lunedì 28 ottobre 2019

La F1 che vorrei... Andare avanti con un occhio al passato


"Il pilota deve guidare solo e senza aiuti." Articolo 27.1 del Regolamento Sportivo FIA F1, che ha decretato la squalifica delle Renault di Ricciardo e Hulkenberg dal Gran Premio del Giappone 2019.


Per chi si fosse perso gli avvenimenti di cui parlo, ecco una breve sintesi:
A quanto pare la Renault disponeva, sino allo scorso GP, di un sistema in grado di variare automaticamente, in dipendenza della posizione in pista, la ripartizione di frenata. Cosa che semplificava non poco la vita ai piloti della casa francese e che i commissari hanno giudicato conforme al regolamento tecnico, ma non a quello sportivo proprio in virtù del sopracitato articolo 27.1. 

A più di una settimana dall'accaduto è un po' tardi per riportare la notizia..  e in ogni caso non è di questo che si occupa FR Tecnica, ma questo avvenimento mi ha fatto riflettere su ciò che adesso è la F1 e su come proprio questo articolo del regolamento sia stato interpretato nel passato e come possa essere interpretato in futuro. Non è la prima volta, infatti, che l'articolo in questione si fa oggetto di polemiche. Se ricordi, qualche anno fa, sempre basandosi sullo stesso articolo si alzò un polverone riguardo ai team-radio. Per qualche gara fu vietato agli ingegneri dei vari team di fornire indicazioni di stampo tecnico ai piloti, sia per consigli di guida che per indicazioni sulle mappature da utilizzare in gara.

Ricordo, ad esempio, un Lewis Hamilton in totale crisi a Baku, nel 2016, asserire alla radio di stare provando combinazioni di tasti a caso sul volante per provare a risolvere un problema di settaggi della PU, con l'ingegnere all'altro capo che gli rispondeva "Ci dispiace Lewis, non possiamo dirti nulla".  Ricordo anche un Rosberg, lo stesso anno qualche gara dopo, chiedere per radio se il tempo fosse soleggiato, comunicando palesemente in codice con gli ingegneri per aggirare la stessa regola. 



Una regola che durò poco però, cedendo il passo davanti alla presa di coscienza che, ormai, non è più possibile per un pilota gestire da solo ogni aspetto tecnico dell'auto. Sono oggetti complicati e gli ingegneri di pista hanno una laurea apposta. 

Il compromesso attuale perciò è: i piloti fanno tutto da soli eseguendo alla lettera, nel caso, tutte le indicazioni degli ingegneri al muretto. Solo io noto dell'ironia dietro questa cosa? 😅

Se mi segui da un po', o hai dato uno sguardo alla pagina "Chi sono" di questo Blog, saprai che nella stagione 2018 mi sono occupato di Dinamica Veicolo e Controlli per il team di Formula Student del Politecnico di Torino. Occupandomi, tra le altre cose, anche di seguire e interpretare la telemetria dell'auto durante test in pista ed eventi dinamici, ho avuto modo di confrontarmi con una tecnologia che, prima di allora, non avevo mai preso in considerazione. La telemetria bidirezionale. 
 
La SC18 è una monoposto spinta da 4 motori elettrici indipendenti. Una configurazione che permette di implementare sistemi di controllo complessi che richiedono di seguire e modificare un discreto numero di parametri sia per regolare il comportamento dinamico dell'auto, sia per gestirne le temperature e il consumo di energia. Paradossalmente, per un Team di studenti, era più facile modificare questi parametri a distanza che implementare un volante in grado di gestirli tutti manualmente dall'interno dell'auto durante la guida. Il volante era perciò piuttosto semplice con poche regolazioni essenziali; mentre il grosso delle regolazioni elettroniche veniva fatto da chi si occupava di telemetria che, dagli spalti, seguiva il comportamento dell'auto e regolava i parametri di conseguenza. 

Ma era davvero un limite? 
Prova ad immaginare una F1 del genere:

Le auto sono esattamente come adesso, ma tutte le regolazioni necessarie a gestire le complicate Power Unit attuali (che rappresentano l'apice tecnologico dell'Automotive) vengono gestite automaticamente dall'auto o direttamente dagli ingegneri al muretto. Mappature, erogazione dei motori elettrici, ripartizione di frenata. Tutto gestito a distanza, lontano dagli occhi del pubblico. E il pilota? 

Il pilota guida e basta. A questo punto avrebbe senso vietare tutte le indicazioni tecniche al pilota da parte del muretto. 
Il pilota, solo e senza aiuti, potrebbe concentrarsi interamente sulla guida, sulla visione di gara e sulla gestione delle gomme. 

Immagina un'auto che è l'apice tecnologico, gestita da un volante semplice, come all'inizio degli anni '90... 



Gare più semplici da interpretare per il pubblico generalista, che non ha una diretta visione di una complessità che non gli interessa, ma ancora entusiasmanti per chi ha a cuore la tecnica, dato che la tecnologia sulle auto farebbe un salto in avanti, libera dai vincoli di retaggi passati. (Siamo in grado di sviluppare su strada auto che si guidano da sole, saremo in grado di fare auto che si gestiscano da sole, lasciando al pilota il solo compito di guidare no? )

In ambito aerospaziale la telemetria bidirezionale è una realtà già da molto tempo. 
In F1 fu vietata per una questione di affidabilità, ma la tecnologia è molto avanzata nel frattempo..  

E' soltanto un'idea. Una di quelle strane cose che pur non avendo nulla di concreto, alle volte sono riuscite a dare forma al Mondo.

Per questo ho voluto condividerla con te! 
Se ti è piaciuta condividila e fammelo sapere con un LIKE! 👍
In più, mai come adesso, non vedo davvero l'ora di sapere cosa ne pensi leggendo i commenti.
 

Noi ci vediamo al prossimo articolo, ciao! 😜

venerdì 25 ottobre 2019

NON SOLO STILE: Capitolo 2 - Disegnate dal vento


Quando le forme dell'auto hanno cominciato a distaccarsi da quelle di una carrozza, lo hanno fatto tenendo in conto di un fattore che già da parecchi anni, nella progettazione delle forme di un'auto, è considerato non trascurabile: la resistenza aerodinamica.
Di flussi aerodinamici, scia e resistenza all'avanzamento, se ricordi, avevo già cominciato a parlartene in questa breve guida pratica.
Nella guida ti spiegavo come le principali fonti di drag fossero vortici e turbolenze e, tra queste, la più grande di tutte fosse la scia.





Ma in che modo questo influenza lo stile delle nostre auto? 

Oggi parleremo proprio di questo, andando a vedere in che modo stile e aerodinamica si fondono nel cercare di ridurre la scia e le altre fonti di turbolenza limitando, di conseguenza, la resistenza all'avanzamento, aumentando la velocità massima dell'auto e riducendone i consumi. Cominciamo parlando di scia, ripassando ciò che già abbiamo visto con un breve riassunto delle puntate precedenti:

Nella breve guida che ti ho citato prima, già ti accennavo come la scia nasca nel momento in cui il flusso d'aria non riesce a seguire le forme del posteriore dell'auto. Se l'angolo di attacco del lunotto è minore di 62° rispetto alla verticale, infatti, il flusso d'aria si stacca e si creano i vortici che danno origine alla scia. (Ce lo dice uno studio sperimentale definito solido di Morel, lo vedremo meglio più avanti)
Il profilo fast-back, stile Porsche 911, molto di moda negli anni '70, ha alla base proprio l'idea di ridurre la scia cercando di restringere il profilo dell'auto il più possibile prima del distacco. Lo stesso però, come ti dicevo anche nella guida, deviando il flusso d'aria verso il basso, porta con se problemi di lift che vanno ad "alleggerire" il posteriore dell'auto ad alta velocità. In più, è stato dimostrato che, un profilo di questo tipo, porta al generarsi di vortici di scia che, se vogliamo, potrebbero essere interpretati come dovuti proprio alla generazione di lift, come ti spiegavo nell'articolo sulle ali in F1.


Nell'immagine CFD, puoi visualizzare chiaramente i vortici di scia. E' possibile inoltre identificare la zona dove si forma la scia; il colore blu indica che la velocità relativa del flusso rispetto alla carrozzeria è zero, ovvero che in quel punto c'è una bolla d'aria che si muove insieme all'auto. (Occhio! I vortici di scia e la scia non sono la stessa cosa. I primi sono vortici tridimensionali generati dall'impatto dei flussi che seguono la fiancata dell'auto con quelli che scendono dal lunotto, la scia è composta da vortici bidimensionali generati dal distacco del flusso dal lunotto, vedi immagine sotto) Attualmente, per le auto sportive, la forma fast-back resta un must per quanto riguarda l'angolazione del lunotto posteriore, ma viene generalmente abbinata ad uno spoiler o ad un'ala che neutralizzi la generazione del lift, anche a patto di aumentare la resistenza all'avanzamento. 





Lo stesso principio è seguito per le berline che, se una volta presentavano un angolo di attacco del lunotto posteriore tale da generare il distacco del flusso (vedi immagine di copertina), ora tendenzialmente vedono un attacco del lunotto più morbido, tale da evitare il distacco sino allo spoiler posteriore.


Per SUV, station wagon, berline compatte, utilitare e super-utilitarie, resta il problema della necessità di ottimizzare lo spazio di carico. Per questo motivo, il profilo hatch-back resta il più conveniente. 



In questo caso la scia sarà inevitabilmente più estesa, ma esistono degli stratagemmi per evitare che questo vada a impattare eccessivamente sulla resistenza all'avanzamento. Li vedremo nel prossimo capitolo 😉

L'idea di restringere la sezione dell'auto il più possibile prima del distacco del flusso, però, non si applica solo in vista laterale. La scia è un volume tridimensionale che va ridotto, per quanto possibile, anche in vista dall'alto. Per questo motivo, dall'abitacolo verso il posteriore dell'auto, si realizza una restrizione della sezione trasversale dell'auto che viene definita Boat Tailing e si realizza più o meno così.


E' interessante notare come questo intervento aerodinamico migliori anche lo stile dell'auto, facendo apparire il parafanghi posteriore più largo e aggressivo.

Tuttavia, nessuno di tutti questi accorgimenti necessari a gestire il distacco del flusso al posteriore sarà utile se il flusso si distacca dall'auto prima di arrivarci... ed è qui che entra in gioco l'anteriore dell'auto. Dal punto di vista aerodinamico, la forma ideale del frontale di un auto è generalmente identificata attraverso una serie di studi sperimentali svolti negli anni sia dai costruttori, sia attraverso ricerche universitarie. Se partiamo considerando il frontale dell'auto in vista dall'alto, lo studio di riferimento è il cosidetto solido di Pavlovski. 



Lo studio sperimentale di Pavlovski ci dice che il coefficiente di resistenza aerodinamica raggiunge un minimo per un rapporto tra raggio di raccordo degli spigoli frontali del solido e lunghezza dello stesso spigolo di 0.05. Per darti un'idea di cosa significhi, se il muso dell'auto ha un'altezza di 70cm, parliamo di un raggio di raccordo di 35mm... un raccordo molto più "spigoloso" di quanto si possa immaginare e di quanto normalmente si abbia su un'auto (almeno dal punto di vista macroscopico, vedremo meglio cosa intendo nel prossimo capitolo). Per questo motivo, in questi termini, si potrebbe dire che più è spigoloso il raccordo tra paraurti e parafanghi anteriore, meglio è dal punto di vista aerodinamico. 

Questo raccordo, però, è vincolato da altri 2 aspetti legati tra loro e decisamente non trascurabili. Gli ingombri interni e lo stile. 

Il primo lo abbiamo visto nel Capitolo 1 di questa rubrica. In particolare, ciò che ci interessa ricordare è che la configurazione di motore e trazione influenza in modo pesante il design del frontale. Un motore anteriore trasversale o longitudinale a sbalzo, essendo vincolato nel posizionamento alla posizione dell'assale anteriore, comporterà un frontale molto più sporgente rispetto alle ruote confrontato con un motore anteriore longitudinale centrale. 




A questo si aggiunge che, dal punto di vista estetico, maggiore è la sporgenza frontale, più è necessario aumentare il raggio di raccordo. (Non bisogna mai dimenticare che non a tutti interessa un'auto con un Cx al top, ma nessuno comprerebbe un'auto brutta... L'occhio vuole la sua parte!) Di conseguenza, le auto a trazione anteriore o integrale presentano generalmente un frontale più sporgente e arrotondato rispetto alle auto a trazione posteriore, portando con esso un coefficiente di resistenza aerodinamica più alto.  

Sempre dal punto di vista macroscopico, studi sperimentali analoghi a quello di Pavlovski vengono presi a riferimento per l'angolo di attacco del parabrezza e per la curvatura del tetto, ma sorvolerei perchè non sono grandi fonti di differenze stilistiche tra le varie auto. 
L'ultimo aspetto su cui vorrei focalizzare la tua attenzione, invece, è la forma del muso in vista laterale. 


Sino agli anni '80, la forma del muso delle auto era legata unicamente a 2 fattori:

-> Ingombro del radiatore, che imponeva una parte alta verticale e spigolosa.

-> Angolo di attacco minimo, che imponeva una parte bassa arretrata per aumentare la capacità dell'auto di affrontare una rampa in salita.

Questa conformazione del muso portava però con se 2 problematiche. Una di sicurezza in caso di impatto contro i pedoni, per questo motivo infatti, dagli anni '90, l'angolo superiore è andato arrotondandosi e allontanandosi dal radiatore.  La seconda è di natura aerodinamica: la parte inferiore che va arretrandosi, infatti, fa si che l'aria che impatta contro il muso dell'auto venga deviata verso il basso generando un pericoloso effetto di lift all'anteriore che fa si che il veicolo perda direzionalità ad alte velocità. 



Con l'avanzamento tecnologico degli ultimi anni, che ha permesso di produrre paraurti in plastica più elastici e morbidi, il raccordo della parte superiore del muso è andato nuovamente a diventare più spigoloso, tenendo in considerazione proprio i risultati dello studio di Pavlovski. La tendenza attuale, risultato di questa evoluzione, sono musi sostanzialmente verticali, come puoi vedere nelle figure sopra osservando, ad esempio, il muso di Alfa Giulia e Mercedes Classe C.

Bene! Ricapitolando...
In questo secondo capitolo della rubrica Non solo Stile ci siamo focalizzati sulle linee guida che indirizzano la progettazione delle linee macroscopiche dell'auto sia al posteriore che all'anteriore, dandoci una prima infarinatura riguardo agli studi sperimentali che fungono tutt'ora da riferimento per progettisti e designer.
Ora non resta che focalizzarci sulle linee di dettaglio che, posizionate con criterio, possono fare una grande differenza. 
Sarà l'argomento del prossimo capitolo! 😉

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Noi ci vediamo alla prossima, ciao!  😜