lunedì 23 marzo 2020

CODICE PNEUMATICO : Molto più di quel che immagini


Tutto parte dagli pneumatici. 

Molti considerano le gomme come un accessorio in un'auto; un qualcosa di intercambiabile, purchè le dimensioni siano quelle giuste. 
Nulla di più sbagliato! Che tu stia progettando una nuova auto, valutando di elaborarne una o semplicemente pensando di cambiare quelle gomme ormai lisce che la tua auto monta sin da prima di arrivare in concessionaria, la scelta degli pneumatici è un momento fondamentale.



Tutto lo chassis di un qualunque veicolo è studiato in funzione di ciò che gli pneumatici montati su di esso possono o non possono fare, di quanto questi siano sensibili alla variazione di determinati parametri. Molte di queste informazioni sono contenute in forma sintetica nel codice identificativo dello pneumatico, altre no, almeno non in modo esplicito. 

In quest'articolo vedremo quali indicazioni si possono dedurre da questo codice e quali sono le caratteristiche degli pneumatici che più influenzano le prestazioni dinamiche dell'auto e la progettazione di quest'ultima. 


205/55 R16 91V

Ecco un esempio di codice pneumatico.
Tralasciando la R, che sta per Radiale (struttura di carcassa condivisa ormai da tutti gli pneumatici automobilistici), vediamo, un parametro alla volta, quali informazioni possiamo trarre...

-> 205/55 R16 91V - Le dimensioni: 



Come puoi vedere in figura, 205 indica la larghezza dello pneumatico in mm, 16 il diametro del cerchio in pollici, mentre 55 è il rapporto in percentuale tra altezza della spalla e larghezza della gomma (aspect ratio). 

Semplice no?  Certamente! 

Se stai pensando di cambiare gli pneumatici della tua auto però, variando anche solo uno di questi parametri, non puoi non considerare alcuni aspetti fondamentali. Andiamo con ordine.  😉

1) Le ruote fanno parte della trasmissione:

I rapporti di trasmissione di marce e differenziale vengono progettati tenendo in considerazione un valore di raggio ruota. Questo significa che cambiare il diametro complessivo degli pneumatici ha un impatto diretto sulle performance motoristiche dell'auto.

Un diametro gomma maggiore ridurrà la capacità dell'auto di scaricare a terra la coppia, un diametro minore la aumenterà, ma ne ridurrà la velocità massima. In genere, in un'auto, i rapporti di trasmissione vengono ottimizzati per raggiungere la velocità massima e minimizzare i consumi. Una variazione del solo raggio ruota, di conseguenza, porta solitamente a un peggioramento di entrambi questi indici di performance.


2) La gomma è un sistema dinamico:

Su FR Tecnica, in diverse occasioni si è parlato di sistemi dinamici. Se sei nuovo di queste parti e vuoi approfondire l'argomento, ti consiglierei di dare un occhiata a qualcuno di questi articoli:










Ciò che è importante ricordare, ai fini di questo articolo, è che un sistema dinamico è caratterizzato da 3 elementi fondamentali:

Inerzia, rigidezza e smorzamento. 

I primi due fattori determinano la frequenza naturale di oscillazione del sistema (più il rapporto tra rigidezza e inerzia è alto, più alta sarà la frequenza naturale di oscillazione), il terzo è una misura di quanta energia viene dissipata nell'oscillazione di quest'ultimo. Se si considera una sola ruota non montata, l'inerzia è data dalla massa di gomma e cerchio, la rigidezza dall'aria contenuta nello pneumatico, lo smorzamento dalla deformazione della gomma.

Per quanto riguarda la rigidezza, senza entrare troppo nel tecnico, ci basterà sapere che:

- A parità di pressione di gonfiaggio, un volume di aria maggiore significa una rigidezza più bassa

- A parità di volume d'aria, una pressione di gonfiaggio maggiore significa una rigidezza più alta. 

In termini di inerzia, normalmente in uno pneumatico automobilistico, cerchio e gomma si dividono la massa complessiva, che di solito oscilla tra i 20-25 kg,  più o meno in parti uguali. Il rapporto tra massa di gomma e cerchio è ovviamente influenzato dal rapporto tra la dimensione della spalla e il diametro del cerchio, con la differenza che, maggiore è la massa di gomma, maggiore sarà lo smorzamento fornito da quest'ultima che, in altre parole, dissiperà più energia

3) Le dimensioni dello pneumatico influenzano direttamente la sensibilità di quest'ultimo agli input dati dal telaio:

In uno dei miei primi articoli (FISCHI ED ELLISSI: Come lavora uno pneumatico), ti spiegavo che le forze orizzontali esercitate dalla gomma, possono essere rappresentate da un modello empirico (Pacejka) in funzione dello scorrimento; dove quest'ultimo, in genere, è una misura dello spostamento del cerchio rispetto alla superficie stradale ed è, quindi, un misto di deformazione e scivolamento dello pneumatico.

Analizzando l'argomento più in dettaglio possiamo dividere la curva forza-scorrimento in tre fasi. 



Nella prima fase, quella di grip, lo scorrimento è principalmente caratterizzato da una deformazione elastica della carcassa della gomma. La forza, di conseguenza, ha un andamento lineare e viene trasmessa interamente a terra attraverso una forza che può essere considerata analogamente ad un attrito statico (sottolineo che si tratta di un'analogia che faccio per semplificare l'argomento che, chiaramente, è molto più complesso di così). 

Quando si arriva al limite, la deformazione della gomma è tale da generare una forza laterale che supera il limite di attrito statico tra gomma e asfalto (limite che, in genere, dipende da mescola e battistrada); di conseguenza la gomma comincia a scivolare. 

In pieno scivolamento, la forza che la gomma può trasmettere a terra per attrito dinamico tendenzialmente scende. Di conseguenza anche la deformazione della carcassa si riduce. 

Ma in che modo questo fenomeno viene influenzato dalle dimensioni della gomma? 


La risposta è in figura. Se la spalla dello pneumatico è più bassa, a parità di scorrimento, la deformazione della carcassa (che è rappresentata in figura dall'inclinazione della linea di mezzeria) sarà maggiore e, di conseguenza, anche la forza esercitata da questa. Non cambierà però la forza limite data dall'attrito gomma asfalto. Di conseguenza, assumendo che la struttura interna della carcassa sia analoga (ed è una grossa semplificazione del problema reale), a parità di larghezza della gomma, l'aspect ratio avrà l'effetto sulla curva forza scorrimento che vedi in figura. Il tutto si può sintetizzare dicendo che uno pneumatico con una spalla più bassa è più sensibile allo scorrimento laterale.

In realtà, questo discorso si può estendere a qualsiasi tipo di sollecitazione che comporta una deformazione della carcassa (scorrimento longitudinale, angolo di camber ecc..). Una gomma a spalla ribassata, perciò, risulterà essere più "esigente" in termini di precisione degli input dati dallo chassis, sia in termini di schema sospensivo, che di controllo della trazione. Di contro, però, in termini di guida, risulterà più preciso e diretto rispetto ad uno pneumatico dalla spalla più alta. 

Ricapitolando, andiamo a vedere, uno per uno, gli effetti dati dalla variazione delle dimensioni di uno pneumatico:

- Diametro complessivo:
 ([mm] = Diametro cerchio [in] * 25.4  + 2*Aspect Ratio * Larghezza [mm])

A parità di coppia trasmessa dal motore e rpm, riducendo il diametro complessivo della ruota aumenta la coppia trasmessa a terra e si riduce la velocità dell'auto; aumentandolo diminuisce la coppia e aumenta la velocità. 
In entrambi i casi, solitamente, si perde la taratura ottimale dei rapporti di trasmissione peggiorando le prestazioni dell'auto in termini di velocità massima e consumi. 

- Aspect ratio: 

Tenendo costante la larghezza della gomma, un' Aspect Ratio maggiore significa una spalla più alta. Abbiamo visto che una spalla più bassa significa da una parte un volume d'aria minore nella gomma e, di conseguenza, una rigidezza verticale maggiore (che significa comfort ridotto sulle sconnessioni stradali, ma risposta più rapida nei trasferimenti di carico), dall'altra una maggiore rigidezza anche in termini di carcassa. 

Di conseguenza, in sintesi, una gomma a spalla ribassata si rivela più diretta, precisa e veloce nella risposta, ma è anche molto più esigente in termini di qualità del sistema sospensivo e del telaio dell'auto in generale.

- Larghezza:

Nel rotolamento della gomma, la cintura di battistrada si deforma continuamente. Abbiamo visto che, alla deformazione della gomma, è associato un dissipamento di energia a cui il motore deve sopperire. In parole povere una gomma più larga significa più resistenza al rotolamento e, di conseguenza, consumi più alti e prestazioni motoristiche generalmente più scarse. 

Una gomma più larga però, generalmente, significa anche uno pneumatico in grado di scaricare a terra una forza maggiore a parità di pressione di gonfiaggio. A questo aspetto si riconduce il prossimo parametro che andremo a vedere...  

-> 205/55 R16 91V - L'indice di carico:

Il codice numerico posizionato dopo il diametro del cerchio indica il massimo carico verticale sostenibile dallo pneumatico, secondo la seguente tabella (fonte):


Nel nostro esempio, quindi, il carico massimo dello pneumatico sarà di 615 kg. 

Quindi, supponendo una ripartizione dei pesi 50/50, basta che il peso dell'auto diviso per 4 non superi quel numero, giusto?

Sbagliato. 


L'indice di carico ci dice molto più di questo. Indica la massima forza verticale oltre la quale lo pneumatico non è più in grado di esercitare forze orizzontali in modo efficace. Se ricordi, già in un altro articolo (RIGIDO, MA NON TROPPO: Trasferimenti di carico e stabilità ) ti avevo accennato al rapporto tra la tenuta laterale della gomma e il carico verticale esercitato su di essa come un modello sostanzialmente bilineare. 

Volendo approfondire l'argomento, la curva che descrive questa funzione somiglia più a questa:



E' importante notare che, quella che in questo grafico viene chiamata "Tenuta", altro non è che la pendenza che la curva "Forza di Attrito - Scorrimento" ha nella zona di grip. 

Per rendere il tutto più chiaro ho suddiviso la curva di tenuta nella zona antecedente al carico massimo in 3 aree, a seconda delle prestazioni che la gomma è in grado di offrire. 

Area Blu - Zona lineare

Se l'intervallo di carichi di lavoro della gomma cade in quest'area, la tenuta dell'assale non vede praticamente alcuna sensibilità ai trasferimenti di carico. La perdita di tenuta della ruota scarica viene, quindi, interamente compensata dall'aumento di tenuta della ruota più carica.

Area verde - Zona normale

In quest'area i trasferimenti di carico hanno un impatto sulla tenuta dell'assale, in quanto l'aumento di tenuta dello pneumatico più carico comincia a non essere sufficiente a compensare la perdita di tenuta sulla ruota più scarica. La tenuta complessiva dell'assale si riduce, ma gli pneumatici sono ancora pienamente in grado di offrire buone performance. 

Area Gialla - Zona limite

In quest'area la tenuta di strada è estremamente sensibile ai trasferimenti di carico. La gomma esterna è del tutto incapace di compensare per la perdita di tenuta della ruota scarica. Di conseguenza l'aderenza complessiva dell'assale cala drasticamente. 

Ma da cos'è dato l'intervallo di lavoro della gomma? 
Ti propongo un metodo semplificato (ma, come vedrai, piuttosto efficace) per calcolarlo.
Come ti spiegavo nell'articolo dedicato, quando l'auto entra in curva, accelera o frena, si genera un trasferimento di carico. Prendendo in considerazione la dinamica laterale, ad esempio, il trasferimento di carico è dato dalla formula:

LT = M * ay * (hg/t)

dove: 

M è la percentuale di massa sull'assale (es. metà del peso dell'auto)
ay è l'accelerazione laterale
hg è l'altezza del centro di gravità
t è la carreggiata dell'assale

Proviamo a fare 2 calcoli considerando, ad esempio, l'Alfa Romeo Giulietta.

Massa complessiva di 1300 kg  con ripartizione 60/40. 
Sull'anteriore perciò avremo M=0.6*1300=780kg
ay => per un'auto stradale raramente si supera 1g come valore massimo. 
hg => possiamo stimare un 500mm per un'auto di questo tipo.
t => 1550 mm 

Il trasferimento di carico laterale massimo con 1g (che è già sovrastimato) sarà perciò di circa 250 kg che, sommati (o sottratti) al carico statico di 390 kg daranno un intervallo di lavoro della gomma tra i 140 e i 640 kg.
Non a caso, gli pneumatici omologati per la Giulietta hanno indice di carico 92 (630kg) a conferma del fatto che l'auto in questione 1g laterale non lo fa. 😉

Proviamo a fare lo stesso calcolo con un'auto più sportiva... Non so, rimanendo in tema Alfa potremmo considerare la 4C. 
Massa di 895 kg , ripartizione 50/50 quindi carico sull'assale di circa 448 kg, stessa accelerazione laterale, altezza del centro di gravità che potremmo stimare intorno ai 400 mm e carreggiata di 1604mm. 

Ripetendo lo stesso calcolo si ottiene un intervallo di carico di lavoro tra i 112 e i 336 kg. Gli pneumatici omologati per quest'auto, però, hanno un'indice di carico di 88 (560 kg). A dimostrazione del fatto che una 4C 1g di accelerazione laterale lo fa eccome. 😜

Cos'è cambiato?
L'intervallo di carico di lavoro delle gomme si è spostato da un ampio utilizzo della zona gialla (Giulietta) verso la zona verde. Di conseguenza gli pneumatici della 4C si dimostreranno più performanti in termini di tenuta laterale rispetto a quelli della Giulietta, sebbene presentino un'indice di carico più basso. 
Morale della favola:
Ci sono 2 modi per migliorare la tenuta laterale dell'auto.
1) Migliorare le prestazioni telaistiche dell'auto riducendone la massa, abbassando il centro di gravità o aumentando la carreggiata.
2) Usare pneumatici con indice di carico superiore. (che di solito, per i motivi che vedevamo prima, sono anche più larghi)

Un'osservazione non banale, però, è che più gli pneumatici risultano sovradimensionati rispetto al range di carico di lavoro dell'auto, meno efficaci si riveleranno miglioramenti telaistici (come alleggerimento, abbassamento del centro di gravità o aumento della carreggiata) sulla tenuta di strada effettiva di quest'ultima.

Resta un'ultimo parametro da valutare...

-> 205/55 R16 91V - L'indice di velocità:

Come per l'indice di carico, anche l'indice di velocità indica la massima velocità a cui lo pneumatico può spingersi (velocità critica) secondo una tabella standard (fonte). 



Ma cosa succede se si raggiunge la velocità critica?

Come ti dicevo poco sopra, uno pneumatico è un sistema dinamico con inerzia, rigidezza e smorzamento. Ci sono diversi modi di visualizzare la cosa, dal punto di vista del rotolamento, un modello di base utilizzato spesso è questo:



Come puoi vedere, nel modello lo pneumatico viene considerato come un insieme di molle disposte in modo radiale. In ogni istante, il peso dell'auto si scarica su una di queste, che di conseguenza si comprime. 

Se la ruota inizia a rotolare, ciascuna molla sarà compressa una volta ogni giro di ruota, quindi con una frequenza che aumenterà in modo proporzionale alla velocità di rotazione, sino ad arrivare alla frequenza di risonanza... 


(fonte immagine : Genta, Morello - The Automotive Chassis, Volume I )

Quando lo pneumatico raggiunge la velocità critica (ovvero quella in cui la sua struttura radiale va in risonanza) la resistenza al rotolamento aumenta esponenzialmente, si generano forti vibrazioni e la temperatura della gomma sale rapidamente. E' una condizione instabile e, se non si riduce la velocità, in brevissimo tempo la carcassa della gomma collassa e quest'ultima esplode.

" Perfetto, allora basta che la velocità critica sia maggiore della velocità massima dell'auto e siamo tranquilli, no? " 

Dipende! Se ti interessa massimizzare la tenuta di strada, allora no. 

Il coefficiente di attrito tra pneumatico e strada, infatti, segue una funzione di questo tipo:



E' chiaro che uno pneumatico che, a parità di tutto il resto, presenta una velocità critica più alta (2) avrà una tenuta di strada migliore praticamente a qualunque velocità. 

Bene! Con questo direi che il nostro viaggio alla scoperta dei segreti del codice pneumatico può dirsi concluso. Non tutti i pneumatici con lo stesso codice identificativo sono uguali però...  C'è la mescola, il battistrada... ma ne parleremo in un altro articolo 😉

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Ci vediamo alla prossima... Ciao!  😜


domenica 9 febbraio 2020

NON SOLO STILE: Capitolo 3 - Dettagli che fanno la differenza


Nel secondo capitolo della rubrica Non Solo Stile abbiamo parlato di come l'aerodinamica influenzi inevitabilmente le linee delle nostre auto. Negli ultimi anni, però, è diventata sempre più comune l'applicazione di piccoli dettagli in grado avere un forte impatto sulle prestazioni aerodinamiche del veicolo, senza inficiare pesantemente le linee dell'auto, lasciando più libertà ai designer e rendendo, in molti casi, lo stile dell'auto piacevolmente aggressivo.

Di cosa parlo? Vediamolo insieme! 😉



Trattando l'argomento, non si può che partire dallo Spoiler. Proviamo perciò a capire cos'è e a cosa serve.

Ali o Spoiler? 
Facciamo chiarezza...

La differenza tra un'ala e uno spoiler è molto semplice, un'ala è un'appendice aerodinamica interamente immersa nel flusso d'aria votata, in Automotive, alla generazione di carico aerodinamico. Non mi dilungherò troppo sull'argomento, se vuoi approfondire puoi dare un'occhiata all'articolo sulle ali "a cucchiaio".

Uno spoiler, invece, è un'appendice aerodinamica integrata nella carrozzeria dell'auto che entra a contatto con il flusso d'aria solo nella parte superiore. Dal punto di vista funzionale, possiamo distinguere:

1) Spoiler per generare carico aerodinamico: 
Un esempio di questo tipo di spoiler è quello applicato sulla Giulia Quadrifoglio (in copertina). Per visualizzare meglio il suo funzionamento, dà un'occhiata all'immagine qui sotto.  



In questa immagine il colore del flusso d'aria rappresenta la velocità relativa tra aria e veicolo. Come puoi vedere, l'effetto dello spoiler posteriore è quello di creare una zona, sulla superficie di carrozzeria davanti ad esso, dove il flusso d'aria rallenta. Se ricordi quanto ti dicevo nella Breve Guida Pratica, un flusso più lento significa una pressione maggiore e, conseguentemente, più carico aerodinamico. 

2) Spoiler per ridurre la resistenza all'avanzamento:

Quest'ultimo tipo è sicuramente più comune e ha, come scopo principale, quello di controllare il distacco del flusso d'aria dalla carrozzeria, rendendolo netto e riducendo di conseguenza la generazione di vortici di scia.



Questo accorgimento diventa particolarmente utile in caso di profilo hatchback e consente ai designer di dare al lunotto posteriore l'inclinazione esteticamente migliore (circa 50°) evitando le importanti turbolenze che si genererebbero in assenza di spoiler, come ti spiegavo sempre nella Guida

A questo proposito, diventa sempre più comune il prolungamento laterale dello spoiler per i profili hatchback e  l'applicazione di spigoli vivi lungo i bordi "verticali" della parte posteriore dell'auto. Per capire di che parlo, osserva l'immagine qua sotto.


Se osservi attentamente i fari posteriori di molte auto nuove, poi, noterai che presentano spigoli molto accentuati che però diventano poco visibili a distanza grazie alla superficie trasparente del faro. 

Come ti dicevo nel Capitolo 2, però, tutti questi accorgimenti servono a poco se il flusso si distacca prima di raggiungere il posteriore dell'auto. Sempre nello scorso capitolo ti spiegavo che, per la Teoria del solido di Pavloski, anche all'anteriore l'ideale sarebbe avere uno spigolo abbastanza accentuato per evitare il distacco, anche se meno "vivo" di quelli che normalmente si vedono al posteriore. 

Se, a livello macroscopico, uno spigolo così vivo all'anteriore risulterebbe decisamente poco gradevole dal punto di vista estetico, lo stesso non si può dire dal punto di vista delle linee di dettaglio, che donano all'auto un look più aggressivo e, allo stesso tempo, riducendo la resistenza all'avanzamento, ne riducono consumi e rumorosità.



Restando sull'anteriore dell'auto, un'altro dettaglio di cui non si può non parlare è lo Splitter:

Spesso confuso con lo spoiler, lo splitter ha un principio di funzionamento completamente diverso. L'idea è quella di sfruttare la zona di alta pressione che si crea nel punto in cui l'aria impatta contro il frontale dell'auto fermandosi (punto di stagnazione), per generare carico aerodinamico. 
Come? Semplicemente posizionando, al disotto di esso, una superficie piatta sulla quale questa pressione possa trasformarsi in una forza diretta verso il basso. Tale superficie, inoltre, separa il flusso d'aria che impatta contro l'auto da quello che passa al disotto di essa (da cui il nome splitter) rendendo quest'ultimo più pulito, riducendo la formazione di turbolenze e migliorando il funzionamento di un eventuale fondo piatto.


Un'altra grande opportunità di migliorare le prestazioni aerodinamiche dell'auto è data sicuramente dalle ruote. La loro interazione con i flussi che investono l'auto è un fenomeno complesso per il quale eviterei di entrare nel dettaglio. 

Per i nostri scopi ci basterà ricordare 2 fenomeni: 

Da una parte che una ruota non carenata, investita da un flusso d'aria, già di per se genera lift e resistenza all'avanzamento. (se ricordi, ne parlavo nell'articolo sulle ali in stile Alfa/Ferrari all'inizio della stagione di F1 2019, da cui richiamerò lo sketch qui sotto)


Dall'altra, nel momento in cui le si va a carenare per ridurre il fenomeno, si può dire che tutta la zona tra ruota e parafanghi è una zona altamente turbolenta che presenta una pressione media superiore a quella che c'è lungo la carrozzeria dell'auto. Questo farà sì che l'aria, dalla zona delle ruote, "spingerà" per uscire, trovando uno spiraglio sul lato dell'auto e andando a sporcare il flusso d'aria lungo la fiancata.


Guardando il problema da un'altra prospettiva, questa zona di alta pressione troverà, al disopra di essa, la superficie del parafango, spingendola verso l'alto. Vediamo quali sono gli interventi che gli ingegneri, generalmente, attuano per arginare questi 2 fenomeni riducendo da una parte la resistenza all'avanzamento e dall'altra il lift complessivo dell'auto. 

Air Curtain: 

Di questa soluzione ti avevo già parlato nell'articolo in cui commentavo le prestazioni Ferrari dopo la prima gara del 2019. Il principio è quello di creare un vero è proprio schermo accelerando un flusso d'aria che gira attorno alla parte scoperta della ruota, impedendo all'aria all'interno di uscire generando le turbolenze di cui sopra.


Inventata da BMW, questa soluzione è ormai davvero molto comune tra le auto relativamente nuove (un'esempio è la nuova Tipo), puoi notarla facilmente osservando la parte anteriore dell'interno del parafanghi anteriore; se vedi una fessura saprai di cosa si tratta. 😜

Ridurre il lift generato dalle ruote è tutta un'altra storia. 
Abbiamo detto che tutta la zona all'interno del parafanghi è una zona ad alta pressione, che spinge la carrozzeria al disopra di essa verso l'alto. Come evitare questo effetto? Semplice! Rimuovendo quella parte di carrozzeria.


Un principio simile è spesso sfruttato per ridurre anche la resistenza all'avanzamento. Se è vero che l'alta pressione nei parafanghi spinge la carrozzeria verso l'alto, è anche vero che, nella parte posteriore della ruota, la stessa alta pressione spinge la carrozzeria, e l'intera auto verso dietro. Rimuovendo anche questa parte di carrozzeria, si può ridurre la resistenza all'avanzamento. Alternativamente, la si può sostituire con una serie di profili inclinati che sfruttano questa pressione per generare carico. Di seguito qualche esempio.


Chiuso il capitolo ruote (almeno per quest'articolo), se torni a osservare l'ultima immagine CFD, potrai chiaramente notare che un'altra grande fonte di turbolenze sono senza dubbio gli specchietti

Se nel motorsport, questi vengono ridotti al minimo indispensabile e profilati in modo tale da disturbare il flusso il meno possibile e integrarsi con esso al meglio, per le auto stradali il loro principale indice di performance è l'acustica.
Un flusso turbolento, infatti, è sinonimo di pressioni (e di conseguenza forze) non costanti attorno alle superfici dello specchietto. Forze non costanti che generano vibrazioni che, trasmettensodi alla cassa veicolo, arrivano all'orecchio dei passeggeri nella forma di fastidiosi rumori aerodinamici.


Un metodo per ridurre questo fenomeno è quello di posizionare l'attacco alla carrozzeria degli specchietti su una superficie più spessa e fonicamente isolante. Spesso, perciò, si preferisce attaccare gli specchietti alla parte metallica della portiera piuttosto che al finestrino, proprio per migliorare l'acustica dell'auto.



Anche stavolta siamo arrivati ai saluti. Con questo terzo capitolo si conclude la rubrica Non Solo Stile. 
 
Ovviamente con quest'articolo (e con questa rubrica) non pretendo di aver trattato in modo completo l'argomento, ma spero di averti dato ciò che serve per guardare a certi accorgimenti stilistici con occhi nuovi, ricordando che ciò che vediamo di un'auto è frutto di un sottilissimo gioco di equilibri tra stile e funzionalità che, alla prova delle vendite, vede vincitore non chi applica più soluzioni e nemmeno chi ha le linee più belle. Il difficile è bilanciare ed integrare le due cose, rendendo il lavoro degli ingegneri invisibile agli occhi di chi guarda l'auto, ma percepibile da chi la usa.   
 
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Noi ci rivediamo al prossimo articolo... Ciao!  😜

lunedì 28 ottobre 2019

La F1 che vorrei... Andare avanti con un occhio al passato


"Il pilota deve guidare solo e senza aiuti." Articolo 27.1 del Regolamento Sportivo FIA F1, che ha decretato la squalifica delle Renault di Ricciardo e Hulkenberg dal Gran Premio del Giappone 2019.


Per chi si fosse perso gli avvenimenti di cui parlo, ecco una breve sintesi:
A quanto pare la Renault disponeva, sino allo scorso GP, di un sistema in grado di variare automaticamente, in dipendenza della posizione in pista, la ripartizione di frenata. Cosa che semplificava non poco la vita ai piloti della casa francese e che i commissari hanno giudicato conforme al regolamento tecnico, ma non a quello sportivo proprio in virtù del sopracitato articolo 27.1. 

A più di una settimana dall'accaduto è un po' tardi per riportare la notizia..  e in ogni caso non è di questo che si occupa FR Tecnica, ma questo avvenimento mi ha fatto riflettere su ciò che adesso è la F1 e su come proprio questo articolo del regolamento sia stato interpretato nel passato e come possa essere interpretato in futuro. Non è la prima volta, infatti, che l'articolo in questione si fa oggetto di polemiche. Se ricordi, qualche anno fa, sempre basandosi sullo stesso articolo si alzò un polverone riguardo ai team-radio. Per qualche gara fu vietato agli ingegneri dei vari team di fornire indicazioni di stampo tecnico ai piloti, sia per consigli di guida che per indicazioni sulle mappature da utilizzare in gara.

Ricordo, ad esempio, un Lewis Hamilton in totale crisi a Baku, nel 2016, asserire alla radio di stare provando combinazioni di tasti a caso sul volante per provare a risolvere un problema di settaggi della PU, con l'ingegnere all'altro capo che gli rispondeva "Ci dispiace Lewis, non possiamo dirti nulla".  Ricordo anche un Rosberg, lo stesso anno qualche gara dopo, chiedere per radio se il tempo fosse soleggiato, comunicando palesemente in codice con gli ingegneri per aggirare la stessa regola. 



Una regola che durò poco però, cedendo il passo davanti alla presa di coscienza che, ormai, non è più possibile per un pilota gestire da solo ogni aspetto tecnico dell'auto. Sono oggetti complicati e gli ingegneri di pista hanno una laurea apposta. 

Il compromesso attuale perciò è: i piloti fanno tutto da soli eseguendo alla lettera, nel caso, tutte le indicazioni degli ingegneri al muretto. Solo io noto dell'ironia dietro questa cosa? 😅

Se mi segui da un po', o hai dato uno sguardo alla pagina "Chi sono" di questo Blog, saprai che nella stagione 2018 mi sono occupato di Dinamica Veicolo e Controlli per il team di Formula Student del Politecnico di Torino. Occupandomi, tra le altre cose, anche di seguire e interpretare la telemetria dell'auto durante test in pista ed eventi dinamici, ho avuto modo di confrontarmi con una tecnologia che, prima di allora, non avevo mai preso in considerazione. La telemetria bidirezionale. 
 
La SC18 è una monoposto spinta da 4 motori elettrici indipendenti. Una configurazione che permette di implementare sistemi di controllo complessi che richiedono di seguire e modificare un discreto numero di parametri sia per regolare il comportamento dinamico dell'auto, sia per gestirne le temperature e il consumo di energia. Paradossalmente, per un Team di studenti, era più facile modificare questi parametri a distanza che implementare un volante in grado di gestirli tutti manualmente dall'interno dell'auto durante la guida. Il volante era perciò piuttosto semplice con poche regolazioni essenziali; mentre il grosso delle regolazioni elettroniche veniva fatto da chi si occupava di telemetria che, dagli spalti, seguiva il comportamento dell'auto e regolava i parametri di conseguenza. 

Ma era davvero un limite? 
Prova ad immaginare una F1 del genere:

Le auto sono esattamente come adesso, ma tutte le regolazioni necessarie a gestire le complicate Power Unit attuali (che rappresentano l'apice tecnologico dell'Automotive) vengono gestite automaticamente dall'auto o direttamente dagli ingegneri al muretto. Mappature, erogazione dei motori elettrici, ripartizione di frenata. Tutto gestito a distanza, lontano dagli occhi del pubblico. E il pilota? 

Il pilota guida e basta. A questo punto avrebbe senso vietare tutte le indicazioni tecniche al pilota da parte del muretto. 
Il pilota, solo e senza aiuti, potrebbe concentrarsi interamente sulla guida, sulla visione di gara e sulla gestione delle gomme. 

Immagina un'auto che è l'apice tecnologico, gestita da un volante semplice, come all'inizio degli anni '90... 



Gare più semplici da interpretare per il pubblico generalista, che non ha una diretta visione di una complessità che non gli interessa, ma ancora entusiasmanti per chi ha a cuore la tecnica, dato che la tecnologia sulle auto farebbe un salto in avanti, libera dai vincoli di retaggi passati. (Siamo in grado di sviluppare su strada auto che si guidano da sole, saremo in grado di fare auto che si gestiscano da sole, lasciando al pilota il solo compito di guidare no? )

In ambito aerospaziale la telemetria bidirezionale è una realtà già da molto tempo. 
In F1 fu vietata per una questione di affidabilità, ma la tecnologia è molto avanzata nel frattempo..  

E' soltanto un'idea. Una di quelle strane cose che pur non avendo nulla di concreto, alle volte sono riuscite a dare forma al Mondo.

Per questo ho voluto condividerla con te! 
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In più, mai come adesso, non vedo davvero l'ora di sapere cosa ne pensi leggendo i commenti.
 

Noi ci vediamo al prossimo articolo, ciao! 😜

venerdì 25 ottobre 2019

NON SOLO STILE: Capitolo 2 - Disegnate dal vento


Quando le forme dell'auto hanno cominciato a distaccarsi da quelle di una carrozza, lo hanno fatto tenendo in conto di un fattore che già da parecchi anni, nella progettazione delle forme di un'auto, è considerato non trascurabile: la resistenza aerodinamica.
Di flussi aerodinamici, scia e resistenza all'avanzamento, se ricordi, avevo già cominciato a parlartene in questa breve guida pratica.
Nella guida ti spiegavo come le principali fonti di drag fossero vortici e turbolenze e, tra queste, la più grande di tutte fosse la scia.





Ma in che modo questo influenza lo stile delle nostre auto? 

Oggi parleremo proprio di questo, andando a vedere in che modo stile e aerodinamica si fondono nel cercare di ridurre la scia e le altre fonti di turbolenza limitando, di conseguenza, la resistenza all'avanzamento, aumentando la velocità massima dell'auto e riducendone i consumi. Cominciamo parlando di scia, ripassando ciò che già abbiamo visto con un breve riassunto delle puntate precedenti:

Nella breve guida che ti ho citato prima, già ti accennavo come la scia nasca nel momento in cui il flusso d'aria non riesce a seguire le forme del posteriore dell'auto. Se l'angolo di attacco del lunotto è minore di 62° rispetto alla verticale, infatti, il flusso d'aria si stacca e si creano i vortici che danno origine alla scia. (Ce lo dice uno studio sperimentale definito solido di Morel, lo vedremo meglio più avanti)
Il profilo fast-back, stile Porsche 911, molto di moda negli anni '70, ha alla base proprio l'idea di ridurre la scia cercando di restringere il profilo dell'auto il più possibile prima del distacco. Lo stesso però, come ti dicevo anche nella guida, deviando il flusso d'aria verso il basso, porta con se problemi di lift che vanno ad "alleggerire" il posteriore dell'auto ad alta velocità. In più, è stato dimostrato che, un profilo di questo tipo, porta al generarsi di vortici di scia che, se vogliamo, potrebbero essere interpretati come dovuti proprio alla generazione di lift, come ti spiegavo nell'articolo sulle ali in F1.


Nell'immagine CFD, puoi visualizzare chiaramente i vortici di scia. E' possibile inoltre identificare la zona dove si forma la scia; il colore blu indica che la velocità relativa del flusso rispetto alla carrozzeria è zero, ovvero che in quel punto c'è una bolla d'aria che si muove insieme all'auto. (Occhio! I vortici di scia e la scia non sono la stessa cosa. I primi sono vortici tridimensionali generati dall'impatto dei flussi che seguono la fiancata dell'auto con quelli che scendono dal lunotto, la scia è composta da vortici bidimensionali generati dal distacco del flusso dal lunotto, vedi immagine sotto) Attualmente, per le auto sportive, la forma fast-back resta un must per quanto riguarda l'angolazione del lunotto posteriore, ma viene generalmente abbinata ad uno spoiler o ad un'ala che neutralizzi la generazione del lift, anche a patto di aumentare la resistenza all'avanzamento. 





Lo stesso principio è seguito per le berline che, se una volta presentavano un angolo di attacco del lunotto posteriore tale da generare il distacco del flusso (vedi immagine di copertina), ora tendenzialmente vedono un attacco del lunotto più morbido, tale da evitare il distacco sino allo spoiler posteriore.


Per SUV, station wagon, berline compatte, utilitare e super-utilitarie, resta il problema della necessità di ottimizzare lo spazio di carico. Per questo motivo, il profilo hatch-back resta il più conveniente. 



In questo caso la scia sarà inevitabilmente più estesa, ma esistono degli stratagemmi per evitare che questo vada a impattare eccessivamente sulla resistenza all'avanzamento. Li vedremo nel prossimo capitolo 😉

L'idea di restringere la sezione dell'auto il più possibile prima del distacco del flusso, però, non si applica solo in vista laterale. La scia è un volume tridimensionale che va ridotto, per quanto possibile, anche in vista dall'alto. Per questo motivo, dall'abitacolo verso il posteriore dell'auto, si realizza una restrizione della sezione trasversale dell'auto che viene definita Boat Tailing e si realizza più o meno così.


E' interessante notare come questo intervento aerodinamico migliori anche lo stile dell'auto, facendo apparire il parafanghi posteriore più largo e aggressivo.

Tuttavia, nessuno di tutti questi accorgimenti necessari a gestire il distacco del flusso al posteriore sarà utile se il flusso si distacca dall'auto prima di arrivarci... ed è qui che entra in gioco l'anteriore dell'auto. Dal punto di vista aerodinamico, la forma ideale del frontale di un auto è generalmente identificata attraverso una serie di studi sperimentali svolti negli anni sia dai costruttori, sia attraverso ricerche universitarie. Se partiamo considerando il frontale dell'auto in vista dall'alto, lo studio di riferimento è il cosidetto solido di Pavlovski. 



Lo studio sperimentale di Pavlovski ci dice che il coefficiente di resistenza aerodinamica raggiunge un minimo per un rapporto tra raggio di raccordo degli spigoli frontali del solido e lunghezza dello stesso spigolo di 0.05. Per darti un'idea di cosa significhi, se il muso dell'auto ha un'altezza di 70cm, parliamo di un raggio di raccordo di 35mm... un raccordo molto più "spigoloso" di quanto si possa immaginare e di quanto normalmente si abbia su un'auto (almeno dal punto di vista macroscopico, vedremo meglio cosa intendo nel prossimo capitolo). Per questo motivo, in questi termini, si potrebbe dire che più è spigoloso il raccordo tra paraurti e parafanghi anteriore, meglio è dal punto di vista aerodinamico. 

Questo raccordo, però, è vincolato da altri 2 aspetti legati tra loro e decisamente non trascurabili. Gli ingombri interni e lo stile. 

Il primo lo abbiamo visto nel Capitolo 1 di questa rubrica. In particolare, ciò che ci interessa ricordare è che la configurazione di motore e trazione influenza in modo pesante il design del frontale. Un motore anteriore trasversale o longitudinale a sbalzo, essendo vincolato nel posizionamento alla posizione dell'assale anteriore, comporterà un frontale molto più sporgente rispetto alle ruote confrontato con un motore anteriore longitudinale centrale. 




A questo si aggiunge che, dal punto di vista estetico, maggiore è la sporgenza frontale, più è necessario aumentare il raggio di raccordo. (Non bisogna mai dimenticare che non a tutti interessa un'auto con un Cx al top, ma nessuno comprerebbe un'auto brutta... L'occhio vuole la sua parte!) Di conseguenza, le auto a trazione anteriore o integrale presentano generalmente un frontale più sporgente e arrotondato rispetto alle auto a trazione posteriore, portando con esso un coefficiente di resistenza aerodinamica più alto.  

Sempre dal punto di vista macroscopico, studi sperimentali analoghi a quello di Pavlovski vengono presi a riferimento per l'angolo di attacco del parabrezza e per la curvatura del tetto, ma sorvolerei perchè non sono grandi fonti di differenze stilistiche tra le varie auto. 
L'ultimo aspetto su cui vorrei focalizzare la tua attenzione, invece, è la forma del muso in vista laterale. 


Sino agli anni '80, la forma del muso delle auto era legata unicamente a 2 fattori:

-> Ingombro del radiatore, che imponeva una parte alta verticale e spigolosa.

-> Angolo di attacco minimo, che imponeva una parte bassa arretrata per aumentare la capacità dell'auto di affrontare una rampa in salita.

Questa conformazione del muso portava però con se 2 problematiche. Una di sicurezza in caso di impatto contro i pedoni, per questo motivo infatti, dagli anni '90, l'angolo superiore è andato arrotondandosi e allontanandosi dal radiatore.  La seconda è di natura aerodinamica: la parte inferiore che va arretrandosi, infatti, fa si che l'aria che impatta contro il muso dell'auto venga deviata verso il basso generando un pericoloso effetto di lift all'anteriore che fa si che il veicolo perda direzionalità ad alte velocità. 



Con l'avanzamento tecnologico degli ultimi anni, che ha permesso di produrre paraurti in plastica più elastici e morbidi, il raccordo della parte superiore del muso è andato nuovamente a diventare più spigoloso, tenendo in considerazione proprio i risultati dello studio di Pavlovski. La tendenza attuale, risultato di questa evoluzione, sono musi sostanzialmente verticali, come puoi vedere nelle figure sopra osservando, ad esempio, il muso di Alfa Giulia e Mercedes Classe C.

Bene! Ricapitolando...
In questo secondo capitolo della rubrica Non solo Stile ci siamo focalizzati sulle linee guida che indirizzano la progettazione delle linee macroscopiche dell'auto sia al posteriore che all'anteriore, dandoci una prima infarinatura riguardo agli studi sperimentali che fungono tutt'ora da riferimento per progettisti e designer.
Ora non resta che focalizzarci sulle linee di dettaglio che, posizionate con criterio, possono fare una grande differenza. 
Sarà l'argomento del prossimo capitolo! 😉

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