accelerazione

In ognuna di queste 3 fasi l'inerzia del veicolo genera uno spostamento di carico che, modificando la forza verticale agente sugli pneumatici, cambia radicalmente le proprietà di stabilità dell'auto. 

Partiamo dalla fase di frenata: 

Quando si pesta violentemente il pedale del freno, la decelerazione crea una forza di inerzia che spinge l'auto in avanti. (2a Legge di Newton, la puoi sperimentare facilmente quando sei in piedi nel pullman e l'autista frena 😜)
Questa forza ha un braccio di leva che, in genere, è tanto maggiore quanto più in alto si trova il baricentro dell'auto e, meccanica elementare, come tutte le forze munite di braccio di leva crea un momento che tende a far ruotare il telaio dell'auto attorno ad una retta definita asse di beccheggio.  
Questo momento viene controbilanciato dalle forze verticali che l'asfalto esercita sulle ruote (uguali e opposte a quelle che le ruote esercitano sull'asfalto; 3a Legge di Newton), perciò l'effetto dell'inerzia in frenata si traduce in un maggior carico verticale sulle ruote anteriori (che di conseguenza avranno più grip) e in un minor carico su quelle posteriori (che ne avranno meno). 

Questo cambiamento nel bilanciamento dei pesi dell'auto sposta il suo comportamento verso il sovrasterzo tanto più quanto..
1) Il baricentro è più alto da terra.
2) Il baricentro è spostato in avanti (caso tipico delle auto a trazione anteriore).

Quando si frena perciò l'auto tende a destabilizzarsi (vedi linea rossa nell'ultimo grafico che ti ho mostrato) e questo è fondamentalmente il motivo per cui è sempre meglio farlo a ruote dritte. 

In fase di percorrenza la velocità dell'auto rimane pressochè costante (deve essere così! Ricorda che gli pneumatici possono raggiungere la massima forza laterale solo se non esercitano forze longitudinali) quindi già sai ciò che c'è da sapere. 

In fase di accelerazione il peso si sposta sulle ruote posteriori e questo sposterebbe il comportamento dell'auto verso il sottosterzo, ma c'è un ulteriore fattore che entra in gioco: il tipo di trazione.  
Come ho già detto e abbiamo visto abbondantemente in questo articolo, gli pneumatici perdono progressivamente la capacità di esercitare una forza trasversale quanto più gli viene richiesto di esercitarne una longitudinale. Questo in genere dona un comportamento sovrasterzante alle auto a trazione posteriore che, se si dosa bene il gas, può compensare lo spostamento di carico che in questo caso viene sfruttato per aumentare la massima coppia trasmissibile a terra. Nelle auto a trazione anteriore, invece, la trazione peggiora la situazione rendendo l'auto ancora più sottosterzante in uscita di curva.

Da queste considerazioni si capisce il motivo per cui le auto da corsa (quelle progettate esclusivamente per correre come Formula e Prototipi) sono in genere a trazione posteriore e motore centrale: sono più stabili in frenata, più precise in accelerazione e i tempi sul giro ne giovano. 


Si capisce anche uno dei motivi per cui la maggior parte delle stradali sono a trazione anteriore; il sottosterzo essendo un fenomeno stabile è più facile da controllare rispetto al sovrasterzo, che richiede un pilota più esperto.  (anche se conosco parecchia gente che frenando in percorrenza di curva con una trazione anteriore se l'è vista abbastanza brutta... In situazioni di emergenza, un buon pilota fa la differenza con qualsiasi auto. 😜)

Bene, ora che sappiamo cosa succede all'auto ti starai chiedendo..  
Cosa può fare un buon pilota?

Come un marinaio sfrutta venti e correnti per portare la barca dove vuole lui, un buon pilota sfrutta l'inerzia dell'auto per farle fare ciò che deve; misurando l'input di volante che da' alla vettura in base ai movimenti che essa tenderà naturalmente a fare. 
In genere la capacità di entrare in sintonia con il mezzo è ciò che distingue i buoni piloti e si tratta di una questione quasi del tutto istintiva, si possono però identificare delle tecniche che consentono, una volta capito ciò che sta facendo la macchina, di sfruttare o correggere i suoi movimenti.

Consideriamo un classico tornante a lunga percorrenza di media velocità.  Diciamo che, guidando in pista un auto stradale che può essere una Giulia piuttosto che una Serie 3 o una Lexus IS, arriviamo alla curva a una velocità di 160 km/h, freniamo per percorrere la curva a 70km/h e riacceleriamo per cercare la migliore uscita di curva possibile.
Cosa fare se si ha:

-> Sottosterzo in ingresso curva:

Abbiamo visto che, in genere, in frenata le auto tendono a diventare più sovrasterzanti. Se, malgrado questo, l'auto in questo frangente si dimostra comunque sottosterzante probabilmente significa che sei semplicemente entrato in curva troppo forte.  In questo caso le soluzioni sono 2: 
- Frenare prima per arrivare alla curva ad una velocità a cui l'auto si dimostra più gestibile.
- Frenare più forte in modo da innescare un maggior spostamento di peso in avanti e dare più grip alle ruote anteriori a scapito delle posteriori. Questa tecnica è più rischiosa però dato che, se davvero sei entrato troppo forte, porta l'auto a destabilizzarsi non riuscendo comunque a chiudere la curva. 
Insomma è una tecnica che funziona per correggere le tendenze dell'auto, non gli errori del pilota.

Un discorso a parte si può fare per auto magari un po' più datate:
fino agli anni '80 le auto, considerando che le strade non erano le stesse di oggi, avevano gomme con spalla più alta ed erano impostate con sospensioni molto più morbide rispetto alle auto di oggi.  
Questa morbidezza, guardando l'ultimo grafico che ti ho mostrato a proposito della sterzata brusca, si traduce in un transitorio molto più lungo; ovvero un lasso di tempo in cui l'auto, non essendosi ancora trasferiti i carichi, non riesce ad esercitare forze laterali.  I piloti dell'epoca compensavano questo ritardo di risposta anticipando l'ingresso in curva e forzando lo spostamento di carico come ti spiego bene in questo articolo

-> Sovrasterzo in entrata di curva:  

Anche in questo caso, spesso la ragione è un semplice errore del pilota, entrato in curva troppo velocemente. Se l'auto si dimostra particolarmente sovrasterzante in ingresso curva, però, il pilota può sfruttare questa maggiore precisione per spigolare maggiormente la curva, ritardando il punto di corda e migliorando l'uscita senza perdere troppo terreno in percorrenza.

-> In percorrenza di curva...  

Se si presenta sottosterzo in questa fase il pilota può arginare il fenomeno semplicemente rallentando, ma i tempi sul giro ne risentono inevitabilmente. 
Il sovrasterzo in percorrenza invece può essere gestito controsterzando e giocando con il gas, imponendo all'auto l'angolo di imbardata necessario affinchè l'auto segua la traiettoria voluta. 
In questa fase è intuitivo che la gestione del sovrasterzo è decisamente più complicata di quella del sottosterzo; è anche vero però che il sovrasterzo, se gestito bene (sull'asciutto), influisce molto meno sui tempi sul giro rispetto al sottosterzo. Per questo motivo, spesso i piloti, davanti ad un'auto tendenzialmente sottosterzante, cercano di bypassare il fenomeno innescando un sovrasterzo volontario ad inizio curva con una "spendolata" o un colpo di freno.   

-> In uscita di curva:

In uscita il comportamento dell'auto, come dicevo prima, è molto influenzato da dove si trovano le ruote motrici; vediamo perciò in sintesi cosa abbiamo detto sin'ora per le auto a trazione anteriore e quelle a trazione posteriore. 

Le auto a trazione anteriore hanno, in genere, per via del motore trasversale, un baricentro più alto e spostato in avanti rispetto alle auto a trazione posteriore che possono presentare una ripartizione dei pesi bilanciata o spostata verso dietro a seconda che il motore sia posizionato anteriormente in posizione longitudinale, centralmente o al posteriore. 
Questo si traduce in un comportamento più stabile in ingresso e più instabile in uscita per le auto a trazione posteriore; l'esatto opposto per le trazioni anteriori. 

Un comportamento più instabile e maneggevole in uscita consente, in una trazione posteriore, di accelerare un po' prima rispetto a quanto si potrebbe fare con una trazione anteriore.  Allo stesso tempo, però, sarà più difficile uscire di curva in modo pulito e il pilota dovrà dosare attentamente il gas prima di spalancare. 

Con un'auto a trazione anteriore abbiamo visto che in genere si va a spigolare di più la curva in ingresso.  Quest'impostazione della curva consente di accelerare in uscita senza dover dare troppo angolo di sterzo... ed è una cosa sacrosanta! 
Se l'auto tende a tirare dritto in uscita di curva, l'unica cosa che il pilota può fare per non finire fuori è alzare il piede; cosa che gli farà perdere tempo non solo in quella curva, ma in tutto il successivo allungo.   

Nota:
Ovviamente quanto detto per le auto a trazione anteriore o posteriore non è una regola assoluta; specialmente quando si tratta di auto da corsa non è detto che un'auto a trazione posteriore sia stabile in frenata, anzi!  Molto dipende dai settaggi di angoli caratteristici delle sospensioni e rigidezza di molle e ammortizzatori...   



So cosa stai pensando...

All'inizio dell'articolo ti avevo promesso che saremmo entrati nel tecnico di questi accorgimenti di assetto vedendo cosa si può fare per correggere determinati comportamenti dell'auto. 
Scrivendo, però, mi sono reso conto che l'argomento, se trattato come merita, diventa davvero vasto e avrebbe reso quest'articolo davvero troppo troppo lungo.  Sarà l'oggetto del prossimo. 😉

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Noi ci vediamo alla prossima!  

Ciao  😜

domenica 1 ottobre 2017

L'IDEA DI FONDO: Come lavora l'aerodinamica di una F1

Spesso, quando tra Gennaio e Febbraio vengono presentate le nuove monoposto di F1, si leggono da ogni dove approfondimenti sull'unico aspetto visibile delle nuove auto: le appendici aerodinamiche. 
Personalmente, però, trovo un po' difficile, per un utente medio, comprendere fino in fondo l'utilità di un'appendice aerodinamica se prima non viene spiegato il funzionamento complessivo dell'aerodinamica delle monoposto in stile Formula.  In un'auto di F1, infatti, nessuna appendice lavora da sola e, senza le dovute premesse, qualunque approfondimento sull'argomento (anche se svolto e argomentato in modo magistrale) rischia di manifestarsi ai più come una vera e propria Supercazzola.


In quest'articolo, quindi, cercherò di spiegarti in che modo una monoposto Formula genera carico aerodinamico, per poi individuare quali sono le zone dell'auto in cui un'appendice aerodinamica assume un ruolo cruciale. Per farlo però sarà necessario ripassare...

...un po' di storia: 

Dagli albori del Campionato del Mondo di F1 ad oggi è possibile distinguere 4 fasi; ognuna caratterizzata da una precisa concezione della forma dell'auto in funzione della sua aerodinamica: 

1) 1950 / 1967 - Fase Aeronautica:  


Nei primi anni '50 la tecnologia impiegata nelle auto da corsa altro non era che quella degli aerei da combattimento della Seconda Guerra Mondiale applicata al campo automobilistico.  La forma a sigaro della carrozzeria ricorda infatti quella della carlinga di un aereo senz'ali con il posteriore che si va affusolando nella ricerca della minor resistenza all'avanzamento possibile.
Nel giro di 10 anni la forma delle auto viene sconvolta da importanti evoluzioni a livello telaistico e di distribuzione dei pesi che fanno passare l'aspetto aerodinamico decisamente in secondo piano, almeno sino al 1967...   


2) 1968 / 1977 - Il Tempo delle Ali:



Nel 1968 la Ferrari 312 F1 firmata Forghieri monta per prima un alettone al posteriore; entro la fine di quell'anno tutti adottano quella stessa soluzione. 
Da allora in circa 10 anni la forma delle auto viene del tutto rivoluzionata con l'intero corpo vettura che assume una forma mirata a deviare il flusso d'aria verso l'alto lavorando esattamente come un alettone generando, perciò, carico aerodinamico. 

3) 1978 / 1990 - L' Effetto Suolo: 

Con la Lotus 79 si apre una nuova era della F1. La rivoluzionarietà di quest'auto sta nello sfruttare per la prima volta i flussi d'aria che passano al di sotto del telaio (appositamente isolati tramite minigonne laterali) per generare carico aerodinamico grazie all'effetto Venturi. Dall'anno successivo si adatteranno tutti.


L'incremento di carico aerodinamico è notevole (molte auto di quegli anni, infatti, si dimostrarono estremamente competitive pur rinunciando alle ali anteriori e riducendo all'osso quelle posteriori) e il vertiginoso aumento delle velocità in curva (probabilmente unito alla tragica morte di Gilles Villeneuve) spaventò i vertici della FIA al punto che le cosiddette Wing Car vennero vietate a partire dall'83.
Da quell'anno la forma delle auto cambiò in modo importante: le ali tornarono a farsi imponenti, ma il concetto aerodinamico delle F1 non era cambiato e nel corso degli anni 80 gli ingegneri continuarono a sviluppare aerodinamicamente le vetture nel tentativo di tornare a sfruttare l'effetto suolo in qualche altro modo. Le auto, mantenendo infatti il fondo piatto e il diffusore, all'atto pratico non smetteranno mai fino in fondo di usare l'effetto suolo.

4) 1991 / Oggi - Sopra il Fondo c'è di più:



Nel 1991 per la prima volta si vede sulla Benetton un musetto rialzato. Inizialmente questa soluzione non si dimostrerà particolarmente efficace ma, una volta perfezionata, consentirà a Schumacher di dominare i campionati mondiali 94 e 95. Alla base della competitività di questa soluzione sta il fatto che, aumentando la portata di aria che investe le pance, è possibile sfruttarne il flusso per aumentare l'efficienza del diffusore, a patto che il flusso rimanga "attaccato" alle fiancate dell'auto per tutta la loro estensione. 
Ad oggi il concetto aerodinamico delle monoposto di F1 non è cambiato, ma l'evoluzione di questo stesso concetto ha portato le moderne vetture di F1 a raggiungere valori di carico di molto superiori a quelli raggiunti dalle suddette Wing Car.  

Ricapitolando...

Abbiamo visto che l'aerodinamica delle moderne F1 è mirata a sviluppare 4 aspetti fondamentali: 


1) Ridurre la resistenza aerodinamica. 
2) Generare carico attraverso le ali.
3) Generare carico attraverso i flussi al di sotto del fondo.
4) Generare carico ottimizzando i flussi al di sopra del fondo.

Considerando che la riduzione della resistenza aerodinamica meriterebbe un articolo apposito (e lo farò 😜) e che di ali ne abbiamo già parlato in questo articolo, oggi vorrei concentrare la tua attenzione sullo sfruttamento del fondo. Anche perchè, se hai letto della fase 3, avrai capito che l'effetto suolo è in grado di generare molto più carico di quanto non se ne possa ottenere dalle ali e, in Formula 1, è con il carico aerodinamico che si vincono i mondiali. 

Con l'aiuto dei risultati ottenuti da una simulazione CFD approssimativa eseguita su un modello CAD creato dal sottoscritto seguendo il regolamento tecnico F1 2017 (quello del logo 😉), cercherò di approfondire all'atto pratico quale sia l'effetto di alcune appendici aerodinamiche sui flussi d'aria che investono l'auto. 

Non hai la più pallida idea di come interpretare i flussi?   Tranquillo!  Quest'articolo l'ho scritto per te.

L'idea di Fondo:

Componente fondamentale per generare carico dai flussi al di sotto del fondo è il diffusore, la sua dimensione e la sua forma determinano la differenza di velocità e pressione del flusso d'aria prima e dopo averlo incontrato.


Come puoi vedere i flussi d'aria, molto ravvicinati sotto il fondo dell'auto, oltre ad essere deviati verso l'alto dal diffusore (che significa deportanza), si distanziano attraversandolo.
La cosa può essere interpretata affermando che dietro l'auto la pressione dell'aria e superiore a quella che c'è sotto, dove il flusso d'aria è più veloce come ci mostra anche la colorazione più tendente al rosso. 
Ora, se le pressioni dietro l'auto e al di sopra di essa fossero uguali, questa differenza di pressione sarebbe già sufficiente a generare una forza proporzionale alla superficie del fondo (ben maggiore di quella delle ali) che spinge quest'ultimo e l'intera auto con lui verso il basso. 
In realtà la pressione dietro l'auto è ancora minore rispetto a quella che c'è al di sopra di essa e questo è dovuto alla resistenza all'avanzamento: 
Come saprai, infatti, ad alte velocità dietro l'auto si crea una bolla di bassa pressione generalmente definita come scia; la differenza di pressioni tra sopra e sotto il fondo è quindi ancora maggiore e, allo stesso modo, è maggiore il carico aerodinamico generato.

E qui sfatiamo un primo falso mito sull'aerodinamica delle F1:

"Il diffusore genera carico senza aumentare la resistenza all'avanzamento" 

A parte che un'affermazione di questo tipo non può mai definirsi corretta in quanto, quando si genera deportanza, si parla sempre di resistenza indotta data dai vortici di scia e il diffusore non fa eccezione come puoi facilmente vedere...


 ... ma abbiamo visto che il diffusore dimostra addirittura di beneficiare della resistenza all'avanzamento dato che minore è la pressione dietro l'auto, minore sarà quella al di sotto del fondo. Proprio a questo proposito, a commento dell'articolo in cui si parlava di ali, un lettore appassionato di aeronautica mi fece notare che le ali posteriori delle F1 presentano un incidenza spropositata rispetto a quelle degli aerei che le rende dei veri e propri freni aerodinamici. 
Ora avrai capito che il freno aerodinamico e quindi la forma stessa dell'alettone posteriore è funzionale a far funzionare il fondo; quindi è vero che una modifica al diffusore aumenta meno la resistenza aerodinamica di una alle ali, ma le modifiche alle ali difficilmente sono fini a se stesse.
A proposito di freni aerodinamici, merita attenzione la soluzione sperimentata da McLaren nel 2014 per carenare i bracci della sospensione posteriore...


Ora dovresti avere un'idea abbastanza chiara di cosa succede sotto il fondo piatto di una Formula 1, facciamo quindi un ulteriore step provando a vedere cosa succede sopra. 

Il principio di base:

Se hai osservato bene la prima immagine CFD avrai notato che, se le linee di flusso tendono a distanziarsi attraversando il diffusore, i flussi tendono a ravvicinarsi una volta superata l'auto. Questo significa che l'aria, che tende a rallentare uscendo dal diffusore, accelera nuovamente dopo averlo superato. 
Maggiore velocità significa minore pressione e una minore pressione dietro l'auto abbiamo visto portare con se più deportanza; ma come fanno gli ingegneri ad accelerare il flusso d'aria in uscita dal diffusore? 

Semplice! La "spingono" utilizzando un flusso d'aria più veloce che, arrivando dalla superficie superiore del diffusore "tira via" con se l'aria che vien fuori dal diffusore sfruttandone la viscosità. 


Il difficile, a dir la verità, e far arrivare un flusso d'aria importante (più ce n'è meglio è) al di sopra del diffusore. L'idea di aumentare l'efficienza del diffusore in questo modo cominciò a diffondersi a metà degli anni '80, ma all'epoca l'aria veniva recuperata unicamente dalla zona delle pance; una zona molto "sporca" data la presenza delle turbolenze create dalle ruote anteriori... 


 

La rivoluzionarietà del musetto alto Benetton sta nel fatto di cominciare a considerare l'opportunità di sfruttare il flusso d'aria che investe l'auto frontalmente. Un flusso molto più pulito e potente che avrebbe un potenziale molto superiore se arrivasse al di sopra del diffusore. 
La difficoltà è data dal dover oltrepassare le pance facendo un "giro" di questo tipo.



Ricordando che un colore più tendente al rosso indica una maggiore velocità del flusso, puoi notare che la velocità del flusso d'aria che passa al di sopra del diffusore è superiore a quella dell'aria che investe il musetto dell'auto. 
Nota bene che in quest'immagine sono evidenziati solo i flussi d'aria che passano al di sopra del diffusore e l'ideale sarebbe che tutta l'aria che investe la zona al di sotto e ai lati del musetto finisse sul diffusore. 
Io, però, sono un umile studente universitario e sarei ridicolo se non ammettessi che il mio modello ha dei limiti; quindi non solo lo farò, evidenziando tutti i flussi che investono la zona inferiore e laterale del muso, ma sfrutterò i limiti del mio modello per mostrarti quali sono le zone cruciali che tutt'ora fanno la differenza tra i top team e tutti gli altri.  



Come puoi vedere una parte importante del flusso d'aria che investe il musetto si distacca dalle pance dell'auto finendo, inutilizzato, al di là delle ruote posteriori. Limitare questo fenomeno diventa cruciale per ottenere deportanza. Cruciali saranno quindi tutte le appendici aerodinamiche che circondano l'imboccatura delle pance nel punto in cui il distacco si fa più probabile. 
Osservando l'immagine noterai che è ben visibile una zona vorticosa proprio davanti alle ruote posteriori che crea una vera e propria bolla che devia notevolmente il flusso d'aria spingendo una buona parte dei flussi verso l'esterno della ruota posteriore. 
La formazione di questa zona turbolenta è da attribuirsi al disegno delle pance e in particolare al raggio della curvatura che esse hanno nella parte bassa dell'imboccatura. Fondamentale diventa perciò rastremare questa parte delle pance per ammorbidirne lo "spigolo". (cosa non facile dato che lì si trovano i radiatori) 

A proposito di rastremazione, è arrivato il momento di sfatare un altro falso mito; un vero tormentone del periodo delle presentazioni:

I confronti della zona detta Coca-Cola della macchina fatti dalle foto dall'alto.


Trovata rigorosamente su Google immagini. 

Mamma mia quanto mi fanno innervosire! 
Tutti giù a dire: "Mamma mia quanto è stretta dietro!" o "quella ce l'ha più larga, quindi è più lenta!"   😡


Tolto che non sempre una pancia rastremata è sufficiente per raggiungere buoni valori di carico, ciò che conta è il disegno complessivo, l'angolo e la larghezza all'imboccatura della pancia; ma soprattutto quello che conta è il disegno della pancia nella parte più bassa, dove la rastremazione è infatti maggiore. Disegno che in queste foto non è visibile affatto!  

Morale della favola? Confronti del tutto inutili. 

Concludo con una chicca: 

Se ricordi alla fine del ripasso storico ti dicevo che le moderne auto di F1 hanno raggiunto valori di carico aerodinamico di molto superiori rispetto alle Wing Cars di inizio anni '80... 
Ma come fanno a sfruttare così bene i flussi al di sotto del fondo senza avere la possibilità di isolarli con le minigonne, tutt'ora vietate? 

Hai presente quegli intagli sul fondo che le moderne F1 presentano davanti alle ruote posteriori?   Ecco più o meno come lavorano:



Sfruttando la spinta verso il basso data dalla rotazione della ruota posteriore, questi generatori di vortici creano una zona turbolenta, sopra e sotto il fondo; una sorta di bolla che ha l'effetto di isolare i flussi sotto il fondo lavorando come una vera e propria "minigonna aerodinamica". 
Per mostrarti meglio la loro efficacia ho evidenziato in giallo la zona turbolenta creata e in celeste i flussi sotto il fondo.

 
Ottimo! Anche oggi direi che di carne al fuoco ne abbiamo messa davvero tanta.
Ci tengo a precisare che, come ripeto spesso, io non sono un ingegnere, ma uno studente di Ingegneria e non posso avere la pretesa di aver scoperto tutti i segreti aerodinamici delle moderne vetture della massima Formula. Tutto quello che ho scritto è una mia interpretazione costruita sui miei studi e sulla mia conoscenza del mondo della Formula 1. Prendila semplicemente come una serie di consigli su come interpretare le forme delle monoposto.   😉
Come sempre, se hai trovato utile l'articolo o semplicemente ti è piaciuto, non esitare a farmelo sapere con un LIKE 👍

Noi ci vediamo al prossimo approfondimento...  Ciao!  😜 


martedì 19 settembre 2017

QUESTIONE DI CINEMATICA: L'importanza dello schema sospensivo


In uno dei miei primi articoli ti parlavo del mio personalissimo modo di valutare le auto; oggi voglio entrare nel dettaglio accompagnandoti in un viaggio all'interno di uno degli aspetti che sono per me fondamentali per definire la qualità di un'auto:
Lo schema sospensivo. 






Ma partiamo dall'inizio.

Quando parliamo di sospensioni, intendendo per sospensioni tutto ciò che separa le ruote e tutto ciò che ad esse è solidale (masse non sospese) dal telaio dell'auto e da tutto ciò che ad esso è ancorato (masse sospese), bisogna distinguere due aspetti fondamentali:

- La cinematica della sospensione, ovvero il modo in cui la ruota si muove rispetto al corpo vettura. 


- La dinamica della sospensione, cioè come quest'ultima reagisce alle forze che le ruote e il telaio le trasmettono.

Parlando di cinematica, è importante chiarire il fatto che la ruota, o meglio il portamozzo attorno al quale la ruota è libera di ruotare, possiede 6 gradi di libertà; il che significa che può muoversi nello spazio in 6 modi: traslare nelle 3 direzioni, ruotare nelle 3 direzioni. 
La sospensione ha il compito di vincolare 5 dei 6 gradi di libertà del portamozzo, lasciando alla ruota (escludendo il suo rotolamento naturale) la possibilità di effettuare un solo movimento. 

In termini di Handling, l'ideale per mantenere sempre la massima impronta a terra delle gomme, sarebbe che questo unico movimento svincolato fosse sempre perpendicolare all'asfalto. Il problema è che non esiste un cinematismo che sia in grado di farlo in ogni situazione.
Quando si parla di cinematica della sospensione, perciò, ci si riferisce proprio a questo unico movimento svincolato. 

Viene da se che la cinematica della sospensione dipende interamente da come il portamozzo è collegato al telaio, quindi dallo schema sospensivo. 

In particolare si definisce Camber Recovery (Recupero di Camber) la capacità della sospensione di mantenere la ruota perpendicolare al terreno quando l'auto rolla



Dallo schema sospensivo, però, dipende anche il comportamento dinamico della sospensione nei 5 gradi di libertà vincolati.
L'argomento è parecchio complesso e non entrerò troppo nel dettaglio, ma è importante avere chiari 2 concetti:


  1. Per definizione di vincolo, nei 5 gradi di libertà restanti la sospensione deve dimostrarsi quanto più rigida possibile. E' molto più facile che un braccio della sospensione si deformi elasticamente se lavora in flessione che se lavora in trazione e compressione.
  2. Il modo in cui lavorano i bracci della sospensione dipende da come il portamozzo è vincolato ad essi.

In sintesi, si può scegliere di usare più bracci facendo lavorare ognuno in una sola direzione (in genere in compressione), oppure si può ridurre il numero di componenti facendoli lavorare in più direzioni (compressione e flessione ad esempio).

"Ammazza che papiello!"
Ho cercato di semplificare il più possibile, ma certi concetti tecnici purtroppo non sono poi così semplici..  


Sei ancora con me? 
Bene!
Comincia la parte divertente dato che, ora che abbiamo la teoria, possiamo dare un'occhiata più tecnica ad alcuni schemi sospensivi che credo sia importante conoscere.

Partiamo da uno schema che, nella sua semplicità, ha fatto la storia dell'automobilismo: 

Il Ponte De Dion:

Applicato all'asse posteriore, è la massima evoluzione della sospensione dipendente. 
Le ruote sono collegate ad un unico componente vincolato al telaio attraverso un complesso sistema di aste chiamato Parallelogramma di Watt. 
Un ponte rigido è di fatto l'unico schema sospensivo in grado di garantire che le ruote restino perpendicolari al terreno in ogni fase di rollio e beccheggio (non in caso di buche o dossi presi con una singola ruota però..) e questo aspetto, insieme ad una gestione molto particolare dello spostamento dei pesi in fase di uscita di curva, ha permesso alle Alfa Romeo degli anni 70 e 80 di macinare vittorie su vittorie nelle categorie turismo di tutto il mondo.

Quando Alfa ha smesso di produrre auto a trazione posteriore, nei primi anni novanta, è tramontato del tutto l'utilizzo di questo sistema per uso sportivo.  
Il sistema è oggi desueto e vede il suo utilizzo ridotto solo a poche utilitarie 
(Smart ad esempio) principalmente per una ragione: il peso. 
Far passare tutte le sollecitazioni per un solo componente richiede che quest'ultimo sia resistente e, di conseguenza, pesante; in più bisogna considerare il peso del Parallelogramma di Watt. 
Considerando che si parla di masse non sospese, l'effetto sulla dinamica del veicolo non è indifferente. 
E' importante notare però che la forma triangolare del Ponte fa si che quest'ultimo lavori quasi unicamente in compressione quando si parla di forze laterali. 


Mentre Alfa Romeo, nei campionati Turismo, adottava questa soluzione sulla 75, BMW si contrapponeva ad essa adottando sull'asse posteriore di M3 e30 e successivamente e36 un sistema di..  



.. Sospensioni a bracci oscillanti   (Trailing Arms) :

 
Soluzione senz'altro più leggera rispetto al Ponte De Dion, ma decisamente meno valida a livello sia cinematico che dinamico, questo tipo di sospensione indipendente consiste in un braccio completamente ancorato al portamozzo libero di ruotare attorno ad un perno ancorato al telaio. 
Come dicevo, questo schema è meno valido al livello cinematico in quanto ha un recupero di camber quasi nullo. 
In più, essendo il braccio oscillante solidale al portamozzo, in frenata e percorrenza di curva il braccio tende a flettere verso l'interno del parafango dando alla ruota un angolo di divergenza che destabilizza l'assale posteriore rendendo l'auto nervosa.


A rendere desueto anche questo schema fu Mercedes, che in quegli anni cominciava ad ottimizzare un sistema che si sarebbe poi rivelato una soluzione obbligata per qualunque auto avesse anche la minima aspirazione sportiva... 



 Il Multilink:

Si definisce Multilink una sospensione posteriore indipendente a 5 bracci, uno per ogni grado di libertà da vincolare.
Questa sofisticata soluzione è senz'altro più pesante e costosa del sistema a bracci oscillanti, ma presenta una cinematica notevolmente migliore dato che consente un recupero di camber importante in compressione ( 50 - 70% in genere).

La presenza di un braccio per ogni grado di libertà da vincolare, poi, fa si che i bracci lavorino tutti in compressione e questo si traduce in ottime prestazioni dinamiche.  

L'ulteriore vantaggio di una completa regolabilità della geometria della sospensione l'ha infine resa un must per qualunque auto che abbia particolarmente a cuore l'Handling. 


Concludiamo quindi il capitolo assale posteriore con una soluzione nata più di recente e diffusasi a macchia d'olio in particolar modo tra le auto a trazione anteriore di media fascia. 

Il Ponte Torcente (Twist-Beam Axle):

In questa soluzione la ruota è collegata, tramite un braccio oscillante, ad un assale comune alle due ruote fissato al telaio. La differenza dalla soluzione a bracci oscillanti è che i bracci non sono liberi di ruotare attorno all'assale, ma sono saldati ad esso.  
E' definita una sospensione semidipendente poichè l'assale è progettato per essere rigido in flessione e tenero in torsione, in esso è infatti integrata anche la barra antirollio.

Dai punti di vista cinematico e dinamico il sistema presenta limiti simili alla soluzione a bracci oscillanti, ma si pone come una soluzione competitiva per le auto a trazione anteriore che, essendo tendenzialmente sottosterzanti, traggono giovamento da un posteriore meno stabile è più scattante risultando più bilanciate dal punto di vista della guida; tanto più che questo è un sistema tendenzialmente rigido.
In più si tratta di un sistema semplice ed economico da produrre, caratteristica che si sposa bene con le auto a trazione anteriore di fascia media. 


Passando all'assale anteriore, la soluzione più classica è senz'altro.. 


Il Quadrilatero Basso: 
  

Considerando che per l'assale anteriore c'è da vincolare un grado di libertà in meno (quello dello sterzo 😜), il quadrilatero basso altro non è che un applicazione dello stesso concetto del Multilink: 4 gradi di libertà da vincolare, 4 bracci suddivisi in due triangoli (uno superiore, l'altro inferiore).
Presentando gli stessi vantaggi dello schema Multilink, si pone come la soluzione più valida sia al livello cinematico che dinamico in termini di Handling.
Il problema sono gli ingombri. 

Un tempo utilizzata su quasi tutte le berline di fascia medio alta, ad oggi questa soluzione trova applicazione solo sulle auto più sportive a trazione posteriore e motore longitudinale. 

A metà anni 90, Honda risolse il problema implementando.. 
 

Il Quadrilatero Alto:

Il triangolo superiore, collocato più in alto, si rimpicciolisce e si collega al portamozzo mediante un montante che aggira la spalla della ruota. 
In questo modo diventa possibile collocare gli attacchi al telaio molto più vicini alla ruota, riducendo gli ingombri e consentendo di conseguenza l'applicazione di un sistema cinematicamente e dinamicamente molto valido anche su un auto a trazione anteriore e motore trasversale.

Prima del 95, per un'auto a motore anteriore trasversale, la scelta era praticamente obbligata... 


Lo schema McPherson: 

Semplice, economico e poco ingombrante, lo schema McPherson sostituisce il triangolo superiore con l'ammortizzatore stesso che, così caricato in modo flessionale, dovrà essere più spesso e resistente.
Questo tipo di sospensione presenta diverse criticità:

1) A livello cinematico presenta un camber recovery quasi nullo in compressione.

2) A livello dinamico si presenta molto poco rigida sia in termini di mantenimento dell'angolo di camber in caso di forze laterali, sia in termini di mantenimento dell'angolo di sterzo in frenata. 



Tutto questo si traduce in una diffusa tendenza al sottosterzo in ogni fase della curva, ma come dicevo era una soluzione obbligata per le auto a motore anteriore trasversale. 
Tant'è che trova applicazione a bordo di un mito dei rally...



Facciamo il punto: 

Attualmente la maggior parte delle auto a trazione anteriore di fascia medio bassa, principalmente per ragioni economiche, combina il ponte torcente e il McPherson.  Esempi validi sono Fiat Punto, Toyota Yaris, Opel Corsa ecc... 

Auto a trazione anteriore di fascia più alta montano il quadrilatero alto per un anteriore più preciso (Alfa 147 e Honda Civic ne sono un esempio), più raramente si vede uno schema Multilink al posteriore su una trazione anteriore. (Alfa Romeo Giulietta per dirne una..)

Sulle berline a trazione posteriore o integrale è soluzione quasi universale l'impiego di Multilink al posteriore e quadrilatero alto all'anteriore. 
Non mancano le eccezioni: Subaru Impreza e Mitsubishi Lancer montano all'anteriore uno schema McPherson; anche BMW fino alla serie 3 monta una versione ottimizzata del medesimo schema. 

Bene!
Direi che adesso hai tutti gli elementi per valutare un'auto secondo il suo schema sospensivo. 
Personalmente è il primo aspetto che guardo in un auto perchè, prima di ogni altra cosa, per me è importante come si guida.  😉

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Noi ci vediamo al prossimo articolo, ciao!   😃