lunedì 28 ottobre 2019

La F1 che vorrei... Andare avanti con un occhio al passato


"Il pilota deve guidare solo e senza aiuti." Articolo 27.1 del Regolamento Sportivo FIA F1, che ha decretato la squalifica delle Renault di Ricciardo e Hulkenberg dal Gran Premio del Giappone 2019.


Per chi si fosse perso gli avvenimenti di cui parlo, ecco una breve sintesi:
A quanto pare la Renault disponeva, sino allo scorso GP, di un sistema in grado di variare automaticamente, in dipendenza della posizione in pista, la ripartizione di frenata. Cosa che semplificava non poco la vita ai piloti della casa francese e che i commissari hanno giudicato conforme al regolamento tecnico, ma non a quello sportivo proprio in virtù del sopracitato articolo 27.1. 

A più di una settimana dall'accaduto è un po' tardi per riportare la notizia..  e in ogni caso non è di questo che si occupa FR Tecnica, ma questo avvenimento mi ha fatto riflettere su ciò che adesso è la F1 e su come proprio questo articolo del regolamento sia stato interpretato nel passato e come possa essere interpretato in futuro. Non è la prima volta, infatti, che l'articolo in questione si fa oggetto di polemiche. Se ricordi, qualche anno fa, sempre basandosi sullo stesso articolo si alzò un polverone riguardo ai team-radio. Per qualche gara fu vietato agli ingegneri dei vari team di fornire indicazioni di stampo tecnico ai piloti, sia per consigli di guida che per indicazioni sulle mappature da utilizzare in gara.

Ricordo, ad esempio, un Lewis Hamilton in totale crisi a Baku, nel 2016, asserire alla radio di stare provando combinazioni di tasti a caso sul volante per provare a risolvere un problema di settaggi della PU, con l'ingegnere all'altro capo che gli rispondeva "Ci dispiace Lewis, non possiamo dirti nulla".  Ricordo anche un Rosberg, lo stesso anno qualche gara dopo, chiedere per radio se il tempo fosse soleggiato, comunicando palesemente in codice con gli ingegneri per aggirare la stessa regola. 



Una regola che durò poco però, cedendo il passo davanti alla presa di coscienza che, ormai, non è più possibile per un pilota gestire da solo ogni aspetto tecnico dell'auto. Sono oggetti complicati e gli ingegneri di pista hanno una laurea apposta. 

Il compromesso attuale perciò è: i piloti fanno tutto da soli eseguendo alla lettera, nel caso, tutte le indicazioni degli ingegneri al muretto. Solo io noto dell'ironia dietro questa cosa? 😅

Se mi segui da un po', o hai dato uno sguardo alla pagina "Chi sono" di questo Blog, saprai che nella stagione 2018 mi sono occupato di Dinamica Veicolo e Controlli per il team di Formula Student del Politecnico di Torino. Occupandomi, tra le altre cose, anche di seguire e interpretare la telemetria dell'auto durante test in pista ed eventi dinamici, ho avuto modo di confrontarmi con una tecnologia che, prima di allora, non avevo mai preso in considerazione. La telemetria bidirezionale. 
 
La SC18 è una monoposto spinta da 4 motori elettrici indipendenti. Una configurazione che permette di implementare sistemi di controllo complessi che richiedono di seguire e modificare un discreto numero di parametri sia per regolare il comportamento dinamico dell'auto, sia per gestirne le temperature e il consumo di energia. Paradossalmente, per un Team di studenti, era più facile modificare questi parametri a distanza che implementare un volante in grado di gestirli tutti manualmente dall'interno dell'auto durante la guida. Il volante era perciò piuttosto semplice con poche regolazioni essenziali; mentre il grosso delle regolazioni elettroniche veniva fatto da chi si occupava di telemetria che, dagli spalti, seguiva il comportamento dell'auto e regolava i parametri di conseguenza. 

Ma era davvero un limite? 
Prova ad immaginare una F1 del genere:

Le auto sono esattamente come adesso, ma tutte le regolazioni necessarie a gestire le complicate Power Unit attuali (che rappresentano l'apice tecnologico dell'Automotive) vengono gestite automaticamente dall'auto o direttamente dagli ingegneri al muretto. Mappature, erogazione dei motori elettrici, ripartizione di frenata. Tutto gestito a distanza, lontano dagli occhi del pubblico. E il pilota? 

Il pilota guida e basta. A questo punto avrebbe senso vietare tutte le indicazioni tecniche al pilota da parte del muretto. 
Il pilota, solo e senza aiuti, potrebbe concentrarsi interamente sulla guida, sulla visione di gara e sulla gestione delle gomme. 

Immagina un'auto che è l'apice tecnologico, gestita da un volante semplice, come all'inizio degli anni '90... 



Gare più semplici da interpretare per il pubblico generalista, che non ha una diretta visione di una complessità che non gli interessa, ma ancora entusiasmanti per chi ha a cuore la tecnica, dato che la tecnologia sulle auto farebbe un salto in avanti, libera dai vincoli di retaggi passati. (Siamo in grado di sviluppare su strada auto che si guidano da sole, saremo in grado di fare auto che si gestiscano da sole, lasciando al pilota il solo compito di guidare no? )

In ambito aerospaziale la telemetria bidirezionale è una realtà già da molto tempo. 
In F1 fu vietata per una questione di affidabilità, ma la tecnologia è molto avanzata nel frattempo..  

E' soltanto un'idea. Una di quelle strane cose che pur non avendo nulla di concreto, alle volte sono riuscite a dare forma al Mondo.

Per questo ho voluto condividerla con te! 
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In più, mai come adesso, non vedo davvero l'ora di sapere cosa ne pensi leggendo i commenti.
 

Noi ci vediamo al prossimo articolo, ciao! 😜

venerdì 25 ottobre 2019

NON SOLO STILE: Capitolo 2 - Disegnate dal vento


Quando le forme dell'auto hanno cominciato a distaccarsi da quelle di una carrozza, lo hanno fatto tenendo in conto di un fattore che già da parecchi anni, nella progettazione delle forme di un'auto, è considerato non trascurabile: la resistenza aerodinamica.
Di flussi aerodinamici, scia e resistenza all'avanzamento, se ricordi, avevo già cominciato a parlartene in questa breve guida pratica.
Nella guida ti spiegavo come le principali fonti di drag fossero vortici e turbolenze e, tra queste, la più grande di tutte fosse la scia.





Ma in che modo questo influenza lo stile delle nostre auto? 

Oggi parleremo proprio di questo, andando a vedere in che modo stile e aerodinamica si fondono nel cercare di ridurre la scia e le altre fonti di turbolenza limitando, di conseguenza, la resistenza all'avanzamento, aumentando la velocità massima dell'auto e riducendone i consumi. Cominciamo parlando di scia, ripassando ciò che già abbiamo visto con un breve riassunto delle puntate precedenti:

Nella breve guida che ti ho citato prima, già ti accennavo come la scia nasca nel momento in cui il flusso d'aria non riesce a seguire le forme del posteriore dell'auto. Se l'angolo di attacco del lunotto è minore di 62° rispetto alla verticale, infatti, il flusso d'aria si stacca e si creano i vortici che danno origine alla scia. (Ce lo dice uno studio sperimentale definito solido di Morel, lo vedremo meglio più avanti)
Il profilo fast-back, stile Porsche 911, molto di moda negli anni '70, ha alla base proprio l'idea di ridurre la scia cercando di restringere il profilo dell'auto il più possibile prima del distacco. Lo stesso però, come ti dicevo anche nella guida, deviando il flusso d'aria verso il basso, porta con se problemi di lift che vanno ad "alleggerire" il posteriore dell'auto ad alta velocità. In più, è stato dimostrato che, un profilo di questo tipo, porta al generarsi di vortici di scia che, se vogliamo, potrebbero essere interpretati come dovuti proprio alla generazione di lift, come ti spiegavo nell'articolo sulle ali in F1.


Nell'immagine CFD, puoi visualizzare chiaramente i vortici di scia. E' possibile inoltre identificare la zona dove si forma la scia; il colore blu indica che la velocità relativa del flusso rispetto alla carrozzeria è zero, ovvero che in quel punto c'è una bolla d'aria che si muove insieme all'auto. (Occhio! I vortici di scia e la scia non sono la stessa cosa. I primi sono vortici tridimensionali generati dall'impatto dei flussi che seguono la fiancata dell'auto con quelli che scendono dal lunotto, la scia è composta da vortici bidimensionali generati dal distacco del flusso dal lunotto, vedi immagine sotto) Attualmente, per le auto sportive, la forma fast-back resta un must per quanto riguarda l'angolazione del lunotto posteriore, ma viene generalmente abbinata ad uno spoiler o ad un'ala che neutralizzi la generazione del lift, anche a patto di aumentare la resistenza all'avanzamento. 





Lo stesso principio è seguito per le berline che, se una volta presentavano un angolo di attacco del lunotto posteriore tale da generare il distacco del flusso (vedi immagine di copertina), ora tendenzialmente vedono un attacco del lunotto più morbido, tale da evitare il distacco sino allo spoiler posteriore.


Per SUV, station wagon, berline compatte, utilitare e super-utilitarie, resta il problema della necessità di ottimizzare lo spazio di carico. Per questo motivo, il profilo hatch-back resta il più conveniente. 



In questo caso la scia sarà inevitabilmente più estesa, ma esistono degli stratagemmi per evitare che questo vada a impattare eccessivamente sulla resistenza all'avanzamento. Li vedremo nel prossimo capitolo 😉

L'idea di restringere la sezione dell'auto il più possibile prima del distacco del flusso, però, non si applica solo in vista laterale. La scia è un volume tridimensionale che va ridotto, per quanto possibile, anche in vista dall'alto. Per questo motivo, dall'abitacolo verso il posteriore dell'auto, si realizza una restrizione della sezione trasversale dell'auto che viene definita Boat Tailing e si realizza più o meno così.


E' interessante notare come questo intervento aerodinamico migliori anche lo stile dell'auto, facendo apparire il parafanghi posteriore più largo e aggressivo.

Tuttavia, nessuno di tutti questi accorgimenti necessari a gestire il distacco del flusso al posteriore sarà utile se il flusso si distacca dall'auto prima di arrivarci... ed è qui che entra in gioco l'anteriore dell'auto. Dal punto di vista aerodinamico, la forma ideale del frontale di un auto è generalmente identificata attraverso una serie di studi sperimentali svolti negli anni sia dai costruttori, sia attraverso ricerche universitarie. Se partiamo considerando il frontale dell'auto in vista dall'alto, lo studio di riferimento è il cosidetto solido di Pavlovski. 



Lo studio sperimentale di Pavlovski ci dice che il coefficiente di resistenza aerodinamica raggiunge un minimo per un rapporto tra raggio di raccordo degli spigoli frontali del solido e lunghezza dello stesso spigolo di 0.05. Per darti un'idea di cosa significhi, se il muso dell'auto ha un'altezza di 70cm, parliamo di un raggio di raccordo di 35mm... un raccordo molto più "spigoloso" di quanto si possa immaginare e di quanto normalmente si abbia su un'auto (almeno dal punto di vista macroscopico, vedremo meglio cosa intendo nel prossimo capitolo). Per questo motivo, in questi termini, si potrebbe dire che più è spigoloso il raccordo tra paraurti e parafanghi anteriore, meglio è dal punto di vista aerodinamico. 

Questo raccordo, però, è vincolato da altri 2 aspetti legati tra loro e decisamente non trascurabili. Gli ingombri interni e lo stile. 

Il primo lo abbiamo visto nel Capitolo 1 di questa rubrica. In particolare, ciò che ci interessa ricordare è che la configurazione di motore e trazione influenza in modo pesante il design del frontale. Un motore anteriore trasversale o longitudinale a sbalzo, essendo vincolato nel posizionamento alla posizione dell'assale anteriore, comporterà un frontale molto più sporgente rispetto alle ruote confrontato con un motore anteriore longitudinale centrale. 




A questo si aggiunge che, dal punto di vista estetico, maggiore è la sporgenza frontale, più è necessario aumentare il raggio di raccordo. (Non bisogna mai dimenticare che non a tutti interessa un'auto con un Cx al top, ma nessuno comprerebbe un'auto brutta... L'occhio vuole la sua parte!) Di conseguenza, le auto a trazione anteriore o integrale presentano generalmente un frontale più sporgente e arrotondato rispetto alle auto a trazione posteriore, portando con esso un coefficiente di resistenza aerodinamica più alto.  

Sempre dal punto di vista macroscopico, studi sperimentali analoghi a quello di Pavlovski vengono presi a riferimento per l'angolo di attacco del parabrezza e per la curvatura del tetto, ma sorvolerei perchè non sono grandi fonti di differenze stilistiche tra le varie auto. 
L'ultimo aspetto su cui vorrei focalizzare la tua attenzione, invece, è la forma del muso in vista laterale. 


Sino agli anni '80, la forma del muso delle auto era legata unicamente a 2 fattori:

-> Ingombro del radiatore, che imponeva una parte alta verticale e spigolosa.

-> Angolo di attacco minimo, che imponeva una parte bassa arretrata per aumentare la capacità dell'auto di affrontare una rampa in salita.

Questa conformazione del muso portava però con se 2 problematiche. Una di sicurezza in caso di impatto contro i pedoni, per questo motivo infatti, dagli anni '90, l'angolo superiore è andato arrotondandosi e allontanandosi dal radiatore.  La seconda è di natura aerodinamica: la parte inferiore che va arretrandosi, infatti, fa si che l'aria che impatta contro il muso dell'auto venga deviata verso il basso generando un pericoloso effetto di lift all'anteriore che fa si che il veicolo perda direzionalità ad alte velocità. 



Con l'avanzamento tecnologico degli ultimi anni, che ha permesso di produrre paraurti in plastica più elastici e morbidi, il raccordo della parte superiore del muso è andato nuovamente a diventare più spigoloso, tenendo in considerazione proprio i risultati dello studio di Pavlovski. La tendenza attuale, risultato di questa evoluzione, sono musi sostanzialmente verticali, come puoi vedere nelle figure sopra osservando, ad esempio, il muso di Alfa Giulia e Mercedes Classe C.

Bene! Ricapitolando...
In questo secondo capitolo della rubrica Non solo Stile ci siamo focalizzati sulle linee guida che indirizzano la progettazione delle linee macroscopiche dell'auto sia al posteriore che all'anteriore, dandoci una prima infarinatura riguardo agli studi sperimentali che fungono tutt'ora da riferimento per progettisti e designer.
Ora non resta che focalizzarci sulle linee di dettaglio che, posizionate con criterio, possono fare una grande differenza. 
Sarà l'argomento del prossimo capitolo! 😉

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Noi ci vediamo alla prossima, ciao!  😜



mercoledì 25 settembre 2019

" WHERE DO THEY FIND THE SPEED? " : Una mezza idea...


"Where do they find the speed?"
Se lo chiedeva Lewis Hamilton subito dopo le qualifiche di un GP di Singapore che ha visto la Ferrari portare a casa un'insperata doppietta tra le strette curve del circuito asiatico. 


Senza dubbio il risultato raccolto dalla Scuderia quest'ultimo fine settimana ha colto tutti un po' di sorpresa. La pista di Singapore è una pista di alto carico aerodinamico e, considerate le prestazioni che le Rosse avevano mostrato in Ungheria (ultima pista di alto carico in cui si era corso prima), le aspettative per il GP asiatico erano piuttosto basse. 

Dopo aver gridato al miracolo per qualche minuto, subito l'opinione comune di chi parla e scrive di F1 ha identificato nelle novità aerodinamiche portate da Ferrari quest'ultimo weekend il fautore del miracolo prestazionale... 

Beh, prima di procedere oltre con le citazioni indirette credo sia arrivato il momento di dirti che, personalmente (ricordando sempre che non sono un addetto ai lavori, ma solo uno studente di ingegneria che vede tutto da fuori e cerca di farsi un'idea), la vedo in modo un po' diverso. Del resto lo stesso Lewis Hamilton ha dichiarato nel post gara (e cito testualmente): 
"La Ferrari ha studiato un nuovo pacchetto aerodinamico che ora permette alla SF90 di essere competitiva su tutti i tipi di pista. Ma forse avevano già una buona macchina fin dall’inizio dell’anno e non riuscivano a sfruttare la giusta finestra di utilizzo, chi lo sa... Penso questo perché è improbabile che abbiano prodotto un upgrade così efficiente da migliorare così notevolmente le prestazioni rispetto a ciò che ci si sarebbe aspettato a Singapore"
(Fonte)

Io, personalmente, seguo la F1 in modo attento all'aspetto tecnico più o meno dall'anno del debutto di Hamilton e devo dire che non ho memoria di sviluppi aerodinamici portati a stagione in corso che migliorassero le prestazioni dell'auto di piu' di 3 decimi di secondo al giro. In Ungheria, in qualifica, le Ferrari di Vettel e Leclerc prendevano 5 decimi da Verstappen e Bottas; distacco che in gara divenne in media di 9 decimi a giro. C'è da dire che, con l'ultima specifica di motore, il grosso problema della differenza di passo tra qualifica e gara sembrerebbe essere stato, se non del tutto risolto, abbastanza arginato. Nell'ultima gara che abbiamo visto, poi, fare ragionamenti sul passo credo sia abbastanza fuori luogo; mi limiterò, perciò, a ragionare sulla qualifica.

Se si considera che in Ungheria il tracciato è più corto (si gira in 1.15), mentre a Singapore la pole di Leclerc è stata siglata in 1.36, considerando che in Ungheria la Ferrari perdeva in modo simile in tutti e 3 i settori, facendo una semplice
proporzione per comparare i distacchi dovremmo considerare il distacco preso in qualifica in terra magiara di poco meno di 7 decimi.
Quindi si passa da 7 decimi di ritardo a 2 decimi di vantaggio, per un delta totale di 9 decimi che, a mio modesto avviso, nell'ipotesi che Budapest e Singapore siano tracciati in tutto simili, è davvero un po' troppo per essere attribuito ad un unico pacchetto aerodinamico di aggiornamento, peraltro neppure così radicale (dopo tutto, almeno per quanto è stato possibile vedere per chi, come me, ha seguito il weekend di gara da casa, stiamo parlando di una modifica al muso e una ai deviatori di flusso sul fondo piatto..  aree di modifica che, sin'ora anche per altri team, non sono mai state così d'impatto come invece si sono dimostrate essere ali, diffusore, bargeboards). 



In uno sport complesso come lo è la Formula 1, difficilmente ciò che accade trova una spiegazione semplice e, anche in questo caso, credo che il discorso sia un po' più complesso di così. Ti va di seguirmi?

Andiamo per gradi...  


Se segui FR Tecnica da qualche mese, ricorderai che, dopo la prima gara dell'anno, pubblicavo un articolo in cui cercavo di darti un'interpretazione trasversale di quali potessero essere le cause della scarsa competitività che la Ferrari mostrò a Melbourne. 

In quell'articolo, partivo da una comparazione degli on-board dei giri di qualifica dove si notava come la Ferrari di Vettel perdesse più o meno dappertutto apparendo, in particolare, decisamente più goffa in inserimento rispetto alla Mercedes di Hamilton. Dopo un'analisi che, se non l'hai fatto, ti invito caldamente a leggere, concludevo che ciò che davvero rallentava la Rossa non fosse tanto una mancanza di carico aerodinamico, quanto una tendenza naturale al sottosterzo dovuta ad una sostanziale differenza nel disegno dei triangoli sospensivi. Suggerivo infine, in modo neanche troppo velato, che in occasione di quella gara le Ferrari avessero girato depotenziate per preoccupazioni riguardanti l'affidabilità.

Se la veridicità di quest'ultima ipotesi è stata confermata sin dall'appuntamento successivo in Bahrain, la situazione dal punto di vista della dinamica laterale è rimasta abbastanza criptica sino alla pausa estiva con la Rossa che si è dimostrata estremamente sensibile al tipo di pista su cui si correva. Facciamo un piccolo ripasso!
Sorvolando su quanto la Scuderia sia stata in grado di concretizzare il risultato, la Ferrari si è dimostrata particolarmente competitiva in termini di performance sui tracciati di:


- Bahrain
- Baku
- Canada
- Austria

- Germania

Mentre ha preso delle più o meno importanti batoste in: 

- Spagna
- Francia
- Ungheria


Senza dubbio una caratteristica comune a tutte le piste su cui la Ferrari è stata competitiva sono i lunghi rettilinei. Del resto il vantaggio competitivo dato, almeno in qualifica, dal motore Ferrari è stato evidente sin dal Bahrain.
Lunghi rettilinei che, però, sono presenti anche in Cina, a Silverstone o a Barcellona; piste dove Ferrari si è dimostrata decisamente più vulnerabile.

Prendiamo ad esempio Barcellona. Se ricordi, in occasione delle qualifiche del GP di Spagna, fece scalpore quanto le Ferrari perdessero oltre 7 decimi solo nell'ultimo settore del tracciato iberico.



Ultimo settore composto da curve tendenzialmente lente tra cui un curvone di lunga percorrenza dove il sottosterzo per la Ferrari si fa particolarmente evidente. Ora, aldilà del chiaro recupero che la Ferrari riesce ad effettuare in tutti gli allunghi, è abbastanza chiaro che su questo circuito Mercedes guadagnasse più o meno in tutte le curve. Il fatto che la Rossa soffrisse particolarmente nelle curve più lente del tracciato, però, dovrebbe farti riflettere su quanto questo possa essere attribuibile all'aerodinamica o al telaio.

Per chiarire meglio cosa voglio dire, introdurrò un paio di concetti teorici che potranno esserci utili. 

Il primo è il concetto di PUNTO NEUTRO:

E' un metodo alternativo per valutare se un'auto è sotto o sovra-sterzante. 
Si definisce come il punto virtuale in cui si applica la risultante delle forze agenti sull'auto (che in curva sono principalmente quelle, date dagli pneumatici, che spingono l'auto verso l'interno della curva).  


Come si può facilmente intuire dall'immagine, se il punto neutro cade dietro al centro di gravità (che è il punto dove è applicata la forza centrifuga) le 2 forze eserciteranno una coppia che farà tendere l'auto a virare verso l'esterno della curva. (Ovvero a sottosterzare!!) Al contrario, se il punto neutro è posizionato davanti al centro di gravità, l'auto tenderà ad essere sovrasterzante. 

Ora il punto neutro, essendo la risultante delle forze laterali esercitate dagli pneumatici (ricordi l'articolo in cui te ne parlavo?), è fortemente influenzato da come il carico verticale si distribuisce su di essi e si sposta pesantemente con i trasferimenti di carico in frenata e in accelerazione. Trascurando, per semplicità, questo aspetto, in auto da corsa come le F1 la sua posizione è influenzata in parte da parametri telaistici, come sospensioni e distribuzione dei pesi, la cui influenza è abbastanza indipendente dalla velocità dell'auto; in parte dal bilanciamento aerodinamico e qui entra in gioco il secondo concetto teorico di oggi: il CENTRO DI PRESSIONE.

Il centro di pressione indica il punto virtuale in cui si applica la risultante delle forze aerodinamiche generate dal corpo vettura. In pratica, la sua posizione definisce il bilanciamento aerodinamico dell'auto. Anche in questo caso la sua posizione è fortemente influenzata dai movimenti di beccheggio che l'auto ha in fase di frenata e accelerazione e, anche in questo caso, per semplicità, trascureremo quest'aspetto per rendere il discorso più semplice. (magari approfondiremo l'argomento più avanti in un articolo dedicato 😉) 
Tralasciando la sensibilità al beccheggio, il bilanciamento aerodinamico è un punto fermo, ma l'intensità della downforce che in esso è applicata cresce proporzionalmente al quadrato della velocità e, con quest'ultima, cresce l'influenza che la posizione del centro di pressione ha sulla posizione del punto neutro. Se definiamo punto neutro statico quello dovuto ai soli fattori telaistici, il punto neutro dell'auto si sposterà in funzione della velocità con un'andamento di questo tipo. 



Va da se che, più la velocità è bassa, più il bilanciamento dell'auto è influenzato da fattori telaistici; più è alta, più l'impatto dell'aerodinamica si farà importante.

Dopo il GP di Spagna, non a caso, circolarono voci riguardo al fatto che a Maranello stessero valutando di modificare la sospensione anteriore dell'auto; ma alla fine si è preferito compensare lavorarando sull'aerodinamica e sull'assetto. In che modo? Vediamolo.

Restando sull'aerodinamica, dal discorso fatto sin'ora avrai capito che bilanciare una tendenza telaistica con una aerodinamica opposta è un gioco non facile e, soprattutto, non è una cosa fattibile ad ogni velocità. Se, come nell'esempio in figura, l'auto è telaisticamente sottosterzante e si sposta in avanti il centro di pressione per compensare, l'auto sarà bilanciata solo a una certa velocità: al di sotto di essa il bilanciamento del telaio sarà predominante, al di sopra l'auto sarà sbilanciata in senso opposto. 
Inoltre, sul bilanciamento aerodinamico si può lavorare solo sulle piste a medio carico. Nelle piste a massimo carico (come l'Ungheria) o in quelle a carico minimo (vedi Monza) la configurazione aerodinamica da usare è praticamente obbligata.
Un esempio di come Ferrari abbia bilanciato il sottosterzo telaistico con il bilanciamento aerodinamico si è visto a SPA, dove, avendo possibilità di azione limitata sull'aumentare il carico generato dall'ala anteriore, Ferrari ha girato più scarica degli altri al posteriore (e complessivamente), ingigantendo le differenze con gli avversari sia in termini di velocità di punta nel primo settore, sia di tenuta laterale nella parte centrale (cosa che ha messo non poco in crisi le gomme posteriori durante la gara). Nell'appuntamento successivo a Monza, infatti, dove le ali erano in configurazione di carico minimo per tutti, la differenza sui rettifili c'è stata, ma non così importante quanto ci si sarebbe aspettati dopo aver visto SPA.


Ora parliamo di assetto. 


Qualche articolo fa, parlandoti del ruolo delle barre antirollio, ti spiegavo come, lavorando sulle rigidezze delle barre, si possa modificare il comportamento dell'auto. Per rinfrescarti la memoria, ti spiegavo che:

- Irrigidendo all'anteriore/ammorbidendo al posteriore si favorisce il sovrasterzo in ingresso curva e il sottosterzo in percorrenza di curva.

- Viceversa, ammorbidendo all'anteriore/irrigidendo al posteriore si favorisce il sottosterzo in ingresso e il sovrasterzo in percorrenza. 

L'assetto con cui si va in qualifica viene definito volta per volta e comprende la regolazione di moltissimi parametri, quindi è doveroso premettere che qualunque discorso a riguardo inevitabilmente sarà ipotetico e semplicistico.
Ciononostante, assumendo che ciò che ti dicevo nell'articolo post-Australia fosse vero, ovvero che la naturale tendenza al sottosterzo della Ferrari fosse più che altro da attribuire ad un discorso di rigidezze a terra legate al differente posizionamento dei centro di rollio degli schemi sospensivi di Mercedes e Ferrari (se hai dato un occhiata all'articolo dedicato proprio agli schemi sospensivi in F1, sai di che parlo), proprio le barre antirollio avrebbero permesso agli ingegneri di Maranello di compensare con l'assetto questa tendenza dell'auto.

In parole povere, se il tracciato presenta molti cambi di direzione e poche curve a lunga percorrenza l'assetto si sarebbe orientato sul bilanciare l'auto in ingresso, andando a peggiorare ulteriormente le performance dell'auto nelle lunghe percorrenze. (è il caso di Montreal, Montecarlo, Baku, Bahrain)

Viceversa, se il tracciato vede una preponderanza di curve di lunga percorrenza, la regolazione delle barre sarebbe stata orientata verso un'auto bilanciata in queste ultime a discapito della prontezza nei cambi di direzione. (vedi Cina, Silverstone, Spielberg, Hockenheim)

Che succede, però, se la pista vede la presenza di cambi di direzione e lunghe curve di percorrenza più o meno in egual misura?

Semplice! I limiti dell'auto vengono fuori.  (vedi Francia, Spagna e, soprattutto, Ungheria)

In sintesi:

  • Più la pista è completa, più è difficile compensare con l'assetto i limiti telaistici.
  • Se la pista è da massimo o minimo carico aerodinamico, non è possibile compensare più di tanto neppure lavorando sul bilanciamento aerodinamico. 
Ora, se nelle piste a minimo carico (e praticamente parliamo solo di Monza e, al limite, Montreal), il vantaggio motoristico può aver compensato ampiamente, si capisce perchè un tracciato come quello Ungherese (pista lenta e curve di ogni tipo) abbia rappresentato, per Ferrari, la tempesta perfetta.
Si capisce anche perchè a Monza le Rosse non abbiano dominato come ci si aspettava, ma vinto faticosamente e grazie al connubio tra strategia e difesa magistrale di Leclerc. Il motore ha fatto il suo, ma Monza presenta 3 cambi di direzione rapidi (Prima Variante, Seconda Variante e Variante Ascari) e 3 curve di percorrenza (le due di Lesmo e la Parabolica); dal punto di vista del set-up delle sospensioni è un tracciato piuttosto bilanciato che, perdipiù, non consente di lavorare più di tanto neppure sull'aerodinamica. 




Dopo Monza, arriviamo a parlare di Singapore. 



Mettendo insieme i pezzi, possiamo dire che si tratta di una pista a massimo carico aerodinamico, molto orientata ai cambi di direzione con praticamente nessuna curva di lunga percorrenza. Osservando la comparazione dei giri di qualifica di Leclerc e Hamilton si vede in modo abbastanza chiaro che, ancora una volta, Ferrari costruisce il suo vantaggio negli allunghi, riuscendo però a difendersi bene nelle curve secche del tracciato cittadino. E' anche abbastanza visibile, sui cordoli e sulle sconnessioni, come la Ferrari sembri destabilizzarsi maggiormente suggerendo la presenza di un set-up più rigido, in particolare all'anteriore. (si vede come Leclerc riesce ad aggredire i cordoli con maggiore difficoltà rispetto a Hamilton)

In conclusione, credo che le ragioni della competitività Ferrari a Singapore non siano tanto da ricercare negli aggiornamenti aerodinamici portati (che sicuramente avranno contribuito, ma non in modo miracoloso), quanto nella possibilità che la Ferrari ha avuto di poter bilanciare l'auto con l'assetto su questo tipo di pista. E' una mia personale interpretazione, ma credo trovi una parziale conferma proprio nelle parole del vincitore del GP, Sebastian Vettel:

“L’equilibrio trovato nelle ultime gare ci aiuta più dell’aggiornamento stesso (...) La parte anteriore e quella posteriore funzionano molto meglio insieme e questo ci aiuta in termini di performance”.  (fonte)

Cosa aspettarsi, quindi, dalle rimanenti 6 gare della stagione? 

A mio avviso c'è tutto il potenziale per vedere delle belle gare con una Ferrari che, finalmente, scrollatasi di dosso le pressioni da vittoria che tardava ad arrivare, sembra essere tornata in grado di concretizzare i risultati.
Ci saranno, tuttavia, piste più bilanciate dal punto di vista telaistico dove
credo che i limiti della Rossa torneranno a venire fuori.. (Penso a Suzuka e Interlagos, dove mi aspetterei una Ferrari un po' più sofferente)

Che dire, non resta che augurarci un bel prosieguo di stagione!

Noi ci vediamo al prossimo articolo, ciao!  😜 


Ps.
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sabato 14 settembre 2019

NON SOLO STILE: Capitolo 1 - Questione di Layout


Che differenza c'è tra una Porsche 911 4.0 GT3 RS, un' Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio e una Lotus Evora 430?
Hanno un peso tutto sommato simile, potenze confrontabili, ma penso concorderai con me sul fatto che sono auto molto diverse...
In cosa differiscono allora?
Ciò che le distingue si può principalmente riassumere in una parola:  LAYOUT



Se la definizione del Concept di Stile è la prima vera scadenza nel processo di progettazione di un'auto, la definizione del Layout dell'auto e dei principali ingombri (meccanici e non) è il primo fondamentale step necessario a definire a grandi linee quello che sarà il suo stile. 

In questo primo articolo della serie "Non Solo Stile" cominceremo ad analizzare i requisiti e i vincoli che si celano dietro l'aspetto estetico di un'auto, proprio partendo da questo primo fondamentale step.

Ma quali sono questi vincoli?


1 - Dimensioni dell'auto;

2 - Numero e posizionamento degli occupanti;

3 - Posizionamento del Powertrain;

4 - Sospensioni.

Ovviamente, nella definizione di ciascuna di queste caratteristiche, le linee guida che vengono sempre tenute in considerazione sono: 

  • Il target di clientela (o, per dirla in termini economici, la Domanda)
  • Ciò che i concorrenti offrono per quel target di clientela (ovvero l'Offerta) 

Non entrerò nel dettaglio delle analisi di mercato, non è questo l'obiettivo di FR Tecnica. Per capire davvero cosa c'è dietro lo Stile però, è importante "lavarsi di dosso l'ingenuità" e avere chiaro in mente un semplice concetto:

Se vuoi vendere qualcosa a qualcuno, è necessario creare qualcosa che ancora non esiste per assolvere a un bisogno che, per un certo bacino di persone, già esiste. Per farlo ci sono sostanzialmente 2 modi:

1) Fare e vendere qualcosa che sul mercato ancora non c'è;
2) Fare qualcosa che sul mercato già c'è... meglio degli altri.

Nel primo caso "l'arma principale" nelle mani del costruttore è proprio l'Indagine di mercato, nel secondo caso a quest'ultima si aggiunge la necessità di un sano Benchmarking; ovvero l'analisi di quello che i costruttori concorrenti offrono già. Non c'è da scandalizzarsi, perciò, nel sapere che ogni costruttore ha in magazzino decine di auto concorrenti che vengono provate, smontate e analizzate pezzo per pezzo per capire cosa fa sì che quel prodotto si accaparri una determinata fetta di mercato. E' tutto assolutamente normale. 


Associato ad un determinato target di clientela, probabilmente avrai già sentito parlare del concetto di Segmento
Se nel mercato Cinese o in quello Americano i segmenti vengono distinti da caratteristiche misurabili dell'auto (rispettivamente le dimensioni esterne e quelle interne); nel mercato Europeo il confine tra 2 segmenti è più sfumato in quanto, a caratterizzare il segmento, è il target di clientela o, meglio, le priorità che determinano la qualità percepita dell'auto. 

Tutto questo pippone sul marketing ti ha un po' confuso?  Tranquillo!

Entrando nello specifico dei singoli segmenti, sono sicuro che comincerà a diventare tutto più chiaro.  😉

Cominciamo dal basso:
 
Segmento A -> Super-utilitarie

L'auto di segmento A è sostanzialmente un'auto pensata per essere comoda nell'utilizzo in città. Le priorità, in termini di layout, saranno perciò:

1) Minimizzare le dimensioni esterne, per rendere più facile la vita nelle manovre di parcheggio;
2) Massimizzare lo spazio all'interno per aumentare non tanto la comodità, quanto la capacità di carico dell'auto. 



Gli occupanti perciò saranno 5 in posizione abbastanza eretta e alta in modo da aumentare la visibilità nella guida in città (parlando dei sedili anteriori) e la capacità di carico (per la fila posteriore). Gli ingombri meccanici saranno invece ridotti al minimo sfruttando un posizionamento del powertrain trasversale posizionato direttamente sull'assale delle ruote motrici (per evitare gli ingombri interni che darebbe il tunnel per l'albero di trasmissione) e degli schemi sospensivi compatti (in genere Mc-Pherson e ponte torcente).

Non sono auto pensate per lunghi spostamenti. La comodità degli occupanti, perciò, lascerà strada alla riduzione degli ingombri esterni che, in questo segmento, è la principale priorità.

Fanno parte di questa categoria Panda, 500, Ford Ka, Opel Agila, Hyundai i10, VW Up e altre.. 

Segmento B -> Sub-compact (utilitarie)

Il segmento B è probabilmente il tipo di auto che si vede in giro più facilmente. Sono auto per utilizzo generico. La riduzione degli ingombri esterni perciò lascia spazio ad una maggiore comodità degli occupanti. Per il resto le priorità e le soluzioni tecniche utilizzate sono abbastanza simili. 



La fascia di prezzo è generalmente medio-bassa (in genere non oltre i € 20.000) e con essa lo è in genere anche l'attenzione alle performance dinamiche dell'auto e alla qualità delle finiture interne.

Fanno parte di questo segmento Fiat Punto, Opel Corsa, Hyundai i20, VW Polo, Alfa MiTo, Ford Fiesta, Audi A1 e via discorrendo... 


Segmento C -> Compact (Berline compatte)

Sempre auto per uso generico, ma sale la fascia di prezzo e, con essa, le dimensioni dell'auto, l'attenzione al comfort e all'ergonomia nel posizionamento dei passeggeri, la qualità delle finiture, l'attenzione alle prestazioni dinamiche dell'auto. 


Il bacino di clienti si espande e con esse le possibili declinazioni dell'auto; troviamo infatti carrozzerie di tipo diverso:

-> Hatchback (2 volumi) per chi, pur scegliendo una fascia più alta, continua a prediligere un buon rapporto tra ingombri e capacità di carico. In Europa è il tipo di carrozzeria più diffuso.

-> Station-Wagon, per massimizzare le capacità di carico. Una volta molto diffuse sono ora in netto calo in favore dei SUV che riescono a fornire la stessa capacità di carico con un'estetica migliore. 

-> Berlina 3 volumi. Poco diffusa in Europa (parlando di questo segmento), sacrifica ingombri e capacità di carico in favore di estetica e prestazioni dinamiche. Le auto di segmento C (a volte anche B) a 3 volumi sono le più vendute nei mercati asiatico e sud-americano.

Generalmente il posizionamento del powertrain rimane trasversale sulle ruote motrici, anche se si cominciano a vedere schemi sospensivi più elaborati e votati alle prestazioni dinamiche dell'auto come quadrilatero alto all'anteriore e multilink al posteriore.
Fanno parte di questo segmento VW Golf, Fiat Tipo, Alfa Giulietta, Opel Astra, Audi A3, BMW Serie 1, Mercedes Classe A, Ford Focus ecc...


Segmento D -> Mid-size (Berline di fascia media)

La fascia di prezzo e tutte le priorità che ad essa sono associate continuano ad aumentare. In particolare la qualità percepita all'interno dell'auto, il comfort e le prestazioni dinamiche dell'auto cominciano ad essere aspetti preponderanti. Anche l'aerodinamica aumenta la sua importanza in quanto, trattandosi di auto di fascia superiore pensate per spostamenti più lunghi e velocità più alte, l'attenzione per il comfort acustico, così come quella per la riduzione della resistenza aerodinamica cominciano ad essere importanti.

Sparisce la configurazione Hatchback in favore delle berline 3 volumi. Le Station-wagon, anche se sostituite sempre più dai SUV, continuano a rappresentare, in Europa per questo segmento, la più importante fetta di mercato.  Situazione diversa nel mercato nord-americano dove le berline 3 volumi la fanno da padrona. Fanno la loro comparsa versioni con carrozzeria coupè fastback o cabrio.



Dal punto di vista degli ingombri meccanici, il tunnel centrale per l'albero di trasmissione, in molti casi, non è più visto come un problema ma come un indice di qualità dell'auto. Sempre più frequenti diventano le configurazioni a trazione posteriore o integrale associate ad un posizionamento del motore anteriore longitudinale (centrale, come nel caso di Giulia e BMW, o a sbalzo, vedi Audi).

Il motore longitudinale e le maggiori dimensioni dell'auto lasciano spazio a schemi sospensivi più articolati. 
Quadrilatero e multilink sono praticamente un must da questo segmento in su.

Non mi soffermo più di tanto per i segmenti E (Executive, vedi BMW serie 5) e F (Luxury, vedi BMW Serie 7) per i quali continuano a salire prezzo e dimensioni.
Passo rapidamente anche sui SUV, una volta considerati un segmento a parte, che attualmente si stanno affermando come una sorta di "configurazione di carrozzeria alternativa" per ciascuno dei segmenti descritti sopra. 

Nella classificazione a segmenti non rientrano poi tutte le auto che possiamo definire Sportive, Supercar, GT, Roadster. 
A questo proposito, un piccolo approfondimento lo merita, senza dubbio, la categoria delle...

Supercar:

Per questo tipo di auto, immagine e prestazioni sono la priorità. I sedili posteriori generalmente vengono meno, mentre la necessità di avere la trazione posteriore (o integrale), l'abbassamento del centro di gravità e il contenimento e bilanciamento dei pesi, le dimensioni del powertrain e la geometria degli schemi sospensivi, nonchè le forme aerodinamiche e filanti dell'auto godono di un maggiore riguardo da parte dei progettisti. La carrozzeria, vedremo il motivo nei prossimi capitoli della serie, assume generalmente una configurazione fastback e gli ingombri esterni (almeno per quanto riguarda la lunghezza) non sono un problema.

Vediamo quache esempio:



Nell'immagine la Ferrari 550 Maranello. Motore V12 posizionato all'anteriore in modo centrale (ovvero dietro l'asse anteriore) longitudinale, scatola del cambio al posteriore integrata nel differenziale per bilanciare i pesi. Le sospensioni sono a quadrilatero basso. 

Ci tengo a farti notare quanto le dimensioni e il posizionamento del motore influenzino le forme dell'auto. In particolare la distanza tra l'assale anteriore e l'abitacolo. E' anche interessante notare come il disaccoppiamento tra il motore e l'asse delle ruote motrici consenta un posizionamento più basso dello stesso, che è si ideale per l'abbassamento del centro di gravità, ma consente anche di avere una linea più filante e meno imponente all'anteriore. (Per capire di che parlo puoi fare il confronto con la configurazione longitudinale a sbalzo dell'Audi che, dovendosi collocare sopra la trasmissione, è necessariamente più in alto; cosa che influenza pesantemente sia la distribuzione dei pesi, sia la linea stessa dell'auto e in particolare l'altezza del cofano motore e la distanza tra l'assale anteriore e il punto dove termina il muso dell'auto. Un discorso simile vale anche per le configurazioni a motore anteriore trasversale.)

Vediamo un altro esempio di Supercar:


Ferrari 360 Modena. Motore V8 longitudinale centrale, sospensioni sempre a quadrilatero basso. 

Anche in questo caso il diverso posizionamento del motore influenza pesantemente la linea dell'auto che vede adesso il guidatore posizionato molto più vicino all'assale anteriore.  La necessità di posizionare importanti prese d'aria per il raffreddamento del propulsore, impone una linea più muscolosa al posteriore rispetto a quanto visto prima. 

Una configurazione a motore centrale può essere, in alcuni casi ottenuta anche in modo trasversale. 
E' il caso, ad esempio, dell'Alfa Romeo 4C.



Tutti i discorsi sulla linea dell'auto fatti per la 360 Modena continuano a valere, ma l'utilizzo di un motore più piccolo posizionato in modo trasversale consente di ridurre in modo considerevole gli ingombri. E' interessante notare come l'adozione di questo tipo di configurazione abbia costretto i progettisti ad impiegare uno schema McPherson al posteriore, mentre all'anteriore la soluzione migliore continua ad essere il quadrilatero basso. 

Infine abbiamo la classica configurazione Porsche 911:


In questo caso il motore è posizionato in modo posteriore longitudinale. Anche qui, l'influenza sulla linea dell'auto è evidente con l'abitacolo molto vicino ad entrambi gli assali e la coda che sporge in modo preminente dietro l'assale posteriore. Su questo classico anni '80 sono montate sospensioni McPherson all'anteriore e a bracci oscillanti al posteriore. Nelle moderne 911 (vedi immagine di copertina) la configurazione motore è sopravvissuta così come lo schema McPherson all'anteriore; i bracci oscillanti al posteriore (che rendevano quest'auto una vera bara su 4 ruote 😨) sono oggi sostituiti da una più sofisticata e sicura configurazione multilink. 

Proviamo a ricapitolare: 

1) La prima scadenza nel processo di progettazione di un'auto è la definizione del concept di stile. 

2) Il primo passo necessario a definire lo stile dell'auto è la definizione del Layout di quest'ultima. Ovvero:

               - Dimensioni dell'auto

               - Numero e posizionamento degli occupanti

               - Posizionamento del powertrain

               - Spazio dedicato alle sospensioni

3) Per definire il Layout è necessario avere chiaro qual'è il segmento di mercato in cui vogliamo collocare l'auto. 
In altre parole, bisogna definire con chiarezza quali sono le priorità dei nostri potenziali clienti.  

4) Infine abbiamo visto alcuni esempi di come diversi layout influenzino pesantemente le linee e le proporzioni dell'auto.

Nel leggere l'articolo poi, sono sicuro che avrai notato anche tu come le priorità nella definizione del layout siano andate modificandosi con il salire della fascia di prezzo dell'auto. Se per le Supercar abbiamo visto tante diverse configurazioni meccaniche portare a pesanti differenze in termini di estetica, proporzioni e dimensioni; per le auto più piccole ed economiche sono più che altro le forme e gli ingombri esterni ad obbligare la disposizione dei passeggeri e delle componenti meccaniche.

Bene! Anche questo articolo finisce qui.
Come sempre, se ti è piaciuto, puoi farmelo sapere con un LIKE 👍
Probabilmente questo articolo ti sarà sembrato un po' più "statico" del solito, ma darti una visione d'insieme era un passo necessario per poterci addentrare nell'argomento e capire cosa c'è dietro le forme di un'auto. Il bello viene adesso! 
( o meglio, nel prossimo capitolo! 😜) 
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Ci vediamo alla prossima!  Ciao 😉





venerdì 28 giugno 2019

INGRESSO E PERCORRENZA: Il doppio ruolo dell'Anti-Roll Bar



Quando se ne prepara l'assetto, le barre antirollio sono senza dubbio uno dei principali parametri che si possono controllare per modificare il comportamento dell'auto. Attraverso le barre antirollio, infatti, è possibile controllare con precisione il comportamento a rollio dell'auto in modo svincolato da quello a beccheggio; separando, perciò, la dinamica laterale da quella longitudinale.

Ma che cos'è una barra antirollio?

Innanzitutto non necessariamente una barra!
Un'antirollio è infatti , per definizione, un'elemento elastico cinematicamente vincolato alle sospensioni in modo da deformarsi solo quando il veicolo rolla, rimanendo indeformato, invece, in fase di beccheggio. 


Ci sono tantissimi modi di implementare un sistema che rispetti la definizione che ti ho appena dato:  Molle elicoidali posizionate in obliquo, piccole balestre sollecitate a flessione, elementi idraulici... Lo schema più implementato e diffuso, però, è una barra collegata ad entrambe le sospensioni di un assale che viene sollecitata a torsione in fase di rollio.



Se hai letto l'articolo sull'importanza dello schema sospensivo, dovresti riconoscere di che schema si tratta. Se sei un appassionato, riconoscerai che si tratta dello schema caratteristico della sospensione anteriore dell'auto in copertina: l'Alfetta GTV6. Beh, sappi che non sono immagini scelte a caso... Questo schema, infatti, mi permette anche di chiarire la differenza tra due elementi che vengono spesso confusi: barre antirollio e barre di torsione.
 

Le barre di torsione, evidenziate in blu, sono elementi elastici che vanno a tutti gli effetti a sostituire le tradizionali molle, agendo in modo indipendente in corrispondenza della corsa delle singole sospensioni. La barra antirollio, invece, evidenziata in rosso, è un elemento elastico, collegato ad entrambe le sospensioni, che viene sollecitato a torsione solo nel momento in cui le due si muovono in modo opposto (ovvero in rollio), mentre ruota liberamente quando la corsa delle due sospensioni è parallela (ovvero in beccheggio).
In entrambi i casi, la rigidezza delle barre dipende da sezione, materiale e lunghezza. (In genere, per una questione di ingombri, si agisce sulla sezione)

Bene! Fatte tutte le presentazioni del caso, direi che è arrivato il momento di fare un passo indietro e guardare il quadro d'insieme, abbandonando per un attimo l'aspetto puramente meccanico e focalizzandoci sugli effetti che questo elemento ha sulla dinamica complessiva del veicolo. 

Per visualizzare come la rigidezza delle barre influenzi il comportamento dell'auto in curva, immagina di affrontare una curva a velocità costante...

FASE DI INSERIMENTO:


Come ti dicevo qualche articolo fa, parlando di spostamenti di carico o di tempi al Nurburgring, in fase di inserimento avviene un trasferimento di carico verso l'esterno della curva che porta l'auto a rollare; le gomme non scaricano del tutto le forze a terra fin quando questo transitorio non è finito e, più le sospensioni sono rigide, più questo transitorio sarà rapido. 

Facciamo un passo avanti...

Abbiamo detto che, tramite le barre antirollio, è possibile modificare la rigidezza in rollio dei singoli assali. Immaginiamo perciò, ad esempio, di avere una rigidezza a rollio maggiore sull'assale anteriore di quanto non lo sia sull'assale posteriore. Al momento di inserire l'auto in curva, si innescherà il transitorio di cui ti parlavo prima, ma sull'assale anteriore terminerà in anticipo rispetto a quanto accade sull'assale posteriore. Ci sarà perciò un momento in cui l'assale anteriore, terminato il transitorio, comincerà a seguire la traiettoria desiderata, mentre il posteriore, più lento, non sarà ancora in grado di esercitare forze laterali e tenderà a partire per la tangente. Viceversa, con un posteriore più rigido, sarà l'anteriore a cominciare la curva in ritardo.

 Un discorso diverso vale invece in...  

PERCORRENZA DI CURVA:


Ricordi quando, parlandoti di trasferimenti di carico, ti dicevo che questi ultimi non vengono influenzati dalle rigidezze, ma solo da peso, altezza del baricentro, passo e carreggiata dell'auto? 

Questo è assolutamente vero in termini complessivi, nel senso che, se parliamo di rollio, modificando la rigidezza complessiva dell'auto a rollio, il trasferimento di carico laterale complessivo non cambia. Utilizzando rigidezze a rollio differenti tra i due assali, però, è possibile modificare il modo in cui il trasferimento di carico si distribuisce tra davanti e dietro...  In che modo?

Te lo spiego:



Quella che vedi in figura, può essere interpretata come una rappresentazione semplificata della cassa veicolo che, soggetta ad un'accelerazione centrifuga, si "corica" in rollio. Le sospensioni sono rappresentate, per semplicità, come un assale rigido, ma il discorso che stiamo per fare si può serenamente estendere a qualunque schema sospensivo. 

Se accettiamo il modello in figura come una rappresentazione dell'intero veicolo, possiamo dire che le molle rappresentino l'insieme delle rigidezze che, in parallelo, agiscono a rollio; ovvero le molle delle 4 sospensioni e le 2 barre antirollio. 

Qualora a colazione non mangiassi pane e ingegneria, è giusto chiarire che delle rigidezze in parallelo, per definizione:

1) Si sommano.
2) Hanno la stessa deformazione. In questo caso la deformazione è data dall'angolo di rollio Փ che, trascurando la deformazione torsionale dell'auto (molto minore rispetto a quella delle molle), è lo stesso sia per l'assale anteriore che per quello posteriore.

Considerato che la somma delle differenze di forza generate dalla rotazione della cassa veicolo, altro non è che il trasferimento di carico laterale, si può scrivere che, per l'intero veicolo:

[Trasferimento di carico] = [Rigidezza complessiva a rollio] * [Angolo di rollio]

Dove, ad una data accelerazione laterale, il trasferimento di carico è una costante e, di conseguenza, a una maggiore rigidezza a rollio corrisponderà un minor angolo di rollio e viceversa.

Una volta definito in questo modo l'angolo di rollio, però, lo stesso modello e la stessa equazione si possono applicare separatamente ai singoli assali. In questo caso sarà l'angolo di rollio ad essere costante e, all'aumentare della rigidezza a rollio di un determinato assale, aumenterà con esso anche il trasferimento di carico sul singolo assale. 

Morale della favola: 
Aumentare la rigidezza in rollio di un assale aumenta il trasferimento di carico su quell'assale in percorrenza di curva e di conseguenza, come ti spiegavo nell'articolo dedicato ai trasferimenti di carico, ne diminuisce la tenuta di strada.

Ricapitolando...

 
Nell'articolo sui tempi al Ring, ti dicevo che, in termini di rigidezza complessiva dell'auto, in linea teorica, la regola è: 
"più rigida è, meglio è"; con il limite superiore dato dalle sconnessioni sulle quali l'auto deve rimanere stabile. 

Per quanto riguarda le barre antirollio, irrigidire la barra aumenta la precisione in ingresso dell'assale corrispondente, riducendone la tenuta in percorrenza. Gli effetti perciò si possono sintetizzare come...

Anteriore + rigido / Posteriore + morbido:

+ Sovrasterzo in ingresso curva
+ Sottosterzo in percorrenza di curva

Anteriore + morbido / Posteriore + rigido:

+ Sottosterzo in ingresso
+ Sovrasterzo in percorrenza 

Bene! Anche per oggi direi che abbiamo messo abbastanza carne al fuoco.
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Noi ci rivediamo al prossimo articolo... Ciao!  😜