giovedì 31 maggio 2018

Automotive: Un futuro "Elettrizzante" ?


L'auto elettrica (o quella ibrida) sembra presentarsi in questi ultimi anni come il paradigma dell'auto del prossimo futuro.
I motori a combustione interna (soprattutto i Diesel) sono visti da molti come delle soluzioni obsolete che si trascinano, nel vano tentativo di rispettare i limiti di inquinamento sempre più stringenti imposti dai vari governi del Mondo Occidentale, solo grazie alla spinta data dalle grandi Multinazionali del petrolio.  


Un tema importante per un mondo Automotive che appare alle porte di una svolta epocale; un'occasione ghiotta per chi, come il sottoscritto, ha opinioni divergenti, qualche esperienza e qualche nozione tecnica sull'argomento da condividere...



In pieno stile FR Tecnica, in quest'articolo cercherei quindi di trattare l'argomento, per quanto vasto sia, nel modo più completo possibile, magari partendo dagli aspetti puramente tecnici di questa tecnologia. Non posso, però, fare a meno di constatare che in questo caso non stiamo trattando semplicemente un argomento tecnico, ma un vero e proprio fenomeno sociale; appunto un cambio di paradigma.  Ciò che sembra stia cambiando è, infatti, l'idea di apice tecnologico che l'utente medio ha dell'Automobile. 

Per questo motivo, prima di parlare di tecnica, credo sia opportuno fare una breve panoramica del fenomeno dal punto di vista sociale e di mercato, partendo da dove tutto è cominciato..  

Un uomo, una Visione, un Supereroe...   

Tutto è cominciato 10 anni fa, quando Elon Musk, imprenditore Sudafricano arrivato al successo dopo la vendita di Paypal (di cui fu co-fondatore), vide, con la Tesla Roadster, arrivare su strada quella che era la sua visione di Auto: Elettrica, Lussuosa, Performante.   



Per la prima volta nella storia, l'auto elettrica non era più l'utilitaria ecologica che i grandi colossi dell'auto avevano immaginato già negli anni '90..  L'auto elettrica era un'auto vera, sportiva. Un'idea che supera quello che allora come negli anni 90 era il grosso limite dell'elettrico, i costi di produzione, semplicemente cambiando il target di clientela, puntando a chi può permettersi di spendere di più per averla. Un'idea geniale, vincente, come geniale e vincente è la figura di Elon Musk, che già allora era considerato il paradigma dell'imprenditore visionario e illuminato. 

Elon Musk e Tesla avevano rivoluzionato il concetto di auto elettrica, ma l'idea vincente di cambiare il target di clientela poneva un importante limite agli effetti che questo cambio di paradigma poteva avere sul mercato di massa; il bacino di clienti a cui si rivolgeva Tesla era un mercato di nicchia.  


Per arrivare alle masse c'era bisogno di un Supereroe! 


Il 2008 è anche l'anno del debutto cinematografico di un'altro imprenditore visionario: Tony Stark.  Un personaggio che, dall'avere numerosi punti di contatto con la figura di Elon Musk, finisce per l'essere chiaramente ispirato ad essa in vari aspetti del carattere e, appunto, della sua Visione del mondo, della tecnologia. 

Ciò che Tony Stark trasmette alle masse (e stavolta parliamo di volumi ben maggiori di quelli di Tesla) è l'evoluzione dell'idea di tecnologia che passa attraverso l'evoluzione del suo personaggio: dall'arrogante e potente mentalità del tipico magnate delle armi Americano a quella pulita e socialmente impegnata del reattore Arc e della tuta Ironman..  Una tecnologia che passa dal puro hardware della rudimentale armatura costruita battendo il metallo rovente nella grotta in medio-oriente all'interattività di JARVIS e del garage iper-tecnologico di casa Stark.  



Se vogliamo, la lotta che vede il nuovo, illuminato concetto di tecnologia contrapporsi al vecchio (impersonato dal terribile Obadiah Stane) impregna l'intera trama del film del 2008 e si concretizza infine nello scontro finale dove il giovane Davide si scontra contro l'imponente Golia, sconfiggendolo per astuzia e agilità. 


Se ci pensi, un altro brand automobilistico sceglie da subito di legare la propria immagine a quella di Tony Stark, un brand che, da allora, su questo concetto "interattivo" di tecnologia ha puntato tutto rivoluzionando in qualche modo la sua immagine..  ma questa è un'altra storia.  😉

Nel mondo Automotive, Tesla ha nel tempo incarnato in modo sempre maggiore quest'idea di tecnologia.  Un idea di tecnologia che credo possa essere ben rappresentata dall'ormai celebre Light Show della Tesla X: 




Bene, con questo abbiamo visto ciò che il Mondo e il Mercato hanno visto... Questo però è un blog di Tecnica.
Cerchiamo perciò di andare oltre il Marketing, spostando lo sguardo dall'idea di tecnologia alla tecnologia stessa alla base dell'auto elettrica. 

Nel mezzo mi sembra una tappa obbligata quella di citare alcuni degli stereotipi sull'auto elettrica radicati nell'immaginario collettivo, concetti che potremmo dire essere universalmente accettati e presi per buoni..  Una sorta di assiomi sull'argomento:  

1) Un'auto elettrica non potrà mai avere le prestazioni di un'auto termica.
2) Un'auto elettrica è più silenziosa. 
3) Un'auto elettrica è più efficiente.
4) Un'auto elettrica è più pulita di un'auto a combustione.

Stereotipi che riguardano alcuni degli aspetti fondamentali di qualunque auto: Performance, Comfort, Efficienza, Inquinamento

Personalmente, credo che il modo più efficace per affrontare gli aspetti tecnici di questa panoramica sul mondo dell'auto elettrica/ibrida senza dilungarsi troppo in dettagli sui vari componenti, a proposito dei quali si potrebbero scrivere (e in effetti l'hanno già fatto 😅 ) svariati libri, sia quello di seguire questi 4 temi condividendo direttamente con te..   

Cosa ho imparato sull'auto elettrica negli ultimi 4 anni:


A proposito di Performance:

A parità di potenza massima erogata le curve di coppia e potenza di un motore elettrico (linee continue) sono di gran lunga superiori a quelle di un motore termico (le linee tratteggiate non rispecchiano proprio le curve di coppia e potenza di un termico, ma rendono l'idea).
Niente vuoti di coppia ai bassi regimi, niente cali di potenza in allungo, un'erogazione che rende non più necessari cambi a 5 o 6 rapporti perchè il motore sia sfruttato sempre al massimo, poichè 1 o 2 rapporti si rivelano più che sufficienti. Il tempo in uno "sparo" giova, così, non solo dell'erogazione di coppia più corposa e del migliore allungo, ma anche dell'eliminazione dei tempi di cambiata. Le stesse Tesla hanno dimostrato in vari confronti di essere sorprendentemente competitive nello 0-100.


Il vero handicap delle auto elettriche in termini di performance è il peso: la capacità energetica degli ioni di litio è notevolmente inferiore a quella di qualunque carburante utilizzato attualmente per le auto a combustione e questo si traduce in più peso a parità di autonomia. Per raccontarti la mia esperienza diretta, in Formula Student l'evento di maggiore durata è l'Endurance: una gara su una distanza di 22 km. I prototipi progettati dagli studenti di tutto il mondo sono perciò costruiti per avere esattamente quell'autonomia e, se a un'auto a combustione, per raggiungerla, è sufficiente un serbatoio da pochi litri di carburante (un peso che si aggirerà attorno ai 5 kg o poco più), per un'auto elettrica è necessario un pacco batterie del peso di 40-50 kg; un peso che, se per un prototipo pone un notevole handicap in termini di Handling, per un'auto stradale pone un vero e proprio limite all'autonomia dell'auto stessa, poichè, ad esempio, non è ritenuto accettabile che una berlina superi di molto le 2 tonnellate di peso e questo limite al peso si traduce in un limite alla massima autonomia.  Per darti qualche numero sulle auto stradali, la massa di una BMW Serie 5 si aggira intorno ai 1600 kg, quella di una Tesla Model S è sui 2200. 

C'è però da dire che la tecnologia riguardante le batterie è in rapidissima evoluzione e non c'è motivo di credere, a mio avviso, che con il tempo il peso delle auto elettriche diminuirà e l'autonomia andrà ad aumentare.  

Se il pacco batterie si dimostra essere tra i componenti più critici da posizionare, i motori elettrici, di contro, hanno il vantaggio di essere molto più flessibili di uno termico: se ne può utilizzare uno con trasmissione classica, due ripartiti uno per assale o addirittura posizionare un motore per ogni ruota.  Quest'ultima configurazione dà un'incredibile libertà per ciò che riguarda i controlli elettronici e questo è senz'altro un vantaggio in termini non solo di handling, ma anche di trazione in generale, dato che ogni motore può scaricare coppia indipendentemente dagli altri solo in base all'azione del pilota e alle condizioni di lavoro della gomma in quell'istante.  Un discorso che meriterebbe un'approfondimento dedicato..  Magari un'altra volta.  😜


A proposito di Comfort:




In genere, quando si parla di comfort, raramente si fa riferimento al sistema propulsivo. Del resto i punti di contatto non sono molti e si riducono sostanzialmente a rumore e vibrazioni.  Se è vero che un motore elettrico per sua natura, non essendoci scoppi, è più silenzioso e trasmette meno vibrazioni di uno termico, è anche vero che l'isolamento fonico e sospensivo dei motori termici ha fatto passi da gigante in termini tecnologici, tant'è che già ora, per le auto di fascia superiore, le principali fonti di rumore sono considerate essere il rotolamento degli pneumatici e le turbolenze aerodinamiche; in particolare quelle provocate dagli specchietti retrovisori. Elementi che prescindono dal sistema propulsivo insomma. 

La prima volta che ho visto un auto elettrica girare in pista poi, mi riferisco a quella realizzata dalla Squadra Corse PoliTO, sono rimasto sorpreso di quanto rumorose possano essere le ventole e le pompe ad acqua necessarie al raffreddamento di motori, inverter e pacco batterie.  Le esigenze di raffreddamento delle componenti elettriche (le cui temperature di esercizio non devono superare i 60°C ), infatti, sono molto maggiori di quelle di un motore termico. (dove il liquido di raffreddamento tiene a regime temperature anche superiori ai 100°)

Personalmente infine, credo che il comfort sia un qualcosa di più profondo della silenziosità dell'auto. Credo che sia un qualcosa che ha a che fare più con l'armonia che c'è tra l'auto e chi la guida, e non tutti vogliono guidare un'auto silenziosa.  Ma questa, come ho detto, è solo una mia opinione.  😁

A proposito di Efficienza:
 

In effetti, quando si parla di auto elettriche, l'efficienza rappresenta probabilmente il tema più delicato; poichè è vero che i motori elettrici possono raggiungere picchi di efficienza anche superiori al 90% e quindi molto più alti di quelli raggiungibili da un motore termico, ma è anche vero che, quando si fa riferimento a questi valori di efficienza, generalmente si parla di motori di tipo industriale, di dimensioni importanti, che generalmente lavorano a regime costante.  I motori elettrici per utilizzo automobilistico, di contro, devono essere leggeri, compatti e devono essere in grado di avere prestazioni di rilievo in tutti i range di velocità di rotazione. Questo requisito intacca non poco le curve di efficienza (curve appunto! Variano in funzione del regime di giri e della coppia erogata esattamente come quelle dei motori termici) che in alcune condizioni di lavoro scendono al di sotto di valori come il 50% riavvicinandosi non poco a quelle che sono le normali efficienze che si vedono nei motori termici.  

All'efficienza motore, però, vanno moltiplicate le efficienze di inverter e pacco batterie (e anche quest'ultimo, dovendo rispettare requisiti importanti in termini di ciclo carica-scarica, presenta efficienze che variano in funzione della coppia erogata e che in genere si pongono su valori meno alti di quanto si possa immaginare).   

D'altro canto però, gli stessi motori elettrici possono esser fatti funzionare come generatori di corrente in frenata, recuperando energia che diversamente andrebbe persa così che, alla fine della filiera, in sintesi e senza buttare troppi numeri nel calderone, l'efficienza complessiva di un'auto elettrica si dimostra comunque superiore a quella di un'auto a combustione, ma non in modo così eclatante quanto appare da certe campagne pubblicitarie.

L'energia elettrica in quanto tale, però, non arriva dal cielo (se non sottoforma di lampi e tuoni 😆) e questo porta nella filiera, volendo ragionare in termini più ampi della semplice auto unitaria, ulteriori efficienze dovute al trasporto attraverso le reti elettriche e la conversione da qualunque sia la fonte di energia originale...  

... e questo ci porta a dire qualcosa.. 


A proposito di Inquinamento:





Un'auto elettrica, come singola unità, non emette gas inquinanti.  
Questo può rappresentare una svolta per quanto riguarda la qualità della vita nelle città trafficate in cui buona parte di noi, me compreso, trascorrono la loro vita; ma, volendo inquadrare l'inquinamento come un problema globale (quale è), non possiamo fermarci ad analizzare le emissioni delle singole auto. Bisogna, infatti, guardare l'inquinamento ambientale generato complessivamente dall'insieme delle trasformazioni energetiche che la fonte energetica primaria subisce dall'inizio alla fine della filiera.  

Quando si parla di auto a combustione, che siano benzina o Diesel, il ciclo di trasformazione della fonte energetica primaria (il petrolio) è piuttosto breve:
 

-> La Raffineria: il petrolio greggio viene separato in tutte le forme in cui verrà poi utilizzato (dal gas naturale ai carburanti, agli olii fino alle resine e ai residui solidi) sfruttando le diverse temperature di evaporazione dei composti carboniosi da cui è formato.  Per farlo è necessario calore, generalmente derivante dalla combustione di carburanti preventivamente trattati che, di per se, genera già una prima forma di inquinamento, che però viene ripartito tra tutti i prodotti che si possono ricavare a partire dallo stesso lotto di petrolio greggio.

-> La Combustione interna: dove l'energia chimica del carburante viene trasformata in energia cinetica al prezzo della produzione di CO2, CO, NOx, Idrocarburi incombusti e particolato.  In questo articolo ho già trattato la formazione di alcuni di questi agenti inquinanti. Ora, dato che, per singola unità, il maggiore apporto inquinante è dato proprio dalla combustione interna, generalmente si trascura l'apporto dato dalla raffinazione del carburante, considerando solo quest'ultima parte. 

Se, invece, si tratta di auto elettriche, la faccenda si fa un pò più complicata. In questo diagramma a torta (fonte Wikipedia) viene efficacemente spiegata la ripartizione di fonti energetiche da cui è stato generato il totale di energia elettrica utilizzato negli U.S.A. nel 2016.  (La situazione attuale non è molto diversa) 

Come puoi vedere, il 64.2 % dell'energia elettrica prodotta negli Stati Uniti è tutt'ora derivante da combustibili fossili, la cui produzione e combustione industriale ha in genere vincoli meno stringenti in termini di inquinamento rispetto a quelli imposti alle auto e che dipendono in ogni caso dalle legislazioni nazionali. 

Il 19.7 % dell'apporto complessivo è poi derivante da energia termonucleare, la cui produzione non genera gas inquinanti, ma scorie sul cui smaltimento si potrebbero scrivere libri interi, senza considerare le questioni morali a cui questa fonte energetica è legata e sulle quali penso che ogni lettore abbia una sua visione e una sua opinione.  Per questo motivo non mi addentrerò oltre nell'argomento. 

Resta il 16.1 % di energia derivante da fonti energetiche pulite e rinnovabili. Una quantità che, purtroppo, ad oggi non si può dire compensare l'inquinamento generato dalla combustione industriale di combustibili fossili. Senza contare che, se l'intero parco auto diventasse elettrico, la richiesta di energia elettrica aumenterebbe esponenzialmente e l'unica fonte che potrebbe essere aumentata così "a comando" sarebbero proprio i combustibili fossili.  A cambiare perciò sarebbe in qualche modo la sede di combustione del petrolio, più che la fonte energetica in se, con il solo effetto sostanziale di spostare l'inquinamento dalle città alle zone industriali. 

Una citazione, poi, a mio avviso, la merita la tecnologia utilizzata per le batterie: gli ioni di litio.
Tralasciando per brevità gli aspetti puramente tecnici di come gli ioni di litio vengano utilizzati per l'immagazzinamento di energia, credo ci siano 3 cose davvero importanti da sapere quando si parla di Litio:

-> Come dicevo prima, parlando di efficienza, la densità energetica dei pacchi batterie è un argomento in rapida evoluzione tecnologica; ma siamo ancora qualche ordine di grandezza lontani dal poter confrontare l'energia contenuta in un pacco batterie con quella concentrata in un serbatoio di benzina dello stesso peso. 

-> Il litio è un metallo alcalino le cui riserve conosciute sono piuttosto limitate e sono attualmente concentrate per l'85% tra Bolivia, Argentina e Cile.  Altre riserve sono situate in Asia, Australia e Medio Oriente, mentre sono decisamente poche le riserve conosciute in Europa e Nord America.  Le celle agli ioni di litio non sono attualmente riciclabili (anche se bisogna dire che il possibile riciclo è tutt'ora argomento di ricerca scientifica e appare come un traguardo tecnologico non troppo lontano) e il loro smaltimento, così come la loro produzione, pone una notevole questione in termini di inquinamento che, per brevità, non approfondirò ulteriormente.

-> Il litio pone una questione importante in termini di sicurezza: 
In primo luogo per gli alti voltaggi necessari ad immagazzinare energia sufficiente al funzionamento di un'auto, ben superiori alla tensione di 230V che alimenta le reti elettriche casalinghe in Italia. (Tesla, se non sbaglio, usa un pacco batterie da 85kWh e 400V di tensione nominale) 
In secondo luogo, in caso di incidente, dovesse venire meno l'integrità delle celle del pacco batterie, gli ioni di litio hanno la caratteristica di prendere fuoco se a diretto contatto con l'aria e di reagire in modo esplosivo al contatto con l'acqua. 
Attualmente non esiste estinguente conosciuto in grado di spegnere un incendio alimentato da celle al litio. L'unico modo per spegnerlo è togliere l'ossigeno (una soluzione più che altro momentanea) o aspettare che il pacco batterie bruci del tutto.

Ricapitolando... 

Questa panoramica sul mondo dell'Auto Elettrica è cominciata dal presentarti il fenomeno da un punto di vista sociale e di mercato. (Riguardo a questa parte ci tengo a precisare che quella che ti ho presentato è una mia personale interpretazione del fenomeno e di come determinati fattori separati abbiano avuto un effetto combinato sulla percezione del valore di una tecnologia da parte dell'utente medio. Nessuna teoria del complotto insomma 😄)
Dopo di che sono entrato nel merito degli aspetti propriamente tecnici della tecnologia in questione condividendo con te ciò che ho imparato, nel corso della mia carriera universitaria e della mia esperienza in Formula Student, sull'Auto Elettrica in termini di Performance, Comfort, Efficienza e Inquinamento.  In sintesi:

Performance: 

Come abbiamo visto, le performance longitudinali sono in realtà un punto forte delle auto a propulsione elettrica. Il vero problema attualmente è la capacità immaganizzativa dei pacchi batterie, tecnologia comunque in rapido sviluppo, che pone limiti importanti in termini di autonomia e peso, costringendo i progettisti a scendere a compromessi su entrambi i fronti.

Comfort: 

Anche in questo caso i motori elettrici si dimostrano un vantaggio, ma l'isolamento fisico e acustico attualmente presente sulle auto termiche di fascia maggiore ha già reso il problema trascurabile.  Le principali fonti di rumore e vibrazione, attualmente, sono gli pneumatici e le turbolenze aerodinamiche in corrispondenza degli specchietti retrovisori, fonti che prescindono dal tipo di propulsione.

Efficienza:

Abbiamo visto che, sebbene i motori elettrici siano potenzialmente in grado di raggiungere efficienze altissime in condizioni industriali, nelle applicazioni automobilistiche la necessità di un motore compatto e versatile fa si che i motori abbiano una curva di efficienza variabile e in generale più bassa. In più, quando si parla di auto elettriche, bisogna considerare le efficienze di inverter, pacco batterie, stazioni di ricarica, cavi e conversione iniziale dalla fonte primaria (qualunque essa sia) ad energia elettrica: tutti effetti che creano una dispersione energetica dalla fonte primaria alla conversione finale e che avvicinano notevolmente l'efficienza di un'auto elettrica a quella di una a combustione interna (dove la fonte di energia si trova intatta nel serbatoio). 

Inquinamento:

In questo ambito ci siamo concentrati sulle fonti primarie di energia elettrica, che sono tutt'ora combustibili fossili ed energia termonucleare. Le fonti pulite e rinnovabili ricoprono attualmente meno del 20% del fabbisogno complessivo, una percentuale che scenderebbe ulteriormente, se il parco auto divenisse interamente elettrico, dato che il fabbisogno complessivo aumenterebbe esponenzialmente e le uniche fonti che potrebbero sopperire "a comando" sono proprio i combustibili fossili.

Infine abbiamo visto qualche considerazione aggiuntiva riguardo la tecnologia attualmente utilizzata per i pacchi batterie in termini di efficienza, disponibilità, produzione, smaltimento e sicurezza. 

Un'auto completamente elettrica, però, non è l'unico modo possibile per sfruttare la tecnologia dell'elettrico in ambito automobilistico. Resta perciò da analizzare una possibile alternativa...   


... ma la vedremo nel prossimo articolo!😝

Bene, per oggi pare che le nostre strade si separino qui.  
Come sempre, se l'articolo ti è stato utile o semplicemente ti è piaciuto, non esitare a farmelo sapere con un LIKE 👍
Se invece hai altre opinioni o altre esperienze e ti va di condividerle sarò felice di leggere i tuoi commenti e confrontarmi con te qui sotto o sotto il post nella pagina Facebook di FR Tecnica.

Noi ci vediamo alla prossima...  Ciao!  😜

domenica 18 marzo 2018

Formula 1: Quello che tutti vedono, ma pochi guardano... Recupero di Camber e Centro di Rollio



Si ricomincia...
Presentate le auto, percorsi i primi km di test, tutto sembra essere pronto per una nuova stagione di F1, ma aspetta...


Se hai aperto questo articolo sperando di trovare l'ultima soluzione definitiva che deciderà le sorti del campionato o un pronostico che, considerando tutti gli ultimi rumors provenienti da fonti interne segrete e del tutto affidabili, sia in grado di prevedere già adesso gli equilibri prestazionali e le forze in campo, nonchè i futuri sviluppi dei team protagonisti da qui a metà stagione ti posso da subito dire...  
NO.   
Non sono un giornalista, non vendo scoop nè mi interessa particolarmente che l'oggetto della mia analisi non sia mai stato trattato prima da nessun altro. Chi segue FR Tecnica già da un po' sa che la missione di questo blog è trattare temi dal mondo Automotive, più o meno tecnici, con un linguaggio che possa essere comprensibile a tutti (o quasi) e le mie intenzioni non sono cambiate.



Osservando alcune foto scattate nel corso degli ultimi test, mi sono reso conto di un aspetto che difficilmente viene trattato nei vari approfondimenti che si trovano in giro riguardo la F1, ma in cui, soprattutto tra le auto presentate quest'anno, ho notato la presenza delle soluzioni più disparate. Questa "libertà stilistica" mi ha incuriosito e, approfondendo l'argomento, devo dire che mi sono spiegato delle cose che sin'ora mi ero sempre limitato semplicemente ad osservare.  

Prima di continuare, però, ho bisogno che tu abbia chiari alcuni concetti teorici fondamentali per proseguire. 
Cominciamo da un piccolo ripasso...  

Se hai letto l'articolo in cui ti parlavo dell'importanza dello schema sospensivo e l'ultimo in cui approfondivo gli interventi di assetto che si possono fare per migliorare la dinamica di un'auto, dovresti avere ormai un'idea più che chiara su quanto sia importante che lo pneumatico mantenga un'inclinazione neutra o lievemente orientata verso l'interno della curva affinchè questo possa esercitare la massima forza laterale possibile quando il pilota lo richiede.
Dovresti anche sapere che si definisce Recupero di Camber la capacità della sospensione di mantenere la ruota perpendicolare all'asfalto quando l'auto rolla e che, nel momento in cui la sospensione non è in grado di esercitare questa funzione al 100% è possibile, anzi necessario, compensare il tutto con un angolo di camber statico applicato in fase di set-up. Il camber statico però costringe lo stesso pneumatico a lavorare inclinato quando l'auto non sta rollando, ma deve comunque esercitare forze importanti sull'asfalto (vedi fasi di accelerazione e frenata) e questo porta ad un'usura maggiore e ad una peggiore distribuzione della temperatura di esercizio lungo la superficie del battistrada. 

Tutto questo ci porta a una prima importante considerazione:  
In F1, contrariamente a quanto accade in altre categorie motoristiche, i fattori prestazionali più influenti sono, a parte la potenza dei motori ovviamente, l'aerodinamica (nulla di nuovo; sono auto che vanno a 300km/h e le forze aerodinamiche aumentano in modo quadratico con la velocità) e le gomme che, avendo una spalla molto alta, si deformano notevolmente assumendo quindi un ruolo fondamentale nella dinamica del veicolo in termini di rigidezza, smorzamento e trasferimenti di carico. Quando parliamo di sospensioni, quindi, non parliamo tanto di prestazione pura, quanto di gestione degli pneumatici, che però sono una parte fondamentale delle performance di una F1. 
Abbiamo, quindi, a che fare con un fattore prestazionale che potremmo definire indiretto e che si mostra a chi guarda le gare principalmente sottoforma di consumo degli pneumatici. 


Chiarito questo primo aspetto, tornando alle sospensioni, è il caso di approfondire l'argomento Camber Recovery prendendo in considerazione quello che è lo schema sospensivo tipico di tutte le monoposto in stile Formula di qualunque categoria e tempo: Il Quadrilatero Basso.

Uno schema che, come scrivevo nel primo articolo che ti ho citato, rappresenta una sfida ingegneristica particolare in quanto non ha un Recupero di Camber caratteristico come può essere il 100% di un ponte rigido o il quasi zero di un McPherson, ma può essere in grado di recuperare dallo zero a quasi il 70% di Camber a seconda di come viene realizzata. In pratica lo schema in se non garantisce nulla.
Quali sono, allora, i fattori che influenzano maggiormente questo parametro?

La risposta è semplice: La Geometria!

Lo schema sospensivo a Quadrilatero prende il nome proprio dall'aspetto che i triangoli superiore e inferiore assumono se osservati da una vista frontale dell'auto.


In figura è rappresentato un classico schema di quadrilatero semplificato dove sulla sinistra è rappresentata quella che potrebbe essere la sezione frontale del musetto di una F1 con gli attacchi sospensione (i cosidetti HardPoints) che vanno a formare un quadrilatero.  
Quello in figura, ad ogni modo, è il peggiore quadrilatero che si possa vedere in quanto, essendo in realtà un rettangolo, forma un meccanismo che viene definito parallelogramma articolato e un parallelogramma, per definizione, a prescindere dagli angoli tra i suoi lati è caratterizzato dal fatto che i suoi lati siano a 2 a 2 paralleli. Morale della favola, a prescindere da quanto si sposti verticalmente, la ruota rimarrà sempre parallela alla scocca: definizione di Camber Recovery 0%.  

Come risolvere il problema? 

Un primo metodo, quello più classico, è quello di trasformare il parallelogramma in un trapezio facendo si che il braccio superiore sia più corto rispetto a quello inferiore.  In questo modo il raggio della circonferenza intorno a cui ruoterà l'attacco montante superiore (Il montante, anche detto portamozzo, è il componente solidale alla ruota al quale si vanno ad attaccare i bracci della sospensione) sarà più corto rispetto a quello della circonferenza attorno a cui ruoterà l'attacco inferiore.  Questo, a parità di spostamento verticale della ruota, porterà ad uno spostamento orizzontale diverso tra i due attacchi montante facendo si che la ruota si inclini rispetto alla scocca recuperando Camber. 

C'è da dire però che quest'effetto, per diventare rilevante, necessita di una notevole differenza nella lunghezza dei 2 triangoli che dev'essere tanto maggiore quanto maggiore è la distanza tra gli attacchi ruota e gli attacchi scocca. Distanze che sono quasi sempre piuttosto vincolate dalla forma e dal packaging generale dell'auto.

Per fortuna un principio geometrico leggermente più avanzato ci viene in aiuto consentendo a chi progetta una sospensione di avere un impatto molto maggiore con modifiche decisamente meno invasive.  Il Principio dei Centri di Rotazione Virtuali.




Svincolandosi anche dal mantenere il parallelismo tra i piani su cui giacciono i due triangoli della sospensione e prolungandoli sino a farli incontrare, possiamo identificare l'asse definito dall'incrocio dei 2 piani come l'asse attorno a cui ruota lo pneumatico quando si sposta verticalmente. In sezione frontale quest'asse si riduce ad un punto detto Centro di Rotazione Virtuale o Centro di Istantanea Rotazione.
E' stato dimostrato che il recupero di Camber di una sospensione, con una geometria di questo tipo, è inversamente proporzionale alla distanza del centro di istantanea rotazione della ruota dall'asse di simmetria dell'auto. In pratica se il centro virtuale cade sull'asse di simmetria il camber recovery è 100%, se tende ad allontanarsi infinitamente (il caso dei triangoli paralleli) la sospensione non ha recupero di camber.  

Nei casi reali, poi, subentrano altri fattori che rendono impossibile andare troppo oltre il 70% di Camber Recovery, ma parlarne avrebbe il solo effetto di rendere quest'articolo un papiro lungo e complicato quindi non approfondirò oltre l'argomento.

A questa costruzione geometrica, però, si collega un altro concetto importantissimo che è quello di Centro di Rollio.

E' l'estensione del concetto di centri virtuali alla rotazione della cassa veicolo, ovvero al rollio dell'auto. 

Identificato dall'intersezione delle rette che congiungono i punti di contatto a terra delle ruote al loro centro di istantanea rotazione (in condizioni statiche, dato che le sospensioni sono simmetriche, cade sul piano di simmetria dell'auto, per questo nel disegno sopra è stato possibile identificarlo disegnando una sola sospensione), il centro di rollio è il secondo parametro fondamentale per definire la cinematica di una sospensione. 
Rappresenta il punto attorno a cui ruota la cassa veicolo e la sua altezza da terra, o meglio la sua distanza verticale dal centro di gravità della macchina, andando a modificare il braccio della forza di inerzia dell'auto in curva, definisce una sorta di rigidezza naturale della sospensione.

In parole povere: considerando che, affinchè la sospensione lavori in modo corretto, questo punto deve necessariamente trovarsi al di sotto del centro di massa dell'auto; più il centro di rollio si troverà in alto (vicino al centro di gravità), più l'assale tenderà a risultare rigido e reattivo; più sarà in basso, più la sospensione sarà morbidà e stabile.   

Il problema del Principio dei Centri Virtuali è che, trattandosi di punti non realmente esistenti, non sono fissi, ma si spostano in base allo spostamento verticale della ruota.. è per questo che sono anche detti Centri di Rotazione Istantanea, perchè lo sono solo in quel preciso istante della rotazione. 

Se i centri di istantanea rotazione delle ruote si spostano in fase di rollio, è inevitabile che lo stesso centro di rollio si sposti (quando accade, si parla di Migrazione del Centro di Rollio) andando ad originare fenomeni difficili da prevedere e controllare in fase di progettazione.
Per questo motivo, in genere, si cerca di ridurre la Migrazione del Centro di Rollio al minimo ed è possibile dimostrare (la trattazione completa dell'argomento va ben'oltre l'obiettivo di quest'articolo) che un metodo efficace per farlo è quello di sfalsare la posizione trasversale degli attacchi scocca, facendo si che gli attacchi superiori siano più spostati verso l'esterno rispetto a quelli inferiori.  Uno sfalsamento che va anche incontro al metodo "dei trapezi" per aumentare il recupero di Camber e che quindi è in genere ben accetto anche a costo di scendere a qualche compromesso in termini di packaging e forma della scocca.

A quest'ultima considerazione teorica direi che ci possiamo agganciare per cominciare ad osservare qualche applicazione reale di questi principii. 


In questa foto ad esempio sono visibili le rientranze nella parte inferiore scocca che vanno proprio a realizzare quello sfalsamento tra bracci inferiori e superiori necessario a limitare la migrazione del centro di rollio.  Come suggerisce il fatto che questa foto non sia poi così recente, questa soluzione è quella attualmente più gettonata e usata da molti team per quanto riguarda la sospensione anteriore..  Molti, ma non tutti.  Chi in questi test mi ha davvero colpito in termini di geometria delle sospensioni anteriori è stata la Red Bull che si è presentata con una soluzione di questo tipo: 



Se ingrandisci l'immagine e osservi l'attacco scocca del braccio superiore della sospensione anteriore, noterai un'evidente curvatura e una differente colorazione (si vede bene sulla sospensione anteriore sinistra) tra la parte orizzontale attaccata alla scocca e quella più inclinata. Se hai seguito il discorso che ho fatto sin'ora, avrai capito che il braccetto della sospensione è in realtà la sola parte inclinata, mentre la parte orizzontale non è altro che un prolungamento della scocca votato a creare lo sfalsamento necessario alla riduzione della migrazione del centro di rollio. (Il modo in cui vengono realizzati i giunti tra braccetti e telaio in F1 è piuttosto particolare e innovativo e magari in futuro ci farò un approfondimento..  In quest'articolo però di teoria credo ce ne sia già abbastanza quindi sarà per un'altra volta 😜) Uno studio a parte poi, lo meriterebbero gli effetti aerodinamici di questa protuberanza che in quella zona potrebbe deviare i flussi in modo piuttosto importante..  Ma sapere come, almeno per il momento, va al di là di quanto possa fare uno studente universitario che guarda questa foto e cerca di farsi un'idea quale sono io. 😅
Ciò che posso pensare, però, è che questo sia un bel modo di far lavorare insieme il telaio e l'aerodinamica, una cosa che davvero mi ha colpito.
Ferrari ad esempio utilizza una configurazione decisamente più convenzionale all'anteriore..   


Altra soluzione ad avermi colpito, per quanto riguarda le sospensioni anteriori (e c'è da dire che non è nuova, lo stesso costruttore usava già una soluzione simile sull'auto dell'anno scorso) è quella usata da Mercedes:



Se osservi l'attacco ruota del triangolo superiore, noterai che il montante si prolunga al di fuori dell'area del cerchio andando a "pescare" l'attacco della sospensione più in alto rispetto ai suoi diretti competitors. Questo consente di avere un angolo maggiore tra il triangolo superiore e quello inferiore che si traduce in un centro di istantanea rotazione più vicino al piano di simmetria dell'auto, ovvero più recupero di camber. 
Se tutto questo fosse vero porterebbe, seguendo i ragionamenti teorici che abbiamo visto prima, ad una migliore gestione delle temperature e dell'usura delle gomme anteriori rispetto, ad esempio, a Ferrari...  

Ma andiamo avanti guardando adesso qualche soluzione per la sospensione posteriore, partendo proprio dai Campioni del Mondo in carica..


Anche qui il montante si prolunga a prendere gli attacchi del triangolo superiore più in alto rispetto all'area dei cerchi. Il braccio inferiore si intravede con la sua forma sagomata a seguire senza interferire i profili aerodinamici del diffusore.  I 2 bracci sono quasi paralleli e di lunghezze piuttosto simili tra loro.. 
Tutti fattori che suggerirebbero una cattiva gestione delle gomme posteriori..  Suona familiare? 😏

In questo ambito la Rossa più amata d'Italia si rifà decisamente.. 




L'attacco superiore al montante qui si protende verso la scocca andando ad accorciare di molto il braccio superiore che, peraltro, appare decisamente più "puntato" verso il basso guardando dalla ruota verso la scocca.  Anche qui il braccio inferiore si intravede, ma appare quasi del tutto orizzontale. Una geometria che suggerisce un maggior recupero di camber e quindi un comportamento della sospensione che, necessitando di un minor angolo di camber statico, si dimostrerebbe più docile sugli pneumatici rispetto alla soluzione Mercedes..  
Anche questo suona familiare..  e da parecchi anni direi! 

Ad estremizzare questo concetto con una soluzione del tutto inedita, però, sembrerebbe essere stata la McLaren:



Il montante qui sembra protendersi sino a superare il pilone dell'ala posteriore (sin dove attacca il tirante del pullrod per capirci), ma su questo non mi sentirei di metterci la mano sul fuoco..  E' anche possibile che i braccetti si colleghino al montante in corrispondenza del cambio di colorazione che si vede molto più vicino alla ruota e che abbiano spostato l'attacco del pull-rod solo per avere flussi aerodinamici più puliti in quella zona. Se però fosse valida la prima ipotesi, il braccio superiore sarebbe così molto più corto di quello inferiore e questo fa pensare ad un'applicazione molto spinta del metodo "dei trapezi" per il recupero di camber.  I bracci però appaiono quasi paralleli e puntati verso l'alto a suggerire un centro di rollio posizionato leggermente più in alto a cercare una maggiore reattività al posteriore. 

Chi però sembra dimostrarsi davvero aggressivo nel posizionamento del centro di rollio anche in questo caso è la RB:



Lunghezze dei bracci simili a Mercedes, ma con un angolo di incidenza decisamente maggiore realizzato, contrariamente a Ferrari, inclinando verso l'alto i bracci inferiori. I bracci superiori anch'essi inclinati leggermente verso l'alto suggeriscono un posizionamento del centro di rollio decisamente alto che porterebbe ad un comportamento del posteriore molto scattante e ad un rollio limitato.  Una soluzione che, a mio modesto parere, più che cercare una buona cinematica della sospensione, cerca un comportamento rigido che limitando il rollio stabilizzi l'altezza da terra del diffusore..  Qui però siamo nel campo delle ipotesi spinte perciò mi fermo qui. 😉

Proviamo a ricapitolare: 

Dopo un breve ripasso teorico sul significato di Recupero di Camber e Camber statico, ci siamo soffermati sullo schema sospensivo tipico delle monoposto in stile Formula (il Quadrilatero Basso) e su come la geometria delle sospensioni influenzi il recupero di camber delle stesse. 
Poi ti ho introdotto il concetto di Centro di Rollio sottolineando l'importanza del suo posizionamento e citando il fenomeno della Migrazione del Centro di Rollio. 

Finito il pippone teorico, ho provato a utilizzare queste nozioni per presentarti la mia interpretazione di alcune soluzioni viste negli ultimi test di F1 a Barcellona: 
Dalle soluzioni aggressive e particolari di Red Bull, alle scelte tecniche che da anni caratterizzano in modo diverso gli schemi sospensivi di quelli che sono stati gli indiscussi protagonisti del Mondiale 2017, passando per le soluzioni (forse?) inedite di McLaren.

Se quest'articolo ti è stato utile a guardare la F1 da un'altra prospettiva o semplicemente ti è piaciuto, non esitare a farmelo sapere con un LIKE 👍

Noi ci vediamo al prossimo articolo e.. 
Buona stagione motoristica a tutti!  😃 




Ps. 
Tutti i diritti per le foto utilizzate in quest'articolo sono dei rispettivi proprietari. 
Io sono solo uno che le guarda, le commenta, le condivide e (per la cronaca) non ci guadagna un euro. 😉

sabato 27 gennaio 2018

ASSETTO: Quando un controsterzo non basta



Nell'ultimo articolo ci siamo lasciati con la considerazione che, sebbene il pilota possa adottare svariate tecniche per correggere o sfruttare i comportamenti intrinsechi nella natura di un'auto, non è scontato che l'auto si comporti come la sua ripartizione di pesi e trazione suggerirebbe.
Tra il pilota e le ruote (che scambiando forze con il suolo sono coloro che fanno si che l'auto si muova) c'è la scocca, il sistema sospensivo, quello frenante, i controlli elettronici e tanti altri sistemi che nel loro assieme definiscono la Dinamica del Veicolo.




Da Dinamista in Squadra Corse PoliTo, però, posso assicurarti che la Dinamica Veicolo è una materia incredibilmente vasta (ho passato gli ultimi 3 mesi della mia vita a definire la dinamica dell'auto 2018 e c'è ancora tanto lavoro da fare prima e dopo che l'auto metta le ruote in pista!) e va assunta a piccole dosi.  Ti ho già parlato dell'importanza dello schema sospensivo; una volta definito quello, è importante il come lo si realizza per sfruttare il massimo potenziale che lo schema prescelto può esprimere negli ingombri definiti dalla forma della scocca. I parametri di progettazione di uno schema sospensivo non sono però l'oggetto di quest'articolo; oggi parleremo di come si possono correggere comportamenti intrinsechi di un'auto già esistente, sulla base del feedback del pilota e di, eventualmente, sensori che possono aiutare a distinguere le cause di un determinato comportamento dell'auto.  

Ma diamoci un'ordine... 
Parlando di traiettorie, abbiamo visto che le curve si possono distinguere in 3 fasi: frenata, percorrenza, accelerazione.
Volendo dare un'organizzazione agli svariati interventi che si possono effettuare per modificare l'assetto di un'auto, possiamo di conseguenza dividerli in due macro-categorie: 

- Interventi di regime stazionario:
Ovvero interventi che influiscono sul comportamento dell'auto nelle 3 fasi della curva.

- Interventi di transitorio:
Che invece influiscono sul passaggio da una fase all'altra.

Partiamo dai primi, esaminando alcuni degli interventi più efficaci in regime stazionario...



Interventi di regime stazionario:

Abbiamo detto che si tratta di interventi che modificano il comportamento dell'auto nelle 3 fasi della curva; analizziamoli quindi una fase per volta...

Frenata: 

 - Ripartizione della coppia frenante: 
In questa fase si crea uno spostamento di carico verticale dal posteriore verso l'anteriore dell'auto.  Ciò significa che, se un'auto ad esempio pesa una tonnellata e ha una ripartizione dei pesi 50/50, in frenata sull'assale anteriore ci sarà un carico di 700 kg mentre sul posteriore solo 300.  
Semplificando di molto ciò che ci siamo detti parlando di pneumatici e trasferimenti di carico, potremmo dire che in una condizione di questo tipo, considerando che la forza longitudinale esercitabile dallo pneumatico sul terreno è proporzionale al carico verticale, la ripartizione ideale di coppia frenante sarebbe 70/30. (In realtà è un po' più complicato di così, ma approfondire l'argomento nel dettaglio richiederebbe un'articolo dedicato 😉). 
L'entità di questo spostamento di carico, però, è proporzionale alla decelerazione quindi cambia a seconda della curva; per questo motivo le auto da corsa danno la possibilità al pilota di regolare il bilanciamento freni da curva a curva, mentre le auto stradali montano un sistema chiamato valvola proporzionale che cambia la ripartizione di frenata in dipendenza della forza applicata sul pedale del freno. 

Percorrenza di curva:


- Camber: 
Escludendo i fattori aerodinamici, è il metodo per eccellenza per aumentare la tenuta laterale dell'auto.  Applicandolo in modo differenziato tra l'assale posteriore e anteriore, però, è possibile modificare anche il bilanciamento dell'auto correggendo un eventuale comportamento sotto(o sovra)sterzante.


L'importanza del camber statico applicato in fase di set-up è dovuta principalmente a 2 fattori:  

1) Mantenere la massima impronta a terra in fase di percorrenza di curva è fondamentale per tirar fuori il massimo potenziale dagli pneumatici.  Pochi schemi sospensivi, però, sono in grado di mantenere la ruota perpendicolare al terreno in fase di rollio.  L'applicazione di un angolo di camber statico negativo può compensare la perdita di campanatura in fase di rollio facendo si che lo pneumatico mantenga la massima impronta a terra quando serve. 

Osserva questa foto:


In questa immagine, tratta da una gara di un campionato Turismo Gruppo A di fine anni '80, puoi osservare a confronto un Alfa 75 (che monta sull'asse posteriore uno schema Ponte de Dion - Recupero di camber 100%) e una BMW M3 e30 (che invece monta sull'asse posteriore uno schema a bracci oscillanti con valori di camber recovery vicini allo 0).  Osservando le ruote posteriori, si vede in modo chiaro quanto sulla BMW sia stato applicato molto più camber statico rispetto alla 75. 

2)  Se la ruota non è perpendicolare al terreno, ma presenta un angolo di campanatura, esercita una forza laterale sull'asfalto proporzionale al carico verticale esercitato su di essa. (E' il motivo per cui in moto per curvare si piega 😜)  Dato che in curva si verifica uno spostamento di carico verso l'esterno della curva, la forza verticale sulla ruota esterna (e, proporzionalmente, quella laterale dovuta al camber) sarà maggiore rispetto a quella esercitata dalla ruota interna e quindi si creerà una forza risultante diretta verso l'interno della curva che aumenterà la tenuta dell'auto.  Ovviamente c'è un limite, perchè maggiore è l'angolo di camber, minore è l'impronta a terra e quindi la massima forza laterale esercitabile dallo pneumatico.
In parole povere: un minimo di camber può essere utile, troppo ha effetti negativi non solo sull'aderenza, ma anche sul consumo degli pneumatici.

- Carico aerodinamico:

Sulle auto da corsa più spinte, in particolar modo sulle monoposto, sono gli effetti aerodinamici a farla da padrone quando si parla di tenuta dell'auto.  Modificando l'incidenza delle ali anteriore e posteriore è possibile aumentare la tenuta a discapito della velocità massima, ma anche cambiare il bilanciamento dell'auto modificando il suo comportamento nella fase di percorrenza delle curve ad alta velocità. (Ricorda che gli effetti aerodinamici sono proporzionali alla velocità elevata al quadrato; cominciano a fare davvero la differenza superati i 100 km/h). 



Accelerazione: 

La tendenza dell'auto a sotto/sovra-sterzare in fase di accelerazione ("stazionariamente" parlando) è principalmente dovuta alla ripartizione della coppia motrice, alla ripartizione e distribuzione dei pesi e all'altezza del centro di massa; tutti parametri difficilmente modificabili in fase di set-up, salvo la possibilità di applicare zavorre sparse per l'auto. Si possono effettuare, però, diversi interventi per migliorare il comportamento dell'auto nel transitorio di uscita di curva; ne parleremo più avanti.

Interventi di transitorio:


Sin'ora è stato facile!  

E' facile infatti capire se un comportamento sovra/sotto-sterzante si presenta in ingresso, in percorrenza o in uscita di curva..  Tutta un'altra storia è capire se questo comportamento è una tendenza stazionaria o fa parte di un transitorio. 

Arriviamo perciò a parlare dei momenti della curva in cui l'assetto fa davvero la differenza, ovvero le 2 fasi che separano la frenata dalla percorrenza e la percorrenza dall'accelerazione. Fasi a cui, per l'occasione, farò riferimento con il nome, rispettivamente, di entrata e uscita di curva. In questo caso, però, dato che il più delle volte uno stesso intervento agisce in entrambi i momenti, credo sia più utile analizzare uno per uno i singoli interventi guardando nel dettaglio gli effetti che hanno sul comportamento dell'auto nelle diverse fasi della curva.

Prima di cominciare però, come ogni volta in cui ti parlo di transitori, ti invito caldamente a ripassare (o a dare un'occhiata se è la prima volta che passi da queste parti 😜) l'articolo in cui tratto in modo specifico il concetto di stabilità
In particolare ti richiamo la definizione di stabilità come tendenza di un qualsiasi sistema dinamico a rimanere, se perturbato, nello stato in cui si trova. 

- Convergenza (Toe):

E' l'intervento di assetto forse più intuitivo: 
Un angolo di sterzo "a chiudere" su entrambe le ruote di un asse crea, per ogni ruota, una forza che spinge verso il centro dell'assale. La sommatoria delle forze le annulla, ma l'effetto è stabilizzante (Un pò come se le ruote spingessero per far si che l'auto resti dov'è o, meglio, affinchè mantenga il suo angolo di imbardata iniziale).  All'opposto, chiaramente, un angolo di divergenza destabilizza l'assale rendendolo più reattivo. 
L'intervento ha, però, anche degli effetti collaterali: 
Aumenta il consumo degli pneumatici, aumenta la resistenza all'avanzamento. 

Come set-up di base, in genere, si da' un'angolo di leggera convergenza all'assale posteriore al fine di stabilizzare l'auto in fase di ingresso in curva. 
Per l'assale anteriore dipende dalla trazione: un po' di divergenza può essere utile per rendere l'auto più precisa e reattiva in ingresso curva, ma, se c'è trazione sulle ruote anteriori, potrebbe favorire il sottosterzo in uscita. 

 - Elementi dinamici (molle e ammortizzatori):
 


Modificando la rigidezza di molle e ammortizzatori si va ad agire direttamente e quasi esclusivamente sui momenti di transitorio, ma andiamo con ordine:
Una molla, per definizione, è un elemento che resiste elasticamente alla sua deformazione; in generale, perciò, la forza esercitata da una molla è direttamente proporzionale alla sua deformazione. Uno smorzatore (o ammortizzatore), invece, resiste in modo viscoso: ovvero con una forza proporzionale alla velocità con cui viene deformato. 

A livello di set-up, generalmente, di una molla si può cambiare la rigidezza semplicemente sostituendola. L'ammortizzatore, invece, può essere regolato tramite valvole ed, essendo un elemento più complesso (descriverne il funzionamento richiederebbe un articolo a parte), permette maggiori regolazioni: in particolare, ammortizzatori più spinti sono provvisti di fino a 4 valvole di regolazione che permettono di cambiare la "durezza" dell'ammortizzatore rispettivamente in compressione o in rilascio, a velocità alte o basse. Il lavoro di questo tipo di ammortizzatori si può, solitamente, descrivere con una curva di questo genere...  



... con le 4 valvole di regolazione che vanno a cambiare la pendenza dei quattro segmenti.  Il grafico semplifica abbastanza, ma ho cercato di renderti evidente quanto il comportamento dell'ammortizzatore possa dimostrarsi asimmetrico a seconda che esso si comprima o si estenda. Che l'ammortizzatore sia regolabile o meno, è sempre progettato per intervenire maggiormente in estensione che in compressione. 

Perchè?   

Immagina di guidare sereno su una strada di città, quando davanti a te si prospetta un mostro di questo tipo..   



... non fai in tempo a rallentare, lo prendi in pieno, le ruote anteriori salgono e molle e ammortizzatori si comprimono. Ecco, in questo momento nessuno vorrebbe avere una sospensione troppo rigida.  😜
Il dosso è passato, l'assetto dell'auto si ristabilisce e tu torni a guidare sereno, a meno che l'auto non continui a sobbalzare e oscillare come farebbe una qualunque massa sospesa solo su molle.  L'ammortizzatore nasce per questo; per fermare l'oscillazione dell'auto, ovvero il transitorio, una volta che la molla ha raggiunto il suo punto di equilibrio stazionario; non per impedirgli di raggiungerlo.

Morale della favola: l'effetto della rigidezza delle molle è preponderante in fase di compressione, quello degli ammortizzatori, in genere, lo è in fase di estensione.  

Il lavoro delle molle e quello degli ammortizzatori, in ogni caso, non possono essere trattati in compartimenti stagni. Nella storiella del dosso artificiale ti dicevo che qualunque massa sospesa solo su una molla continuerebbe ad oscillare per molto tempo prima che gli attriti interni alla molla la fermino, ti richiamo questo esempio perchè da qui possiamo arrivare in modo abbastanza intuitivo a quello che forse è il principio fondamentale alla base della regolazione degli elementi dinamici:  la frequenza naturale di oscillazione
Immaginiamo che la nostra massa sospesa, dopo uno spostamento iniziale, sia libera di oscillare.  E' abbastanza intuitivo che se la molla fosse più rigida la stessa massa oscillerebbe più velocemente, se la massa fosse maggiore la stessa molla oscillerebbe più lentamente.  La velocità a cui la massa oscilla naturalmente è espressa, appunto, dalla frequenza naturale di oscillazione del sistema che, anche se ci fosse uno smorzatore in parallelo alla molla, dipenderebbe comunque unicamente dalla massa e dalla rigidezza della molla. 
Ok, direi che possiamo fermarci con il ripasso di fisica...  torniamo alle sospensioni della nostra auto.
Va da se che se, cambiando la rigidezza delle molle, cambia la frequenza naturale e quindi la velocità con cui la molla, oscillando, si comprime ed estende, cambierà anche il "punto di lavoro" degli ammortizzatori che, con la molla, oscilleranno più o meno velocemente e che dovranno, quindi, essere regolati di conseguenza. 

Va be', ho capito, ma noi stavamo parlando di comportamento dell'auto in curva..  sta roba al massimo ci interessa quando prendiamo una buca giusto? 

SBAGLIATO!! 

Se hai letto l'ultimo o questo oppure quest'altro articolo, dovresti ormai averne fin sopra i capelli di sentirmi ripetere che, nelle varie fasi della curva, l'inerzia dell'auto genera uno spostamento di carico che fa si che il carico verticale agente sulle gomme varii. Se tra le gomme e il telaio dell'auto ci sono delle molle e degli smorzatori questi ci interessano eccome!  

Ma in che modo?

Alla fine, quando si parla di transitorii, tutto si riduce al caro vecchio concetto di stabilità: 
Abbiamo visto che una molla più rigida aumenta la frequenza naturale di oscillazione della sospensione; frequenza naturale più alta significa maggiore velocità di risposta da parte della molla ovvero una maggiore reattività dell'assale in fase di spostamento di carico. 
Al contrario, l'ammortizzatore assorbe tanta più energia nel processo quanto più è rigido, quindi un ammortizzatore con maggiore smorzamento significa da un lato maggiore stabilità, dall'altro una minore durata del transitorio, quindi più precisione di guida. 

Chiudiamo con.. 
 - Ripartizione della coppia motrice (bloccaggio del differenziale):


Il differenziale è un dispositivo pensato per aiutare l'auto in percorrenza di curva: 
Quando l'auto percorre una curva, infatti, le ruote interne alla curva descrivono una circonferenza di raggio più piccolo rispetto a quelle esterne nello stesso tempo e, quindi, dovranno ruotare più lentamente. Nei go-kart, ad esempio, le ruote motrici sono mosse da un unico albero collegato al motore da una catena e girano, per questo, sempre alla stessa velocità. Questo, tendenzialmente, destabilizza l'assale posteriore e rende difficile l'ingresso in curva; un problema che in genere i piloti risolvono in questo modo... 


Essendo però piuttosto complicato per un'auto sollevare la ruota motrice interna in ingresso curva (soprattutto se le ruote motrici sono davanti!), per le auto il problema è stato risolto con l'utilizzo del differenziale; ovvero un dispositivo che ripartisce la velocità di rotazione tra le 2 ruote motrici in modo da far ruotare più velocemente quella che incontra minor resistenza al rotolamento, assecondando quindi la naturale differenza di velocità tra le due ruote dell'asse richiesta dalle loro diverse traiettorie.   

Se questo sistema funziona alla grande in percorrenza di curve a velocità costante, pone un problema quando dalle ruote motrici arriva coppia. Per capire il motivo di questa affermazione, però, ci servono prima un paio di nozioni matematiche caratteristiche dei differenziali classici: 

1) La somma delle velocità di rotazione delle 2 ruote è uguale al doppio della velocità di rotazione dell'albero di trasmissione. 

2) Tralasciando gli attriti, la coppia che arriva a ciascuna delle 2 ruote è sempre la metà di quella che deriva dalla trasmissione. 

Ora immagina un'auto a trazione anteriore che, in uscita di curva, comincia a dare gas... 
Essendo sia in curva che in accelerazione, gli spostamenti di carico faranno sì che la ruota anteriore interna sia molto scarica, quasi al punto di sollevarsi. 
Ora, la nozione matematica (2) ci dice che la coppia che arriva alla ruota interna sarà uguale alla coppia che arriva su quella esterna, ma il carico verticale e, di conseguenza, l'aderenza sullo pneumatico interno saranno molto minori rispetto a quanto si avrà per quello esterno. La ruota interna, perciò, comincierà a pattinare prima che lo pneumatico esterno possa esercitare sul terreno tutta la coppia che l'aderenza gli consentirebbe di fare; in più, una volta che la ruota interna comincia a pattinare, accelera e, per la nozione (1), quella esterna tende a rallentare limitando di molto la capacità di trazione dell'auto. Lo stesso discorso si può estendere serenamente anche alle auto a trazione posteriore o integrale.

Per questo motivo sono stati inventati i differenziali autobloccanti: differenziali, cioè, che, essendo sensibili alla differenza di velocità di rotazione delle due ruote, si bloccano quando questa cresce oltre una certa soglia costringendo le ruote a girare alla stessa velocità. In questo modo, nella situazione vista prima, il differenziale non va più a gestire la ripartizione di velocità, ma quella di coppia, spostando sulla ruota esterna la coppia necessaria affinchè questa cominci a ruotare alla stessa velocità di quella interna quando inizia a pattinare. 
In questo modo aumenta la potenza (prodotto tra coppia e velocità di rotazione) che l'auto può scaricare a terra e la trazione in uscita ne beneficia. 

Si, ma cosa c'entra tutto questo con l'assetto? 

I differenziali autobloccanti possono essere tarati regolando la percentuale di bloccaggio a seconda che ci si trovi in fase di accelerazione o rilascio del gas. Un bloccaggio del 70% in fase di coppia, ad esempio, significa che la ruota più carica prenderà a girare al 70% della velocità di quella interna alla curva.
Un differenziale libero (o aperto), come abbiamo visto, in genere aiuta l'auto a curvare e presenta problematiche in fase di uscita di curva; potremmo dire che, in un certo senso, "tira" l'auto verso la fase di percorrenza. 
Un differenziale più chiuso, perciò, in fase di ingresso, si opporrà all'inserimento stabilizzando l'asse motore. In uscita, invece, il bloccaggio del differenziale tende a favorire il pattinamento di una delle 2 ruote (ricorda che non possono ruotare alla stessa velocità, curvare e mantenere aderenza allo stesso tempo! ) destabilizzando l'asse motore e rendendo l'auto più sotto/sovrasterzante (a seconda di quali siano le ruote motrici), ma decisamente più efficace in trazione.  Trovare il giusto compromesso è, perciò, cruciale per mantenere l'equilibrio fra trazione e stabilità dell'auto.


Proviamo a ricapitolare: 

L'obiettivo di questo articolo era di analizzare i principali interventi di set-up che si possono effettuare su un'auto esistente per correggere o bilanciare i suoi comportamenti intrinsechi di sotto/sovrasterzo nelle varie fasi delle curve. 

Abbiamo visto che ci sono interventi che agiscono principalmente sul regime stazionario delle 3 fasi di una curva; in particolare:

- Ripartizione della frenata

- Camber 

- Carico aerodinamico (vero solo per la fase di percorrenza, nelle altre 2 fasi la velocità non è costante e quindi non lo sono neppure le forze aerodinamiche)
 
Ci sono poi interventi che agiscono principalmente sui transitorii, stabilizzando o destabilizzando l'asse su cui vengono applicati; in particolare abbiamo visto:

- Convergenza

- Elementi dinamici

- Differenziale


Bene!  
Anche per oggi di carne al fuoco direi che ne abbiamo messa abbastanza...
Ci tengo a precisare che ciò che è scritto in quest'articolo è frutto principalmente di studi teorici e ricerche che, personalmente, non ritengo affatto un punto di arrivo, ma piuttosto un punto di partenza. Come ti dicevo all'inizio, in Squadra Corse, occupandomi della dinamica del veicolo, quando in primavera la nuova auto vedrà la pista, arriverà il momento per me di sporcarmi le mani e trovare davvero il set-up che permetta all'auto di esprimere al meglio il suo potenziale... 
So di avere ancora tanto da imparare e spero, quando la stagione sarà finita, di poter condividere con te qualcosa in più sull'argomento e di sapermi correggere se in questo articolo ho scritto qualche cavolata.   😅

Nel frattempo spero ti sia piaciuto!
Se è così o semplicemente l'hai trovato utile, come sempre non esitare a farmelo sapere con un LIKE 👍

Ci vediamo alla prossima, Ciao!  😜